ISSN 2385-1376
Testo massima
Si riporta, di seguito, il contributo redatto dal Prof. Valerio Tavormina – ordinario di proce-dura civile presso l’Università Cattolica di Milano, in materia di anatocismo.
Muovendo da un’analisi comparatistica del fenomeno anatocistico, l’elaborato affronta poi, nello specifico, le problematiche sottese alla nuova formulazione dell’art. 120 TUB, con un fo-cus sulla pronuncia dell’8 ottobre 2015 del Collegio di Coordinamento dell’ABF, nonché sui diversi orientamenti dei Tribunali di merito nel frattempo sviluppatisi.
L’anatocismo bancario in realtà non esiste
1.- La prospettiva comparata della questione anatocismo
La prospettiva comparata è molto facile da fornire: l’Italia è l’unico Paese al mondo chiamato dall’art. 120.2, lett. b) TUB (in vigore dall’1 gennaio 2014) a vietare la capitalizzazione periodica degli interessi nei rapporti bancari; anzi, secondo la maggior parte dei nostri illuminati giudici di merito (la Cassazione si potrà pronunciare, beninteso “polifonicamente”, solo fra un decennio), l’avrebbe già vietata fin dall’1 gennaio 2014 senza che nessuno, tranne loro, se ne fosse accorto; anzi, in realtà fin da allora avrebbe vietato non solo la capitalizzazione periodica degli interessi, ma qualsiasi forma di maturazione di interessi sugli interessi dovuti alle banche in corrispettivo del credito, scaduti e rimasti impagati (che sarebbe anch’essa una forma di anatocismo vietata dall’art. 1283 c.c.)1 .
Ciò è potuto accadere perché, mentre tutti gli altri Paesi hanno regole che esplicitamente ammetto-no la capitalizzazione degli interessi bancari nei contratti di conto corrente (ad esempio i §§ 345 e 355 del codice di commercio tedesco) oppure non hanno regole limitative di accordi del genere (Regno Unito ecc.), da noi la Cassazione nel 1999 ne ha di colpo individuato una nella limitazio-ne degli interessi sugli interessi scaduti (c.d. anatocismo)2 che invece, nella sua terra d’origine (Francia) ed appendici (Italia, Belgio e Lussemburgo), non era mai stata di ostacolo alla capitaliz-zazione e continua a non esserlo tranne che in Italia.
La partita si è giocata su di un paio di tavoli (il più praticato è quello se la capitalizzazione degli interessi bancari rientri negli “usi contrari” fatti salvi dall’art. 1283 3; il meno frequentato è quello dell’applicazione analogica dell’art. 1831, con la correlativa inclusione degli interessi nella liqui-dazione periodica del saldo che funge da saldo iniziale del periodo successivo 4), trascurandone un terzo di cui dirò appresso.
In ogni caso, il legislatore aveva dovuto prendere atto dell’interpretazione della Cassazione e però aveva immaginato di ripristinare lo status quo antea con l’art. 25 del d.lgs. n. 342/1999, deman-dando per un verso al CICR di stabilire per il futuro “modalita’ e criteri per la produzione di inte-ressi sugli interessi maturati nelle operazioni poste in essere nell’esercizio dell’attivita’ bancaria” (comma 2 che sostituiva il comma 2 dell’art. 120 TUB); e facendo salve per il passato le vecchie clausole contrattuali (comma 3).
Quest’ultimo comma, però, fu dichiarato incostituzionale per eccesso di delega 5; con il che si le-gittimò un’espropriazione di crediti ed una restituzione di somme legittimamente maturati ed in-cassate dalle banche nei decenni precedenti il nuovo corso giurisprudenziale.
L’allineamento dell’Italia agli altri Paesi proseguì comunque per il periodo successivo in forza del-la nota delibera CICR 9 febbraio 2000 (art. 2 e 3). Ora però il comma 2 dell’art. 120 TUB è stato sostituito con effetto 1 gennaio 2014 e prevede che “il CICR stabilisce modalità e criteri per la produzione di interessi nelle operazioni poste in essere nell’esercizio dell’attività bancaria, prevedendo in ogni caso che
gli interessi periodicamente capitalizzati non possono produrre interessi ulteriori che, nelle successive operazioni di capitalizzazione, sono calcolati esclusivamente sulla sorte capitale“.
Così (forse) le banche italiane saranno le sole al mondo a dover cambiare il sistema di contabilizzazione; a non poter differenziare tra chi paga e chi non paga gli interessi; a dover ricorrere ancora di più al giudice, perché sarà l’unico modo per farsi pagare gli interessi sugli interessi secondo l’art. 1283 c.c. (salvo che non si pensi di impedirgliene l’uso); a dover segnalare molti clienti per impagati in centrale rischi; ecc.
