ISSN 2385-1376
Testo massima
L’azione di ripetizione di indebito presuppone la positiva individuazione dei periodi temporali e delle rimesse solutorie assertivamente non dovute, trattandosi di elementi costitutivi della domanda.
Il cliente ha l’onere di allegare e provare non soltanto l’indebito, ma anche lo spostamento patrimoniale, ossia la rimessa c.d. solutoria.
Gli istituti di credito sono obbligati a seguire le istruzioni della Banca d’Italia, per cui deve escludersi l’illegittimità del comportamento della banca che, nel calcolare il tasso soglia, si sia attenuta alle suddette istruzioni, atteso che il confronto “antiusura” può avvenire solo con un tasso effettivo calcolato con la formula utilizzata da Bankitalia. In mancanza si comparerebbero due grandezze non omogenee, con conseguente incongruenza sotto un profilo logico e matematico, prima ancora che giuridico.
Questi i principi affermati dal Tribunale di Monza, dott. Davide De Giorgio, con la sentenza n. 1579 del 31 maggio 2016.
Nel caso di specie, una società correntista e i suoi garanti citavano in giudizio, dinanzi al Tribunale di Monza, la Banca con la quale la predetta società debitrice principale intratteneva un rapporto di conto corrente, aperto successivamente alla delibera del CICR in data 9 febbraio 2000 ed ancora in essere, allegando la nullità di varie clausole concernenti il contratto bancario in questione (con riferimento all’anatocismo trimestrale, al tasso di interessi ultra-legale, alla commissione di massimo scoperto ed alle valute) e sostenendo altresì che l’istituto di credito in questione aveva violato la normativa in tema di usura. Formulavano, quindi, domanda di rideterminazione del saldo, di ripetizione di indebito, di risarcimento dei danni e di liberazione dei fideiussori ex art. 1956 c.c..
La banca si costituiva opponendosi all’accoglimento delle domande di controparte.
Il giudice adito rilevava, in primo luogo, che non vi era stata da parte attrice alcuna indicazione concreta dei singoli trimestri in cui sarebbero avvenuti gli addebiti illegittimi, né dei tassi di interesse che la banca avrebbe applicato in violazione della normativa in tema di usura, né dei tassi soglia, dei dati e delle formule presi in considerazione per pervenire alle conclusioni rassegnate, risultando prodotta solo una relazione tecnica di parte facente riferimento al solo periodo dal I trimestre del 2005 al I trimestre del 2013.
Da ciò deduceva che l’onere di allegazione di parte attrice risultava soddisfatto solo in relazione all’arco temporale per un limitato periodo, con l’ulteriore conseguenza che le doglianze relative a periodi diversi da quello in questione non potessero essere prese in considerazione ai fini della decisione.
Sulla domanda di ripetizione di indebito, in particolare, il giudice richiamava l’orientamento della Suprema Corte (cfr.: Cass., Sez. Un., sentenza n. 24418 del 02.12.2010), in tema di prescrizione: “L’azione di ripetizione di indebito, proposta dal cliente di una banca, il quale lamenti la nullità della clausola di capitalizzazione trimestrale degli interessi anatocistici maturati con riguardo ad un contratto di apertura di credito bancario regolato in conto corrente, è soggetta all’ordinaria prescrizione decennale, la quale decorre, nell’ipotesi in cui i versamenti abbiano avuto solo funzione ripristinatoria della provvista, non dalla data di annotazione in conto di ogni addebitati, ma dalla data di estinzione del saldo di chiusura del conto, in cui gli interessi non dovuti sono stati registrati. Infatti, nell’anzidetta ipotesi ciascun versamento non configura un pagamento dal quale far decorrere, ove ritenuto indebito, il termine prescrizionale del diritto alla ripetizione, giacché il pagamento che può dar vita ad una pretesa restitutoria è esclusivamente quello che si sia tradotto nell’esecuzione di una prestazione da parte del “solvens” con conseguente spostamento patrimoniale in favore dell'”accipiens””.
Tale distinzione tra rimesse ripristinatorie della provvista e solutorie risulta essere stata affermata anche con riferimento alla ripetizione di indebito correlata all’illegittimo addebito di somme a titolo di commissione di massimo scoperto (cfr.: Cass., Sez. I, sentenza n. 4518 del 26 febbraio 2014).
Nel caso di specie, il rapporto bancario risultava ancora in essere, con la conseguenza che l’azione di ripetizione di indebito presupponeva la positiva individuazione delle rimesse solutorie assertivamente non dovute e, trattandosi di elemento costitutivo della domanda di ripetizione di indebito, tale indicazione, qualora sia il debitore ad agire in ripetizione, costituisce oggetto di un onere gravante sul medesimo, che risultava inadempiuto nella specie, visto che né dall’atto di citazione né dalla perizia econometrica prodotta risultava alcunché in ordine all’identificazione delle rimesse solutorie.
