ISSN 2385-1376
Testo massima
Commento redatto dalla Dott.ssa Lara Tanzi
L’inserimento di una clausola floor per la determinazione del tasso di interesse da applicarsi al contratto di mutuo non comporta alcuna violazione dell’art. 1346 del Codice Civile.
L’oggetto del contratto rimane pertanto possibile, lecito e determinato.
Questo è il principio che viene espresso dalla sentenza emessa dal Tribunale di Ferrara, dott.ssa Caterina Arcani del 16 dicembre 2015, n. 1131.
Nel caso in oggetto parte attrice sosteneva che il contratto di mutuo conteneva una commissione occulta, identificata nel tasso mimino applicato (c.d. floor), atta a determinare uno squilibrio contrattuale, economicamente vantaggioso solo per l’istituto di credito. Non risultava, sempre secondo la parte mutuataria, contestualmente, la presenza di un’analoga opzione (c.d. cap, ossia un tasso massimo da applicarsi al contratto), idonea a contrapposti alla clausola floor, che esercitasse un’opzione riequilibratrice a vantaggio del mutuatario.
La clausola floor può essere definita come quella “clausola che prevede un limite percentuale al di sotto del quale gli interessi dovuti non possono scendere“.
Tale clausola presenta una funzione garantistica e di salvaguardia per l’istituto di credito. In altri termini, dovrebbe garantire che gli interessi corrispettivi siano almeno pari alla valore percentuale individuato dalla clausola stessa, anche laddove il parametro, in genere variabile e parametrato in base all’Euribor, di calcolo degli interessi fosse inferiore al valore del tasso assunto dalla clausola floor.
La clausola contrapposta all’opzione floor, è la cosiddetta clausola cap. Quest’ultima può essere definita come quella “clausola che prevede un limite percentuale al di sopra del quale gli interessi dovuti non possono salire“.
Contrariamente alla precedente, tale clausola presenta una funzione garantistica e di salvaguardia per la parte mutuataria. In altri termini, dovrebbe garantire che gli interessi corrispettivi non superino il valore percentuale individuato dalla clausola stessa, anche laddove il parametro di calcolo degli interessi fosse maggiore del valore del tasso assunto dalla clausola cap.
In presenza di entrambe le clausole il contratto si definisce collar, individuando un limite minimo ed un limite massimo di riferimento del tasso di interesse variabile. In questo caso gli interessi sono calmierati entro una percentuale massima a vantaggio del cliente, mettendolo al riparo da eventuali rialzi dei tassi d’interesse, ma contemporaneamente garantiscono all’istituto di credito una percentuale minima di interessi, tutelandola, soprattutto in questo periodo, da un eventuale andamento al ribasso dei tassi Euribor, arrivati, negli ultimi mesi, ad assumere valori di segno negativo.
Si precisa che, nel nostro ordinamento, non è posto alcun obbligo in capo agli istituti di credito di compensare obbligatoriamente una clausola floor con una clausola cap, né, viceversa, di compensare una clausola cap con una di segno opposto di tipo floor. Di fatto, ad oggi, un contratto di mutuo potrebbe essere stipulato secondo le seguenti quattro differenti ipotesi: nessuna contemporanea presenza di clausole floor e cap, ossia non è posto alcun limite al valore assunto dal tasso di interesse, né al rialzo né al ribasso; presenza della sola clausola floor, a vantaggio dell’istituto di credito con la garanzia che il tasso d’interesse non possa scendere oltre una determinata soglia; presenza della sola clausola cap, a vantaggio dei clienti dell’istituto di credito venendo limitata la possibilità di rialzi del tasso d’interesse entro un determinato limite; presenza contemporanea di entrambe le clausole, cosiddetto contratto collar, in cui le oscillazioni del tasso di interesse sono ridotte entro un determinato range, individuandosi un limite minimo ed un limite massimo.
La presenza di una clausola floor, indubbiamente a vantaggio degli enti creditizi, non deve come ribadito anche dalla sentenza del Tribunale di Ferrara: “l’ordinamento non prescrive infatti che i contratti di mutuo prevedano oltre a soglie minime di tasso corrispondenti soglie massime”.
Tuttavia, la presenza della clausola floor è ammessa a condizione che essa: sia contenuta in una specifica clausola contrattuale; sia stata approvata dal cliente per iscritto; sia redatta in modo chiaro e ben comprensibile.
In presenza simultanea di questa tre condizioni, la clausola floor è del tutto lecita e non comporta alcuna indeterminatezza del tasso di interesse da applicarsi, con conseguente rispetto delle statuizioni dell’art. 1346 del Codice Civile.
Prosegue infatti la sentenza in commento: “La previsione del c.d. floor è contenuta in una specifica clausola contrattuale approvata dal cliente: nessuna indeterminatezza, pertanto, e nessuna previsione occulta. Diversamente da quanto sostiene parte attrice la clausola floor è sufficientemente chiara e ben comprensibile per la cliente e di certo non rientrante nella previsione di cui all’art.1346 c.c. …In ogni caso, se anche ricorresse lo squilibrio contrattuale denunciato, esso non comporterebbe la denunciata indeterminatezza del contratto, nè dei tassi applicati”.
Testo del provvedimento
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