ISSN 2385-1376
Testo massima
La società in concordato preventivo non può sciogliersi dal rapporto consortile ex art. 169 bis l.f. se il consorzio sia stato costituito per svolgere funzioni tipicamente condominiali, tese a permettere un adeguato uso dei beni comuni, in un contesto di inscindibile connessione tra i beni comuni e le attività del consorzio.
Questo, in sostanza, il principio affermato dalla Corte d’Appello di Messina, sez. prima civile, Pres. Rel. Elvira Patania, con ordinanza del 16.01.2015, che ha confermato il decreto del Tribunale di Messina – sez. fallimentare, Pres. A. Fiorentino Rel. A. Orifici, del 16.07.2014.
Nel caso in esame, una società proprietaria di numerosi immobili situati in un centro commerciale, la quale a suo tempo aveva aderito ad un consorzio creato per la gestione dello stesso centro, costituito tra i proprietari degli immobili e/o gli imprenditori ivi esercitanti un’attività (da intendersi come tutti coloro che svolgono, all’interno della struttura, la propria attività commerciale in forza di contratto di locazione, di affitto d’azienda o ad altro titolo), chiedeva, con ricorso ex art.161 l.f., al Tribunale di Messina, l’ammissione al concordato preventivo (nella fattispecie, liquidatorio), formalizzando, nel contempo, ex art.169 bis l.f., istanza di scioglimento del contratto con il predetto consorzio.
La società sottolineava, anzitutto, che il legislatore, attraverso l’innovazione normativa del 2012, ha inteso garantire all’imprenditore in crisi che ricorra al concordato preventivo la possibilità di sciogliersi da contratti eccessivamente onerosi che potrebbero aggravare la sua situazione patrimoniale.
La debitrice in concordato, inoltre, sosteneva che il contratto di cui invocava lo scioglimento, non fosse necessario perché i servizi prestati dal consorzio non erano funzionali agli immobili di sua proprietà, in gran parte non locati.
Il consorzio, dal canto suo, riusciva a smentire detta tesi, argomentando che il regolamento condominiale del centro commerciale affidava al consorzio il compito di “amministrarlo”, assegnandogli le funzioni proprie del condominio ed escludendo solo le opere di straordinaria manutenzione, che rimanevano di competenza del condominio.
D’altronde, sosteneva ancora il consorzio, fino ad allora il Tribunale di Messina aveva sempre ritenuto che gli oneri consortili avessero natura condominiale, riconoscendo, ex art.63 comma 1, disp. att. c.c., la provvisoria esecutività in sede di concessione di provvedimenti monitori richiesti dal consorzio per oneri consortili non pagati.
E, dunque, se appariva pacifico che il debitore in concordato non potesse chiedere l’autorizzazione ex art.169 bis l.f. a sciogliersi dal condominio, allo stesso modo non poteva chiedere l’autorizzazione a sciogliersi dal consorzio.
Il Tribunale di Messina, condividendo integralmente le difese del consorzio, statuiva quanto segue: “sembra piuttosto che il consorzio sia stato costituito per gestire servizi di condominio e che lo stesso appaia indissolubilmente legato alla struttura; […] a poco rileva la sussistenza del condominio stesso all’interno del centro, atteso che quest’ultimo sembra effettivamente, come sostenuto dalla controparte, svolgere attività di manutenzione straordinaria; […] dalla lettura del regolamento di condominio, nel quale è previsto l’obbligo per i proprietari di immobili e per coloro che esercitano attività all’interno del centro, di far parte del consorzio, si prevede che il consorzio si occupi della manutenzione delle parti comuni […]”. Rigettava, quindi, l’istanza di autorizzazione allo scioglimento del contratto consortile, tanto più che una simile domanda, se da un lato sarebbe stata idonea a diminuire la massa passiva, dall’altro avrebbe pregiudicato i beni da porsi in vendita.
La società in concordato reclamava tale provvedimento, ex art. 26 l.f., sottolineando, in particolare, la diversa natura e finalità del condominio e del consorzio, e sostenendo che “mentre il condominio è organo necessariamente connesso alla fruizione degli immobili e sorge ipso iure e de facto per il solo frazionamento di un fabbricato con zone comuni in cui vi sono aree di proprietà esclusiva di diversi soggetti (artt.1117 ss. c.c.), il rapporto obbligatorio sussistente con il consorzio nasce da contratto […]. Inoltre […] il condominio svolge solo le attività strettamente legate alla fruizione degli immobili […]. La funzione del consorzio, invece, è squisitamente imprenditoriale […]. E’ proprio tale dato che lo renderebbe palesemente suscettibile di scioglimento nell’ambito del concordato proposto[…]”.
Le deduzioni della reclamante, però, cedevano innanzi alla forza del dato normativo.
Il consorzio, infatti, nella sua comparsa di costituzione, evidenziava che il regolamento condominiale del centro commerciale poneva a carico del consorzio, spese di natura chiaramente condominiale, “che attengono alla funzionalità ed all’operatività del Centro ed all’uso dei servizi ed impianti comuni nelle quali, a titolo esemplificativo ma non esaustivo, si comprendono quelle per la illuminazione delle parti comuni interne ed esterne del Centro, le spese di condizionamento, le spese di pulizia sia delle aree coperte che scoperte, le spese di manutenzione ordinaria dell’edificio di guardiania, di prevenzione incendi e per i consumi di acqua e luce delle parti comuni […]”.