Forse, dicevo, perché di mezzo ci sta la libertà di stabilimento e di prestazione di servizi garantita dal TFUE alle banche dell’Unione, alle quali non si puo’ imporre di farsi carico nel solo mercato italiano di una serie di oneri e vincoli per la loro attività. E difatti la Commissione europea, con lettera 02/06/2015, ha già fatto presente che “l’esistenza [solo in Italia] di un divieto [di capitalizzazione degli interessi] suscettibile di rendere più onerose e complicate alcune operazioni bancarie” può “tradursi in ostacoli ingiustificati alla prestazione di servizi bancari da parte di operatori stranieri che operano in Italia“.
2.- Gli interessi bancari rappresentano debito principale (come i fitti e le pigioni) e devono poter produrre automaticamente interessi ex art. 1282 c.c..
Il terzo tavolo trascurato nella partita dell’anatocismo ante 2000, di cui dicevo prima e che finora mi era del tutto sfuggito 6, è quello dell’inquadramento giuridico/economico degli interessi bancari che, a differenza di quelli disciplinati dall’art. 1282 (possibile fonte, nei limiti dell’art. 1283, di interessi anatocistici), non rappresentano l’accessorio di una obbligazione principale, ma sono essi stessi obbligazione principale al pari di un canone di affitto o di locazione (art. 1282.2 c.c.), di una retribuzione da prestazioni di lavoro ecc. (“tasso d’interesse e ogni altro prezzo“, dice l’art. 117, commi 4 e 6 TUB) 7; e quindi sono automaticamente produttivi, alla loro scadenza, di interes-si, che non sono gli interessi dell’art. 1283, bensì quelli dell’art. 1282.1.
Infatti, gli ordinari interessi bancari non sorgono come accessorio di un credito “esigibile”, sicco-me richiede il comma 1 dell’art. 1282, ma da altre disposizioni che li configurano come contro-prestazione per la messa a disposizione di un capitale che non è ancora esigibile (art. 1815.1, 1858 ecc.), neppure nel caso di c.d. scoperto di conto, nel quale la banca non può esigere coatti-vamente lo scoperto se non chiude il conto.
Oltretutto, se si ragiona diversamente ne scaturisce un’eclatante disparità di trattamento (per esempio) tra un locatore, libero di farsi pagare gli interessi sui canoni impagati, e la banca cui vie-ne impedito di farsi pagare gli interessi sugli interessi impagati, nonostante già Portalis (il redattore del codice Napoleone che aveva introdotto la disciplina degli interessi sugli interessi) avesse sottolineato come “le prêt à intérêt est un acte de louage” 8.
Lo conferma addirittura Cass. civ. n. 870/2006 cit., pur nel rigettare un tentativo di ragionamento nei termini che precedono. All’assunto secondo cui l’art. 1283 c.c. riguarda “solo gli interessi corrispettivi e moratori e non già quelli compensativi in cui si identific[ano] quelli di conto corrente”, la Cassazione replica infatti che questi ultimi interessi rientrano “certamente nell’ambito di applicazione del principio in base al quale la utilizzazione di un capitale o di una cosa fruttifera obbliga l’utente al pagamento di una somma proporzionale e cioè corrispettiva al godimento ricevuto“: senza però spiegare perché allora il canone di affitto (corrispettivo del godimento di una cosa fruttifera: art. 1615) produca interessi senza limitazioni (art. 1282.2), mentre gli interessi bancari dovrebbero essere assoggettati ad altra regola.
E trovare una giustificazione per questa disparità di trattamento potrebbe magari non essere impossibile davanti alla nostra Corte costituzionale, centro di smistamento da e per la politica, rotta a tutte le manipolazioni verbali 9; ma di sicuro molto più difficile davanti alla Corte europea dei diritti dell’uomo, che prende sul serio il divieto di discriminazione ex art. 14 CEDU in relazione al pacifico godimento dei propri beni (art. 1 del protocollo addizionale), anche quando si tratta di interessi sui crediti 10.
3.- Il nuovo art. 120 del TUB e la proposta di delibera CICR
Come ho già ricordato, il nuovo art. 120.2 TUB dice che il CICR dovrà stabilire “modalità e criteri per la produzione di interessi nelle operazioni” bancarie, vietando comunque la capitalizzazione degli interessi ossia pattuizioni che vincolino le parti ad interessi sull’intero ammontare di un saldo che inglobi a sua volta interessi.
