ISSN 2385-1376
Testo massima
In materia di leasing c.d. traslativo, è esclusa la nullità del contratto di sale and lease back, per illiceità della causa in concreto, ove violi il divieto di patto commissorio, se le parti, con apposita clausola (cd. patto marciano), abbiano preventivamente convenuto che al termine del rapporto – effettuata la stima del bene con tempi certi e modalità definite, tali da assicurare una valutazione imparziale ancorata a parametri oggettivi ed autonomi ad opera di un terzo – il creditore debba, per acquisire il bene, pagare l’importo eccedente l’entità del suo credito, sì da ristabilire l’equilibrio sinallagmatico tra le prestazioni e da evitare che il debitore subisca una lesione dal trasferimento del bene in garanzia.
Questo è il principio espresso dalla Cassazione Civile, sezione prima (Pres. RORDORF, Rel NAZZICONE) con la sentenza del 28-01-2015, n. 1625, che fa definitiva chiarezza sul delicato tema della validità del contratto di “sale and lease back“.
La vicenda processuale, in estrema sintesi, si è svolta in questi termini: nell’ambito di un rapporto di leasing (per la precisione di due contratti, aventi ad oggetto l’uno beni mobili e l’altro un immobile ad uso industriale), a seguito del fallimento dell’utilizzatore, la società concedente presentava domanda di ammissione al passivo per il pagamento dei canoni scaduti e domanda di restituzione dell’immobile oggetto di locazione finanziaria, sul presupposto della risoluzione per inadempimento dei contratti, anteriore all’apertura della procedura concorsuale.
A fronte del rigetto di dette domande, la società di leasing proponeva opposizione allo stato passivo, a sua volta respinta dal Tribunale per aver ritenuto il contratto di sale and lease back contrario al divieto di patto commissorio e per tale affetto da nullità per frode alla legge.
Quanto al leasing relativo a beni mobili, il Tribunale riteneva – esclusa l’applicazione della L. Fall., art. 72 quater, in quanto risolti prima del fallimento, ed incontestata la natura traslativa del leasing – che dovesse farsi applicazione analogica dell’art. 1526 c.c., norma imperativa disciplinante la risoluzione del rapporto: con conseguente insussistenza del credito per il periodo posteriore al fallimento ed esclusione di quello per gli interessi convenzionali e le penali, non applicandosi l’art. 1458 c.c. sulla irretroattività nei contratti a prestazione continuata.
Avverso tale provvedimento la società concedente ha proposto ricorso per cassazione, denunciando, in particolare, il vizio di motivazione relativo alla mancata considerazione che al contratto di leasing di specie accedeva il c.d. patto marciano, in forza del quale il creditore in presenza di un inadempimento deve dedurre, dalle somme dovutegli per canoni scaduti, interessi, spese ed un importo per canoni non scaduti, quanto il concedente abbia conseguito dalla vendita o dalla rilocazione del bene, da indennizzi assicurativi o da risarcimenti.
Tale circostanza era stata sbrigativamente liquidata dal Tribunale, reputandola “di marginale rilievo“.
La questione all’esame della Suprema Corte è invero complessa, avendo ad oggetto un contratto discusso, il cui inquadramento va necessariamente premesso, al fine di comprendere appieno la decisione degli Ermellini.
Peculiare tipologia di leasing, il contratto di “sale and lease back” si articola nel complesso di atti consistenti nella vendita del bene (sale) fatta da colui che desidera finanziarsi dall’ente finanziatore e nella successiva stipulazione di un contratto di leasing (lease back) in forza del quale il soggetto (già titolare della proprietà del bene) permane nella disponibilità e nel godimento del medesimo in forza del contratto di leasing.
Così strutturato, si è ritenuto da parte della dottrina e della giurisprudenza che tale schema contrattuale possa violare il c.d. divieto di patto commissorio (accordo con il quale il debitore, a garanzia della soddisfazione di un proprio debito, mette a disposizione un proprio bene, con l’intesa che, verificatosi l’inadempimento, detto bene passerà in proprietà del creditore) di cui all’art. 2744 cc.
Ed invero, la Cassazione aveva già avuto modo di pronunziarsi sul punto, affermando che la causa concreta del contratto di sale and lease back ben può essere piegata al fine illecito vietato dall’art. 2744 c.c., il quale costituisce una norma materiale, destinata a trovare applicazione non soltanto in relazione alle alienazioni a scopo di garanzia sospensivamente condizionate all’inadempimento del debitore, ma anche a quelle immediatamente traslative e risolutivamente condizionate all’adempimento del debitore (Cass., sez. un., 3 aprile 1989, n. 1611, e successive, quale, fra le altre, 16 ottobre 1995, n. 10805, 19 luglio 1997, n. 6663 e 2 febbraio 2006, n. 2285), esprimendo essa un divieto di risultato.