Sempre il regolamento condominiale stabiliva, con specifico riferimento alle spese gestite dal consorzio, che nessun condomino od operatore commerciale potesse sottrarsi dal relativo contributo, nemmeno se non ne traesse beneficio diretto o non fosse interessato alle spese stesse.
Proprio la finalità liquidatoria della procedura concordataria, peraltro, rendeva necessario escludere lo scioglimento del consorzio. Se, infatti, gli immobili da alienare fossero rimasti abbandonati a se stessi, senza illuminazione, ascensori funzionanti, pulizia, manutenzione degli impianti, ecc, avrebbero perso attrattiva per chiunque avesse voluto investire in essi.
Tenendo conto di tali argomentazioni, la Corte d’Appello di Messina respingeva, quindi, il reclamo confermando, in sostanza, l’orientamento del Giudice di prime cure. In particolare, osservava la Corte che il contratto di consorzio costituisce “un rapporto atipico, avente aspetti sia associativi che di realità, derivanti questi ultimi dalla assunzione di obblighi «propter rem» o dalla costituzione di reciproche servitù” e che, nel caso di specie, il consorzio svolge, a norma di regolamento, una serie di funzioni aventi natura tipicamente condominiale, che rispondono a precise esigenze degli immobili del centro.
Concludeva affermando che esiste una stretta connessione tra dette attività e i beni comuni, “sì che appare impossibile lo scioglimento del contratto oltre che antieconomica nell’ambito della valutazione della coerenza della proposta di concordato che il Tribunale Fallimentare ha compiuto emettendo il provvedimento impugnato”.
Alla luce delle pronunce giurisprudenziali intervenute nel caso de quo, appare utile soffermarsi brevemente sulle figure giuridiche del condominio, del consorzio e sulle affinità e differenze tra le stesse. Si tratta di entità giuridiche che riscontriamo in materia di gestione di parti, servizi e bisogni comuni. Uno degli interrogativi che nasce da questa somiglianza è se al consorzio sia applicabile la normativa dettata in tema di condominio.
Quest’ultimo è un istituto necessario, da cui derivano obbligazioni dette propter rem: il condominio, cioè, nasce per volontà di legge in presenza di determinati presupposti. Ciascun condomino ne fa parte perché ha un diritto su un immobile, non perché sceglie di aderirvi. Ecco perché si parla di obbligazione propter rem: essa segue l’immobile, non il proprietario. Se cambia il proprietario, l’obbligazione si trasferisce in automatico sul nuovo.
Il consorzio, viceversa, è facoltativo, ma, analogamente al condominio, l’appartenenza ad esso crea obblighi in capo ai consorziati. Un altro fattore di somiglianza è che il consorzio è caratterizzato dalla stabile aggregazione di più soggetti per conseguire uno o più scopi comuni a tutti, unendo le forze e le sostanze, un po’ come accade nel condomino ove più soggetti gestiscono in comune spazi e servizi e sopportano in comune le spese che si rendono necessarie in relazione ad essi.
Queste somiglianze sono alla base dell’assunto secondo cui ben potrà il consorzio essere amministrato attraverso le norme che regolano il rapporto condominiale, sempre che i consorziati non stabiliscano che i loro rapporti siano disciplinati secondo altri criteri. D’altro canto, questa appare la soluzione più corretta, considerata la duplice natura del consorzio, cui fa riferimento anche il provvedimento pronunciato dalla Corte d’Appello di Messina nel caso in esame.
Le determinazioni espresse dai Giudici messinesi, tuttavia, non rappresentano un orientamento univoco. Talvolta la giurisprudenza ha considerato il consorzio come rientrante nel modello delle associazioni non riconosciute e ritenuto, dunque, ad esso applicabile esclusivamente la disciplina di cui agli artt.36 e ss. c.c, e non quella del condominio. In particolare, Cass. Civ. n.5888/2010 ha evidenziato che “il carattere di immobile condominiale è una qualitas fundi che inerisce al bene e lo segue, con i relativi oneri mentre il consorzio, con la conseguente rilevanza della volontà del singolo di partecipare o meno all’ente sociale, appartiene alla categoria delle associazioni [
]”.
Testo del provvedimento
SEGNALA UN PROVVEDIMENTO
COME TRASMETTERE UN PROVVEDIMENTONEWSLETTER - ISCRIZIONE GRATUITA ALLA MAILING LIST
ISCRIVITI ALLA MAILING LIST© Riproduzione riservata
NOTE OBBLIGATORIE per la citazione o riproduzione degli articoli e dei documenti pubblicati in Ex Parte Creditoris.
È consentito il solo link dal proprio sito alla pagina della rivista che contiene l'articolo di interesse.
È vietato che l'intero articolo, se non in sua parte (non superiore al decimo), sia copiato in altro sito; anche in caso di pubblicazione di un estratto parziale è sempre obbligatoria l'indicazione della fonte e l'inserimento di un link diretto alla pagina della rivista che contiene l'articolo.
Per la citazione in Libri, Riviste, Tesi di laurea, e ogni diversa pubblicazione, online o cartacea, di articoli (o estratti di articoli) pubblicati in questa rivista è obbligatoria l'indicazione della fonte, nel modo che segue:
Autore, Titolo, in Ex Parte Creditoris - www.expartecreditoris.it - ISSN: 2385-1376, anno
Numero Protocolo Interno : 265/2015