Salvo questa specifica previsione non a caso contenuta nella norma primaria, tuttavia, la delega di fissazione di “modalità e criteri” per la produzione di interessi certamente non si estende fino allo stabilire se interessi siano dovuti o no (il che sarebbe, tra l’altro, ben di più che fissare la misura degli interessi stessi ossia materia indiscutibilmente fuori dalla delega).
Ora, poiché da quanto ho detto sub § 2 risulta che gli interessi bancari scaduti ed impagati produ-cono interessi di pieno diritto ex art. 1282, ne risultano già fuori legge l’art. 3 della proposta di de-libera CICR pubblicata dalla Banca d’Italia, a norma del quale nelle operazioni bancarie, salvo (si sottintende) quanto previsto dall’ultimo inciso dal comma 4 dell’art. 4, “gli interessi maturati non possono produrre interessi”; nonché l’art. 4 comma 6 che, per un verso, subordina a previsione contrattuale la produzione di ulteriori interessi in caso di chiusura del conto, istituendo una nuova categoria di crediti infruttiferi e, per altro verso, esclude nei rapporti regolati in conto corrente l’applicazione perfino dell’art. 1283 c.c., operante nell’ambito di tutti gli altri rapporti anche di finanziamento.
Del resto, per tutte le operazioni non regolate in conto corrente e per la disciplina della chiusura del conto (art. 4 comma 6), l’enunciazione di carattere generale contenuta nell’art. 3 risulta anche in contrasto con l’art. 2, comma 3, secondo cui “per la produzione degli interessi moratori si applicano le disposizioni del codice civile“: infatti ex art. 1219.2.3 c.c. la scadenza del termine per il pagamento comporta automaticamente costituzione in mora e quindi decorso di interessi ex art. 1224.
In ordine poi ai rapporti regolati in conto corrente, la previsione di un termine di esigibilità di 60 giorni dalla ricezione dell’estratto conto, che si aggiunge a quello annuale minimo di conteggio (salva durata più ridotta del rapporto) (art. 4, commi 3 e 4), è illegittima perché abbassa il tasso pattuito (per esempio, su di un anno e tre mesi, un tasso nominale del 4% viene ridotto al 3,2% circa), che non spetta certo al CICR variare, e perché non rientra certo tra le “modalità e criteri per la produzione” di interessi, incidendo piuttosto sul diritto alla percezione di interessi già prodottisi.
4.- La pronuncia 8 ottobre 2015 del Collegio di Coordinamento dell’ABF e i diversi orientamenti dei Tribunali di merito
Dopo che la maggior parte dei giudici di merito che si sono pronunciati lo hanno fatto nel senso dell’immediata operatività dalla sua entrata in vigore (1 gennaio 2014) dell’art. 120, comma 2, lett. b), interpretato non solo “nel senso, fatto palese dal significato proprio delle parole” (art. 12.1 delle preleggi), di un divieto di capitalizzazione degli interessi, ma di un divieto assoluto di decorrenza di interessi sugli interessi bancari (secondo qualcuno addirittura esteso anche all’operare dell’art. 1283), anche il Collegio di coordinamento dell’ABF ha voluto esternare nello stesso senso, con la sua decisione n. 8574/2015, pur se non era necessario farlo per risolvere il caso sottopostogli.
I punti salienti che hanno impegnato giudici ed ABF sono i seguenti:
a) operatività immediata del divieto, perché tanto il CICR non può fare diversamente: il che è vero, ma non tutto quanto si è obbligati a fare vuol dire che è già stato fatto; e poi l’art. 161.5 TUB prevede espressamente che, anche in caso di sostituzione di norme, le precedenti “disposizioni emanate dalle autorità creditizie
continuano a essere applicate fino alla data di entrata in vigore dei provvedimenti emanati ai sensi del presente decreto legislativo“.
b) estensione ad ogni forma di decorso di interessi su interessi (anche se non “periodicamente capitalizzati”), perché i promotori del ddl si proponevano di abolire l’anatocismo e capitalizzazione dovrebbe leggersi perciò “contabilizzazione”, come conferma la Banca d’Italia nella sua proposta di delibera. Ma: non è stato approvato il ddl e solo il suo dispositivo è stato inserito nella legge di stabilità 2014; le intenzioni dei proponenti non possono sovrapporsi alla lettera della legge; in te-ma di interpretazione della legge la Banca d’Italia non ha alcun ruolo istituzionale.
