ISSN 2385-1376
Segnalata dall’Avv. Rocco Nanna del Foro di Bari
La revocazione di crediti ammessi è rimedio che consente la modifica del provvedimento del giudice delegato nelle sole ipotesi in cui non sia stato possibile realizzarla con gli altri rimedi consentiti dalla legge (l’opposizione e l’impugnazione). Esso è azionabile nelle ipotesi in cui l’ammissione di un credito sia stata determinata da falsità, dolo o errore essenziale di fatto, o si rinvengono documenti decisivi prima ignorati.
La revocazione dei crediti ammessi al passivo fallimentare per errore essenziale di fatto può essere pronunciata nel caso in cui l’errore sia stato determinato da una falsa percezione della realtà da parte del giudice, che sia stato determinante rispetto all’ammissione del credito contestato, restando escluso che detto errore possa concretarsi nell’inesatto apprezzamento del materiale probatorio o nell’errata valutazione giuridica di un fatto.
L’eventuale non adeguatezza della documentazione a provare il credito non può essere fatta valere con il rimedio revocatorio.
Questi i principi espressi dal Tribunale di Bari, Ufficio Fallimenti, Pres. Cassaro Rel. Angarano, con decreto del 16.05.2016.
Nel caso di specie, la Curatela del Fallimento di una s.r.l. chiedeva, con ricorso, ai sensi dell’art. 98 quarto comma L. fall., la revocazione parziale della ammissione al passivo del credito della Banca S.p.A., esponendo che la Banca, con domanda di insinuazione tardiva, aveva chiesto l’ammissione del proprio credito in via ipotecaria e chirografaria e che il provvedimento di ammissione “in larga misura” era il frutto di “errore essenziale di fatto” dovuto ad una falsa percezione materiale; che, in particolare il Giudice delegato aveva erroneamente ritenuto esistenti operazioni di finanziamento per anticipazioni su crediti esteri mentre le somme messe a disposizione erano state destinate alla estinzione di passività conseguenti ad operazioni in derivati.
Alla pretesa resisteva la Banca argomentando in ordine alla infondatezza della avversa domanda.
Il Collegio adito ha ritenuto la domanda infondata nel merito, chiarendo innanzitutto che la revocazione di crediti ammessi è rimedio che consente la modifica del provvedimento del giudice delegato, nelle sole ipotesi in cui non sia stato possibile realizzarla con gli altri rimedi consentiti dalla legge (l’opposizione e l’impugnazione). Esso è azionabile nelle ipotesi in cui “l’ammissione di un credito sia stata determinata da falsità, dolo o errore essenziale di fatto, o si rinvengono documenti decisivi prima ignorati”.
Nel caso di specie la revocazione era stata esperita dalla curatela sul presupposto che parte del credito di cui alla istanza della Banca fosse stato ammesso per errore di fatto.
Il Tribunale barese richiama l’orientamento della Cassazione, che ha chiarito che la norma trova applicazione tanto per emendare errori attinenti alla sussistenza del credito, quanto per correggere errori circa la determinazione del quantum. In entrambi i casi occorre, tuttavia, che gli errori stessi discendano da vizio di percezione della realtà fattuale (e non da un vizio di giudizio o da un errore nella valutazione dei documenti probatori) e che tale vizio sia ricollegabile ad un errore essenziale. In particolare, la revocazione dei crediti ammessi al passivo fallimentare per errore essenziale di fatto può essere pronunciata nel caso in cui l’errore sia stato determinato da una falsa percezione della realtà da parte del giudice, che sia stato determinante rispetto all’ammissione del credito contestato, restando escluso che detto errore possa concretarsi nell’inesatto apprezzamento del materiale probatorio o nell’errata valutazione giuridica di un fatto.
Nel caso di specie la curatela assumeva che il credito era stato ammesso sul presupposto erroneo che derivasse da un finanziamento per operazioni all’estero, mentre le somme messe a disposizione erano state destinate alla estinzione di passività conseguenti ad operazioni in derivati, ma il Collegio ha ritenuto, in ragione dei fatti esposti e della documentazione allegata, non ravvisabile l’errore revocatorio invocato. La eventuale non adeguatezza della documentazione a provare il credito non può essere fatta valere con il rimedio revocatorio.
Inoltre, espone una ulteriore considerazione che induce ad escludere la sussistenza di un errore revocatorio: il nesso causale tra errore di fatto ed ammissione del credito, nel cui accertamento si sostanzia la valutazione di essenzialità cui fa riferimento l’art. 98, non è un nesso di causalità storica, bensì di carattere logico-giuridico. Il Collegio, pertanto, non è chiamato a stabilire se il giudice delegato si sarebbe, in concreto, determinato in maniera diversa ove non avesse commesso il presunto errore di fatto; è chiamato piuttosto a stabilire se la decisione sulla insinuazione sarebbe dovuta essere diversa, in mancanza di quell’errore, per necessità logico-giuridica.
La revocazione è stata proposta per errore di fatto e non per la scoperta dei documenti.
Nel caso in questione, per un verso la Banca ha provato le 84 operazioni di finanziamento sottese alla somma ammessa e, per altro verso, per la restituzione di tutte le somme addebitate per operazioni in derivati pende separato giudizio.
Sulla base di tali argomentazioni il giudice ha, pertanto, rigettato la domanda con condanna della curatela al pagamento delle spese di giudizio con ulteriore condanna al pagamento del contributo unificato atteso la manifesta infondatezza.
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Numero Protocolo Interno : 310/2016