Tuttavia, la verifica la stessa Corte di legittimità non ha mancato di precisare, in più occasioni, che la verifica se lo schema negoziale del lease back sia stato in concreto impiegato per eludere il divieto di patto commissorio va operata in concreto dal giudice del merito in base ad elementi sintomatici sia soggettivi che oggettivi, i quali non sono sindacabili in sede di legittimità, se non nell’ambito del controllo sulla motivazione (Cass. 26 giugno 2001, n. 874; 19 luglio 1997, n. 6663).
Proprio nel caso di specie, in effetti, il Supremo Collegio ha rilevato il difetto di motivazione della sentenza impugnata, motivazione vieppiù “meramente apparente” circa gli effetti della clausola apposta al contratto, limitandosi a reputare come “marginale” il rilievo del patto c.d. marciano, senza tuttavia nè verificarne il contenuto, nè accertarne l’avvenuta operatività, nè chiarire l’effettivo peso attribuito dal giudicante al patto nella complessiva economia del contratto.
I giudici di piazza Cavour hanno ritenuto conformemente alla costante giurisprudenza di legittimità che il patto marciano – clausola contrattuale con la quale si mira ad impedire che il concedente, in caso di inadempimento, si appropri di un valore superiore all’ammontare del suo credito, pattuendosi che, al termine del rapporto, si proceda alla stima del bene e il creditore sia tenuto al pagamento in favore del venditore dell’importo eccedente l’entità del credito – esclude l’illiceità della causa del negozio, la quale non sussiste “pur in presenza di costituzione di garanzie che presuppongano un trasferimento di proprietà, qualora queste risultino integrate entro schemi negoziali che tale abuso escludono in radice, come nel caso del pegno irregolare, del riporto finanziario e del c.d. patto marciano – in virtù del quale, come è noto, al termine del rapporto si procede alla stima, ed il creditore, per acquisire il bene, è tenuto al pagamento dell’importo eccedente l’entità del credito” (così Cass. 21 gennaio 2005, n. 1273). Il medesimo concetto è stato di nuovo espresso, sebbene ancora in via incidentale, escludendosi la violazione dell’art. 2744 c.c. in presenza di un patto marciano “in virtù del quale al termine del rapporto si procede alla stima ed il creditore, per acquisire il bene, è tenuto al pagamento dell’importo eccedente l’entità del credito” (Cass. 9 maggio 2013, n. 10986).
Per quanto argomentato dalla Corte, è evidente che il c.d. patto marciano sia strumento idoneo a scongiurare l’illiceità della causa in concreto del “sale and lease back“, permettendo l’uso di tale contratto finanziario, invero già molto diffuso nella pratica commerciale.
Fondamento dell’effetto salvifico è, da un lato, l’idoneità della clausola a ristabilire l’equilibrio sinallagmatico tra le prestazioni del contratto di lease back (requisito svalutato da chi reputa che l’art. 2744 c.c. non esiga alcuna sproporzione dei valori, ma dovendosi invece ribadire che l’ordinamento presume detta sproporzione nel meccanismo vietato), e, dall’altro lato, la sua capacità di scongiurare che l’attuazione coattiva del credito avvenga senza alcun controllo dei valori patrimoniali in gioco.
Per effetto della motivazione meramente “apparente“, la Suprema Corte ha cassato la decisione impugnata, rinviando ad altra sezione del Tribunale per il riesame della decisione alla stregua della clausola negoziale sul c.d. patto marciano e di tutte le circostanze del caso concreto, sulla base dei principi sopra esposti.
Testo del provvedimento
SEGNALA UN PROVVEDIMENTO
COME TRASMETTERE UN PROVVEDIMENTONEWSLETTER - ISCRIZIONE GRATUITA ALLA MAILING LIST
ISCRIVITI ALLA MAILING LIST© Riproduzione riservata
NOTE OBBLIGATORIE per la citazione o riproduzione degli articoli e dei documenti pubblicati in Ex Parte Creditoris.
È consentito il solo link dal proprio sito alla pagina della rivista che contiene l'articolo di interesse.
È vietato che l'intero articolo, se non in sua parte (non superiore al decimo), sia copiato in altro sito; anche in caso di pubblicazione di un estratto parziale è sempre obbligatoria l'indicazione della fonte e l'inserimento di un link diretto alla pagina della rivista che contiene l'articolo.
Per la citazione in Libri, Riviste, Tesi di laurea, e ogni diversa pubblicazione, online o cartacea, di articoli (o estratti di articoli) pubblicati in questa rivista è obbligatoria l'indicazione della fonte, nel modo che segue:
Autore, Titolo, in Ex Parte Creditoris - www.expartecreditoris.it - ISSN: 2385-1376, anno
Numero Protocolo Interno : 608/2015