ISSN 2385-1376
Testo massima
La cancellazione della società dal registro delle imprese, determinandone l’estinzione, preclude ipso facto la possibilità di accedere alla procedura di concordato, che presuppone l’esistenza di una impresa, ancorché in crisi, per cui qualora sia presentata domanda di fallimento, entro un anno dalla cancellazione, ex art. 10 L.F., i suoi organi non possono più optare per la procedura minore.
Questo è il principio espresso con sentenza n. 21286/2015 dalla Corte di Cassazione, alla quale si era rivolta la liquidatrice di una società lamentando l’illegittimità costituzionale dell’art. 2495 c.c. in combinato disposto con l’art. 101 L.F. dopo che la Corte d’Appello di Milano aveva rigettato il reclamo proposto contro la sentenza dichiarativa del fallimento della società, emessa dal Tribunale, previa declaratoria di inammissibilità della proposta di concordato preventivo, presentata dalla medesima.
La Corte ha ritenuto infondata la questione di legittimità costituzionale sollevata dalla ricorrente sul presupposto che “la cancellazione della società dal registro delle imprese, che ne determina l’estinzione, deriva dalla scelta dei suoi organi che, essendo perfettamente in grado di valutarne le conseguenze, non possono poi pretendere che in capo all’ente estinto residui la legittimazione ad accedere alla procedura concorsuale minore (che presuppone, in primo luogo, l’esistenza di un’impresa, ancorchè in stato di crisi) nel caso in cui sia presentata nei suoi confronti domanda di fallimento entro il termine di cui alla L. Fall., art. 10.“
Infatti, alla società che ha cessato la propria attività di impresa e si è cancellata dal registro delle imprese, è precluso l’accesso alla procedura concorsuale minore, stante il difetto del bene al cui risanamento il concordato tende, ovvero la risoluzione della crisi di impresa.
La Corte ha precisato, altresì, che l’attività di impresa non si trasferisce in capo ai soci, i quali, secondo la sentenza n. 6070/2013 delle S.U. (http://www.expartecreditoris.it/provvedimenti/societa-cancellate-dal-registro-imprese-effetti-processuali.html), sono successori a titolo particolare della società unicamente nei rapporti obbligatori attivi e passivi che sopravvivono all’estinzione, mentre il diritto a richiedere l’ammissione al concordato non è trasferibile ai soci e la cancellazione dal registro delle imprese rappresenta una scelta volontaria degli organi societari, che avrebbero potuto scegliere la continuazione dell’impresa e deliberare la presentazione della domanda di concordato.
Ed invero, optando per la cessazione dell’attività e la cancellazione dal registro delle imprese, ai sensi dell’art. 2495 c.c., comma 1, gli organi sociali rinunciano scientemente alla possibilità di accedere ad un eventuale concordato, possibilità che viene definitamente meno con l’estinzione dell’ente che ne era titolare.
Per tale ragione, precisa la Corte, il socio non può pretendere che “tale diritto torni ad esistenza per il solo fatto che nei confronti della società estinta è stata presentata istanza di fallimento entro l’anno dalla cancellazione“, atteso che, “la domanda di ammissione al concordato non è uno dei mezzi attraverso i quali si esplica il diritto di difesa del fallendo in sede di istruttoria prefallimentare e non può essere intesa quale strumento dilatorio, posto a disposizione dell’impresa insolvente per ritardare la dichiarazione di fallimento”.
Infine, la Corte ha dichiarato parimenti infondata la questione di legittimità costituzionale prospettata dalla ricorrente ai sensi dell’art. 3 Cost., sottolineando che non può ravvisarsi alcuna disparità di trattamento nel fatto che, ai sensi dell’art. 10 L.F., l’impresa cancellata, pur non potendo più richiedere l’ammissione al concordato, può essere dichiarata fallita entro l’anno dalla cancellazione, in quanto le due procedure hanno finalità ben diverse atteso che la procedura fallimentare, a differenza di quella di concordato, non tende alla risoluzione della crisi di impresa, ma ha mere finalità liquidatorie, nel rispetto della par condicio.
In virtù di tali ragionamenti la Corte ha rigettato il ricorso.
Testo del provvedimento
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Numero Protocolo Interno : 74/2015