ISSN 2385-1376
Testo massima
La rinuncia all’insinuazione al passivo del credito già ammesso è riproponibile dal cessionario del credito alla stregua dell’art. 310 c.p.c., avendo essa natura procedimentale, inidonea ad incidere sul diritto di credito non trattandosi di rinuncia sostanziale ad esso.
Il cessionario di un credito concorsuale è tenuto a dare la prova che la cessione è stata stipulata anteriormente al fallimento soltanto ai fini di una eventuale compensazione (L. Fall., art.56, comma 2), ovvero ai fini del voto in un eventuale concordato fallimentare (L. Fall., art. 127, u.c.), restando, altrimenti, opponibile al curatore anche se ha luogo nel corso della procedura.
Questi i principi espressi dalla Corte di Cassazione, Sezione Prima, Pres. Forte, Rel. Di Virgilio, nella sentenza n. 814 depositata in data 19 gennaio 2016.
Nel caso di specie, una società aveva con ricorso chiesto l’ammissione allo stato passivo del Fallimento in virtù di privilegio e in via chirografaria quale avente causa di creditori già ammessi al passivo e che, successivamente alla dichiarazione di esecutività dello stato passivo, avevano rinunciato all’ammissione.
I fatti di causa possono così essere riepilogati:
istanze tempestive di ammissione;
decreto di esecutività dello stato passivo del 16 luglio 2004;
rinunce all’insinuazione del 23 maggio 2007;
notifica delle cessioni al Fallimento, il 5/9 ottobre 2007;
insinuazione tardiva il 23 ottobre 2007.
Il curatore contestava l’ammissione del credito e la causa così insorta veniva decisa dal Tribunale di Voghera che rigettava la domanda.
Proponeva impugnazione la società, il curatore non si costituiva.
La Corte d’Appello di Milano ammetteva allo stato passivo del Fallimento l’appellante, ritenendo che oggetto di controllo debba essere non più il credito del cedente, già accertato, ma l’effettività della cessione e l’insussistenza di cause preclusive del credito nei confronti del Fallimento, in relazione al nuovo titolare.
Ricorreva in Cassazione il Fallimento, deducendo in buona sostanza che la rinuncia dei creditori, una volta che sia stato già ammesso il credito al passivo, comporta la rinuncia al diritto a concorrere già riconosciuto dal giudice, e non l’estinzione del procedimento prima della pronuncia di merito ma la rinuncia al provvedimento favorevole ottenuto, rimanendo così preclusa la riproposizione tardiva della domanda relativa allo stesso credito, quale effetto processuale della definitività dello stato passivo ove è stato annotato l’atto di rinuncia; e alla data di detto atto, il diritto dei creditori verso il Fallimento si è estinto ex art. 1236 c.c., di talchè non possono cedere ad altri quel diritto che non vantano più.
La Suprema Corte ha ritenuto non condivisibili tali argomentazioni.
In particolare, ha sostenuto che la rinuncia all’insinuazione al passivo ha natura procedimentale, inidonea ad incidere sul diritto di credito; non si tratta infatti di rinuncia sostanziale al credito, da cui l’applicazione del principio generale della riproponibilità della domanda rinunciata, anche da parte del cessionario, principio enucleabile alla stregua dell’art. 310 c.p.c..
Inoltre ha richiamato la recente pronuncia 10454/2014, che ha affermato “che in sede di accertamento del passivo fallimentare del debitore ceduto, il cessionario di un credito concorsuale è tenuto a dare la prova che la cessione è stata stipulata anteriormente al fallimento soltanto ai fini di una eventuale compensazione (L. Fall., art.56, comma 2) ovvero ai fini del voto in un eventuale concordato fallimentare (L. Fall., art. 127, u.c.), restando, altrimenti, opponibile al curatore anche se ha luogo nel corso della procedura, e che, qualora, peraltro, il credito ceduto sia stato già ammesso al passivo, il cessionario dovrà limitarsi a seguire la procedura prevista dall’art. 115 L. Fall., mentre, ove il credito non sia stato ancora ammesso al passivo, dovrà dare anche la prova del credito e della sua anteriorità al fallimento se venga in discussione la sua opponibilità”.
Sulla base di tali affermazioni ha pertanto rigettato il ricorso con condanna del Fallimento alle spese del giudizio.
In conclusione: la domanda, già ammessa al passivo e rinunziata, può essere riproposta.
Testo del provvedimento
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