In relazione alla generica dedotta usurarietà il giudice ha rilevato che il consulente di parte attrice, nel determinare la misura del tasso applicato dall’istituto, oltre a discostarsi espressamente dalle modalità di calcolo del TEG di cui alle rilevazioni periodiche della Banca d’Italia, aveva ricompreso altresì negli interessi la commissione di massimo scoperto, giungendo in tal modo ad indicare tassi superiori a quello soglia.
Al riguardo, l’art. 2 L. 106/1996 e successive modificazioni demanda al Ministro del tesoro la rilevazione trimestrale del tasso effettivo globale medio, comprensivo di commissioni, di remunerazioni a qualsiasi titolo e spese, escluse quelle per imposte e tasse, riferito ad anno, degli interessi praticati dalle banche e dagli intermediari finanziari iscritti negli elenchi tenuti dall’Ufficio italiano dei cambi e dalla Banca d’Italia ai sensi degli articoli 106 e 107 del d. lvo n. 385/1993, nel corso del trimestre precedente per operazioni della stessa natura, stabilendo altresì che anche la classificazione delle operazioni per categorie omogenee, tenuto conto della natura, dell’oggetto, dell’importo, della durata, dei rischi e delle garanzie è effettuata annualmente con decreto del Ministro del tesoro, sentiti la Banca d’Italia e l’Ufficio italiano dei cambi e pubblicata senza ritardo nella Gazzetta Ufficiale.
Orbene, la Banca d’Italia, coinvolta dal legislatore nel procedimento di integrazione della norma, sino all’ultimo trimestre 2009 ha fornito agli istituti di credito istruzioni circa la periodica segnalazione dei suddetti tassi medi, che escludevano dal computo degli oneri le commissione di massimo scoperto (in particolare, al punto C5 delle istruzioni aggiornate al 2006 si legge che “La commissione di massimo scoperto non entra nel calcolo del TEG. Essa viene rilevata separatamente, espressa in termini di percentuali”).
Pertanto, essendo gli istituti di credito obbligati a seguire le istruzioni della Banca d’Italia, deve escludersi l’illegittimità del comportamento della banca che, nel calcolare il tasso soglia, si sia attenuta alle suddette istruzioni.
A conferma, gli stessi D.M. emanati in attuazione dell’art. 2 L. 108/1996 premettono che i tassi non sono comprensivi della commissione di massimo scoperto eventualmente applicata e che la percentuale media della commissione di massimo scoperto rilevata nel trimestre di riferimento è riportata separatamente in nota alla tabella.
Per le stesse ragioni, non risulta ammissibile ai fini della decisione un confronto tra il tasso soglia stabilito periodicamente dalla Banca d’Italia ed un tasso di interesse determinato in concreto con l’utilizzo di una formula diversa, oltre che, come sopra si è visto, con dati differenti, tanto più che, in tal modo, verrebbero a compararsi due grandezze non omogenee, con conseguente incongruenza sotto un profilo logico e matematico, prima ancora che giuridico.
Sulla scorta di tali considerazioni, il Tribunale ha, pertanto, rigettato ogni domanda di parte attrice e condannato, in solido tra loro, la debitrice principale e i fideiussori a rifondere alla Banca le spese processuali.
RIPETIZIONE INDEBITO: LA MANCATA PRODUZIONE DEL CONTRATTO DI C.C. ESCLUDE L’AMMISSIBILITÀ DELLA CTU CONTABILE
NON SI PUÒ SANARE IL MANCATO ASSOLVIMENTO DELL’ONERE DELLA PROVA CON L’ORDINE DI ESIBIZIONE
Ordinanza Tribunale di Roma, Dott.ssa Elena Fulgenzi 28-04-2016
RIPETIZIONE INDEBITO: IL PAGAMENTO DEVE ESISTERE ED ESSERE BEN INDIVIDUABILE
NON PUÒ SUPPLIRSI A CARENZE PROBATORIE CON LA RICHIESTA DI CTU
Sentenza Tribunale di Massa, dott. Giampaolo Fabbrizzi 12-04-2016 n. 358
RIPETIZIONE INDEBITO: INAMMISSIBILE SE IL CONTO CORRENTE È ANCORA APERTO
LA MERA ANNOTAZIONE DI UNA POSTA DI INTERESSI ASSUNTI ILLEGITTIMI/USURARI NON INTEGRA UN PAGAMENTO RIPETIBILE
Ordinanza, Tribunale di Civitavecchia, Dott. Rossella Pegorari, 09-04-2016
Testo del provvedimento
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Numero Protocolo Interno : 309/2016