Per attenersi alla lettera della legge e quindi vietare esclusivamente la capitalizzazione periodica degli interessi, sarebbe comunque necessario disporre la contabilizzazione separata, rispetto al capitale, degli interessi rappresentanti il corrispettivo pattuito, ma poi anche la contabilizzazione de-gli altri interessi che dovessero maturare ex art. 1282.1 c.c. in caso e per il tempo di mancato pagamento dei primi (applicandosi per il resto l’art. 1283). In tal modo, il corrispettivo pattuito (gli interessi convenuti in sede contrattuale) ed eventualmente non pagato farebbe decorrere interessi come qualsiasi altro corrispettivo non pagato e per il solo periodo di tempo del mancato pagamento; ma né i primi, né i secondi si confonderebbero con il capitale. E con ciò si eviterebbe di assoggettarli senza limiti ad ulteriori interessi, salva l’applicazione dell’art. 1283 in caso di contenzioso.
c) contrasto con la normativa dell’Unione europea, dato che tutti i Paesi dell’UE adottano la capi-talizzazione degli interessi: un contrasto più o meno marcato secondo che il mancato pagamento degli interessi pattuiti resti totalmente privo di compenso finanziario oppure comporti solo l’impossibilità di capitalizzarli (supra, lett. b). E qui si è andati dall’apodittica negazione del con-trasto, all’estemporanea considerazione dell’ABF di non potersi fare carico delle “paventate ricadute sistemiche che la
abolizione [dell’anatocismo] in Italia potrebbe determinare nei rapporti concorrenziali tra banche
che non possono
condizionare la funzione interpretativa della leg-ge rimessa all’ ABF, chiamato a decidere secondo diritto” (pag. 10); come se quello dell’UE non fosse “diritto”!
1 E’ quanto finora deciso in sede cautelare, su richieste di inibitoria di un’associazione di consu-matori ex art. 140.8 del codice del consumo, dai tribunali di Milano (a partire dall’ordinanza 25/03/2015), Roma (20/10/2015), Cuneo (29/06/2015), Biella (07/07/2015); ed invece messo in dubbio o negato dai Tribunali di Torino (05/08/2015), Siena (04/08/2015), Bologna (09/12/2015).
2 Cass., 16/03/1999, n. 2374; Cass., 30/03/1999, n. 1096;Cass., 11/11/1999, n. 12507.
3 Come tutti sanno la risposta è stata negativa anche con riferimento ad una capitalizzazione an-nuale, anziché soltanto trimestrale: cfr. da ultimo Cass. civ., Sez. I, 06/05/2015, n. 9127 e Cass. civ., Sez. I, 02/07/2014, n. 15135, che del resto ripetono puramente e semplicemente l’enunciato di Cass. civ., Sez. Unite, 02/12/2010, n. 24418, al n. 4.1 della motivazione.
4 Risposta negativa pure qui (Cass. civ. Sez. I, 02/07/2014, n. 15135; Cass. civ. Sez. I, 18/01/2006, n. 870; ecc.), anche se non si capisce perché il ruolo della banca di mandataria del cliente dovrebbe essere incompatibile con le modalità di liquidazione degli interessi su reciproche poste debitorie e creditorie presenti anche nel conto corrente bancario.
5 Corte cost., 17/10/2000, n. 425, n. 3.3.2 della motivazione.
6 Mi occupavo solo delle ricadute espropriative del mutamento di giurisprudenza del 1999 e del loro contrasto con l’art. 1 del protocollo addizionale alla CEDU in Il credito bancario dal punto di vista della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo, § 5, in corso di pubblicazione su Riv. dir. priv.
7 La stessa Cassazione, che ravvisa anatocismo nell’interesse applicato agli interessi bancari, parla però del “mutuo senza interesse” come “contratto a titolo gratuito” caratterizzato dalla “assenza di corrispettivo o di controprestazione” (Cass. civ. Sez. I, 11/06/2004, n. 11093): si tratterebbe dun-que di un corrispettivo in denaro sottratto all’applicazione dell’art. 1282, comma 1.
8 Discours préliminaire sur le projet de Code civil, in Discours, rapports et travaux inédits sur le Code civil, Paris 1844, 50.
9 A cominciare proprio dalla parità di trattamento ex art. 3.1 cost., trasformata in divieto di regole reputate dalla Corte manifestamente irragionevoli.
10 Corte EDU, Sez. II, 26/09/2006, Mürvet Fidan and others v. Turkey, §§ 26-28, che si pone cor-rettamente la questione in termini di “protection against discrimination ‘among persons in rele-vantly similar situations'”.
Testo del provvedimento
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Numero Protocolo Interno : 28/2016