ISSN 2385-1376
Testo massima
Pur riconoscendo che nel contratto d’apertura di credito bancario il vero rapporto obbligatorio sorge soltanto nel momento ed a causa del prelievo della somma messa a disposizione, in materia di azione revocatoria (art. 2901 c.c.), trattandosi di verificare il presupposto della anteriorità del credito tutelato, l’aspetto cronologico della fattispecie, nel caso che dell’azione si avvalga l’accreditante, va apprezzato con riferimento al momento dell’accreditamento, con la conseguenza che gli atti dispositivi (anche del fideiussore) successivi all’apertura di credito ed alla prestazione della fideiussione, se compiuti in pregiudizio delle ragioni del creditore, sono soggetti alla predetta azione, ai sensi dell’art. 2901, n. 1, prima parte, c.c., in base al solo requisito soggettivo della consapevolezza di arrecare pregiudizio alle ragioni del creditore (scientia damni) ed al solo fattore oggettivo dell’avvenuto accreditamento.
L’atto di costituzione del fondo patrimoniale, anche quando é posto in essere dagli stessi coniugi, costituisce un atto a titolo gratuito che può essere dichiarato inefficace nei confronti del creditore, qualora ricorrano le condizioni di cui al n. 1 dell’art. 2901 cod. civ.. Nell’ambito della nozione lata di credito accolta dalla norma citata, non limitata in termini di certezza, liquidità ed esigibilità, ma estesa fino a comprendere le legittime ragioni o aspettative di credito, deve considerarsi ricompresa la fideiussione.
Ai fini dell’integrazione dell’eventus damni, non è richiesta la totale compromissione della consistenza patrimoniale del debitore, ma soltanto il compimento di un atto che renda più incerta o difficile la soddisfazione del credito, con la conseguenza che l’onere di provare l’insussistenza di tale rischio incombe, secondo i principi generali, al convenuto nell’azione revocatoria, che eccepisca la mancanza del pregiudizio.
Il requisito soggettivo della scientia damni, consiste nella generica conoscenza del pregiudizio che l’atto di disposizione posto in essere dal debitore, diminuendo la garanzia patrimoniale, può arrecare alle ragioni dei creditori, e la relativa prova può essere fornita anche mediante presunzioni.
Questi i principi espressi dal Tribunale di Roma, dott.ssa Silvia Albano, con la sentenza depositata in data 29.07.2015.
Nel caso in esame, una banca esercitava azione revocatoria ex art. 2901 c.c., al fine di ottenere dichiarazione di inefficacia, nei propri confronti, dell’atto di costituzione di fondo patrimoniale da parte dei coniugi convenuti. Questi ultimi, già destinatari di provvedimento monitorio poi opposto in autonomo giudizio, avevano prestato garanzia fideiussoria rispetto al contratto di apertura di credito intercorso tra la banca ed una S.r.l..
La banca, dedotta preliminarmente l’anteriorità del proprio credito rispetto alla costituzione del fondo patrimoniale, sosteneva il carattere pregiudizievole di quest’ultimo rispetto alle proprie ragioni creditorie, essendo il patrimonio dei fideiussori divenuto conseguentemente incapiente; sul piano soggettivo, evidenziava altresì la piena consapevolezza, da parte degli stessi fideiussori, del pregiudizio che l’atto di disposizione de quo le avrebbe arrecato.
Si costituivano in giudizio i convenuti, i quali concludevano per il rigetto della domanda attorea, non sussistendo i presupposti di legge atti a fondare l’invocata pronuncia, attesa la presenza, nel patrimonio di uno di essi, di un cespite rimasto escluso dal vincolo di destinazione, sul quale la banca avrebbe potuto far valere le proprie ragioni di credito.
Il Tribunale, ribadito che “i requisiti sui quali si fonda l’actio pauliana ex art. 2901 c.c. sono sostanzialmente: l’esistenza di un diritto di credito verso il debitore; l’esistenza di un atto dispositivo posto in essere dal debitore; un pregiudizio arrecato dall’atto di disposizione alla garanzia patrimoniale di tale credito (c.d. eventus damni); un certo atteggiamento soggettivo del debitore e, quando si tratti di atti a titolo oneroso anche del terzo ( scientia damni o consilium fraudis)“, ne ha riscontrato la piena sussistenza nella fattispecie in esame, accogliendo la domanda attorea e condannando i coniugi convenuti al pagamento delle spese di lite in favore della banca.
Rilevante la precisazione con cui il Giudice adito ha chiarito che, allo scopo di appurare l’anteriorità del credito rispetto all’atto di disposizione, il momento a cui fare riferimento nell’ipotesi di contratto di apertura di credito sia quello dell’accreditamento, specificando al contempo che nell’ambito della nozione lata di credito accolta dall’art. 2901 c.c., ma estesa fino a comprendere le legittime ragioni o aspettative di credito, debba considerarsi ricompresa la fideiussione.
Ciò posto, il provvedimento in commento ha ritenuto che “non potesse dubitarsi della idoneità dell’atto di costituzione del fondo patrimoniale a determinare un pregiudizio per le ragioni creditorie. Ed invero, l’atto di costituzione del fondo, rendendo i beni conferiti aggredibili solo a determinate condizioni (art. 170 cod. civ.), riduce la garanzia generale spettante ai creditori sul patrimonio dei costituenti, sì da poter rendere più incerta o difficile la soddisfazione del credito“.
Quanto al presupposto dell’eventus damni, il Tribunale ha chiarito che non è richiesta, a fondamento dell’azione, la totale compromissione della consistenza patrimoniale del debitore, ma soltanto il compimento di un atto che renda più incerto o difficile il soddisfacimento del credito, “che può consistere non solo in una variazione quantitativa del patrimonio del debitore, ma anche in una modificazione qualitativa di esso“. La prova di tale variazione compete al creditore che agisce in revocatoria, mentre è onere del debitore, per sottrarsi agli effetti di tale azione, provare che il suo patrimonio residuo sia tale da soddisfare ampiamente le ragioni del creditore. Prova che, nel caso di specie, i coniugi convenuti non hanno fornito.
Quanto al requisito soggettivo, essendo l’atto di costituzione del fondo patrimoniale un atto di disposizione a titolo gratuito, è stato ribadito che, “ai fini dell’esperimento dell’azione revocatoria ordinaria, è necessaria e sufficiente la consapevolezza dell’evento dannoso in capo al debitore“. A tal proposito, operata una puntuale ricostruzione della vicenda sul piano strettamente fattuale, il Tribunale ha ritenuto che gli acquisiti elementi, “gravi, precisi e concordanti, consentono di ritenere, anche in via presuntiva ex art. 2729 c.c., che i debitori al momento dell’atto dispositivo non potessero non essere a conoscenza del pregiudizio che stavano arrecando alle ragioni della banca creditrice, alla quale stavano sottraendo dei beni immobili di sicuro valore di soddisfo, che la stessa avrebbe potuto aggredire laddove non fosse riuscita a tutelare il proprio credito aliunde. Da tali argomentazioni consegue la richiesta declaratoria di inefficacia ai sensi degli artt. 2901 e 2902 c.c.“.
Testo del provvedimento
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Numero Protocolo Interno : 15/2015