ISSN 2385-1376
Testo massima
Commento a cura degli Avvocati Daniele Peccianti e Fausto Magi del foro di Siena
Sulla materia dell’anatocismo e degli interessi si registra la diffusione, nella giurisprudenza di merito, della consapevolezza che gli oneri allegatori e probatori funzionali all’accoglimento di domande ripetitorie – tra cui, in primis, la dimostrazione dell’esistenza di rimesse solutorie – gravino sull’attore.
Appare al tempo stesso in via di definitivo chiarimento il ruolo assunto in questo contesto dall’onere di eccepire la prescrizione da parte del convenuto, trovando sempre più diffusione il concetto che il suo mancato assolvimento non può supplire all’inerzia allegatoria e probatoria dell’attore.
In questo specifico senso si è proprio di recente espressa la Corte di Appello di Torino, Pres. Grimaldi Rel. Grosso, con la sentenza n. 1765 del 07.10.2015 (http://www.expartecreditoris.it/provvedimenti/ripetizione-indebito-necessaria-la-produzione-degli-estratti-conto-integrali.html).
Quest’ultima pronuncia coglie inoltre l’esistenza di un binomio indissolubile tra azione ripetitoria e prova della esistenza di rimesse solutorie, non derogabile neppure attraverso l’esperimento di una semplice azione di accertamento dell’assenza di causa debendi, quale quella di rideterminazione del saldo.
Quest’ultima azione, come noto, si sostanzia in pratica nella richiesta di enucleazione dal conto dei movimenti sanzionabili per illegittimità, con conseguente rideterminazione del saldo epurato dagli effetti contabili di detti movimenti.
I principi della logica e del diritto, per come anche enucleabili dalla giurisprudenza della Suprema Corte venutasi a delineare a seguito del noto intervento delle Sezioni Unite del 2010 (sentenza n. 24418), sembravano condurre alla conclusione della impossibilità di piegare tale domanda a scopi ripetitori a meno che l’attore, nel proporla, non assolvesse all’onere di dimostrare di aver fatto corrispondenti rimesse solutorie (vedasi, sul punto, http://www.expartecreditoris.it/provvedimenti/indebito-bancario-l-onere-di-provare-l-effettuazione-di-rimesse-solutorie-grava-sul-correntista-attore.html).
Ebbene, la citata pronuncia della Corte di Appello di Torino pare confermare la correttezza di questo ragionamento.
Non disponiamo del precedente di primo grado e neppure della CTU, ma dalla lettura della motivazione della pronuncia della Corte appare chiaro che la sentenza del Tribunale sarebbe stata integralmente riformata per aver erroneamente statuito sull’accertamento di un credito della Banca pur in assenza della prova, non emersa neppure a seguito della CTU, di rimesse solutorie.
Da notare, in particolare, che il precedente si riferisce ad un caso di conto corrente aperto, in merito al quale l’applicazione del predetto principio poteva, all’apparenza, risultare più problematica.
La pronuncia non sembra neppure fare differenze tra il caso in cui l’accertamento conduca ad una vera e propria riquantificazione a credito (per il cliente) del saldo del conto rispetto a quello in cui l’effetto accertativo si limiti alla individuazione di addebiti illegittimi non sopravanzanti il saldo negativo risultante dagli estratti conto (caso, quest’ultimo, in cui dall’accoglimento della domanda discenderebbe soltanto un ridimensionamento del credito della banca).
Testo del provvedimento
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