ISSN 2385-1376
Testo massima
La peculiarità dell’avvertimento di cui all’articolo 480, comma 2, c.p.c. consiste in ciò che, a differenza degli altri avvertimenti pure previsti dal codice di rito, questo attiene all’accesso alle procedure di sovraindebitamento per introdurre le quali non sono previsti termini o forme particolari, né sono ostacolati dall’inizio dell’esecuzione forzata o dal compimento di specifici atti esecutivi: l’avvertimento in parola, quindi, costituisce una mera informativa per il debitore precettato che può depositare un ricorso per la composizione della crisi da sovraindebitamento in ogni tempo senza rischiare di incorrere in decadenze o preclusioni di sorta.
Questo il principio espresso dal Tribunale di Milano, dott. Sergio Rossetti, con la sentenza n. 4347 del 30 marzo 2016.
Nella fattispecie considerata, con atto di citazione in opposizione a precetto ex art. 617, primo comma, c.p.c., un debitore chiedeva la sospensione dell’efficacia esecutiva del titolo esecutivo, la negazione del diritto del creditore di minacciare l’esecuzione forzata e la nullità del precetto intimato, sulla base di due motivi: il primo, riferito all’omesso avvertimento di cui all’art. 480, secondo comma, c.p.c. circa la possibilità per il debitore di ricorrere alla procedura di sovraindebitamento; il secondo, connesso alla circostanza per cui l’opponente aveva avuto conoscenza del titolo provvisoriamente esecutivo solo con la notificazione dell’atto di precetto.
A tal proposito, l’art. 480, secondo comma, c.p.c., come modificato dall’art. 13, primo comma, lett a), del D.L. 27 giugno 2015, n. 83, convertito, con modificazioni, nella L. 6 agosto 2015, n. 132, prevede che “il precetto deve altresì contenere l’avvertimento che il debitore può, con l’ausilio di un organismo di composizione della crisi o di un professionista nominato dal giudice, porre rimedio alla situazione di sovraindebitamento, concludendo con i creditori un accordo di composizione della crisi o proponendo agli stessi un piano del consumatore”.
Il Tribunale milanese, con un’analisi approfondita della norma testé citata, preliminarmente ha osservato che la peculiarità di tale avvertimento consiste nella mera informativa per il debitore precettato della possibilità di accedere alle procedure di sovraindebitamento, per introdurre le quali non sono previsti termini o forme particolari, né sono ostacolate dall’inizio dell’esecuzione forzata o dal compimento di specifici atti esecutivi.
Inoltre, a differenza del primo periodo del secondo comma dell’art. 480 c.p.c., che espressamente prevede la nullità dell’atto di precetto nell’ipotesi in cui non siano indicate le parti, la data di notificazione del titolo e la trascrizione del titolo ove prescritto dalla legge, nel secondo periodo la lettera della legge non chiarisce se l’omissione dell’avvertimento costituisca una mera irregolarità, come ipotizzato dal Tribunale di Frosinone (ord. 28 gennaio 2016), ovvero una causa di nullità del precetto, come invece ritenuto da un precedente dello stesso Tribunale di Milano (ord. 23 dicembre 2015).
Il giudice lombardo, sposando la tesi della mera irregolarità dell’atto di precetto carente dell’avvertimento in discussione, ha ritenuto dirimenti tre considerazioni.
In primo luogo, l’art. 156, primo comma, c.p.c. ha escluso che si possa dichiarare la nullità degli atti processuali ove tale nullità non sia espressamente prevista dalla legge ed, a ben vedere, il secondo periodo dell’art. 480, secondo comma, c.p.c., a differenza del primo periodo, non indica che l’omissione dell’avvertimento determina la nullità del precetto.
Secondariamente, ai sensi dell’art. 156, terzo comma, c.p.c., ha chiarito che la nullità di un atto processuale non può mai essere pronunciata se l’atto ha raggiunto lo scopo a cui è destinato e, tradizionalmente, il precetto ha lo scopo di invitare il debitore all’adempimento spontaneo.
Del resto, osserva il giudice milanese, non si comprende come l’omesso avvertimento circa la facoltà di introdurre la procedura di cui alla legge 3/2012 possa pregiudicare il raggiungimento di tale scopo e, anche qualora si volesse sostenere che scopo della norma violata sia proprio quello di fornire l’avvertimento al debitore circa la facoltà di proporre una domanda a norma della legge 3/2012, bisognerebbe concludere nel senso che, formulando l’opposizione, il debitore dimostra di essere consapevole della facoltà che la legge gli riconosce, per maturare la quale sarebbe necessario proprio l’avvertimento.
Da ultimo, il Tribunale milanese citava la giurisprudenza della Suprema Corte, ormai granitica nel ritenere che, in sede esecutiva, il debitore non vanta alcun interesse alla mera regolarità formale del processo esecutivo, ma, allorquando denunci un vizio deve, altresì, allegare quale concreto pregiudizio abbia subito (v. ad es. Cass. 14774/2014; Cass. 10327/2014).
Nel caso di specie, il giudice ha sottolineato non solo che parte attrice aveva omesso qualunque allegazione in tal senso, ma si è spinto oltre affermando che, anche in astratto, la tesi per cui il debitore potrebbe impugnare il primo atto di esecuzione compiuto nei suoi confronti non, dunque, il precetto deducendo il fatto che la mancanza dell’avvertimento non gli avrebbe consentito di introdurre tempestivamente un meccanismo per la soluzione del suo stato di crisi, risulterebbe poco convincente per le ragioni sopra evidenziate in punto di raggiungimento dello scopo della norma violata.
Sulla base di tali considerazioni, respingendo altresì il secondo motivo di ricorso, il Tribunale di Milano ha rigettato l’opposizione proposta compensando tra le parti le spese di lite.
Testo del provvedimento
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Numero Protocolo Interno : 288/2016
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