ISSN 2385-1376
Testo massima
In tema di leasing traslativo, in caso di fallimento dell’utilizzatore, non vi è ragione per differenziare la disciplina dello scioglimento del contratto di locazione finanziaria a seconda che questo si sia risolto per inadempimento dell’utilizzatore ante- o post-dichiarazione di fallimento, trattandosi, in entrambi i casi, di disciplinare gli effetti dello scioglimento di un contratto di leasing preesistente alla data di dichiarazione di fallimento, con conseguente applicazione dell’art. 72 quater della legge fallimentare e non dell’art.1526 cc.
È quanto statuito dal Tribunale di Milano, dott.ssa Adriana Cassano Cicuto, con la sentenza n. 7505 del 17 giugno 2015, in materia di leasing traslativo.
In particolare, nella vicenda de qua, la Curatela di un Fallimento ha convenuto in giudizio la società di leasing, con la quale la fallita aveva intrattenuto un rapporto di locazione finanziaria avente ad oggetto immobili ad uso commerciale, al fine di ottenere la ripetizione dei canoni versati salvo equo compenso ai sensi dell’art.1526 cc, per effetto della restituzione del bene locato a seguito della risoluzione per inadempimento.
Presupposto della domanda, la pretesa applicazione in via analogica dell’art. 1526 cc (previsto in tema di vendita con riserva di proprietà, ed esteso non automaticamente al leasing traslativo, per costante giurisprudenza), in quanto il rapporto era stato risolto per inadempimento prima della dichiarazione di fallimento, con la conseguente inapplicabilità dell’art. 72 quater L.F.
Disposizione, quest’ultima, che nella formulazione applicabile ratione temporis (cioè quella prevista dal D.Lgs. 9 gennaio 2006, n. 5) prevedeva: “in caso di scioglimento del contratto, il concedente ha diritto alla restituzione del bene ed è tenuto a versare alla curatela l’eventuale differenza fra la maggiore somma ricavata dalla vendita o da altra collocazione del bene stesso avvenute a valori di mercato rispetto al credito residuo in linea capitale“.
La scansione temporale dei fatti di causa necessaria per la comprensione della vicenda in commento può essere così schematizzata:
a. 03.07.2006: stipula del contratto di locazione finanziaria;
b. 26.01.2009: risoluzione per inadempimento;
c. 27.07.2010: dichirazione di fallimento dell’utilizzatrice;
d. 29.07.2014: vendita a terzi dell’immobile riconsegnato.
Appare evidente che, in casi come quelli di specie, l’applicazione analogica dell’art.1526 cc farebbe discendere il diritto per la Curatela del fallimento alla ripetizione dei canoni di locazione finanziaria versati salvo equo compenso e non della sola “differenza tra la maggiore somma ricavata dalla vendita [
] rispetto al credito residuo” (art. 72 quater L.F.).
Ed invero il Tribunale ha subito chiarito espressamente i termini della questione: “la presente causa pone, dunque, la questione se (come sostenuto del Fallimento attore) la norma di cui all’art. 72 quater L.F. sia applicabile solo all’ipotesi di un contratto di locazione finanziaria pendente alla data di dichiarazione del fallimento e poi scioltosi su iniziativa del curatore, dovendosi, per la diversa ipotesi, ossia quella di un contratto di leasing risolto per inadempimento dell’utilizzatore in data anteriore al fallimento, fare riferimento alla disciplina di cui all’art. 1526 C.C., ovvero se (come sostenuto dalla società di leasing convenuta) entrambe le ipotesi richiamate (quella del contratto di leasing pendente alla data del fallimento e quella del contratto di leasing risolto ante fallimento) siano disciplinate dalla medesima norma di cui all’art. 72 quater L.F.“
Attraverso chiare ed articolate argomentazioni, il Giudice milanese è pervenuto alla conclusione che non vi è ragione per differenziare la disciplina dello scioglimento del contratto di locazione finanziaria a seconda che questo si sia risolto per inadempimento dell’utilizzatore prima della dichiarazione di fallimento ovvero si sia sciolto dopo la dichiarazione di fallimento, trattandosi, in entrambi i casi, di disciplinare gli effetti dello scioglimento di un contratto di leasing preesistente alla data di dichiarazione di fallimento, giungendosi in mancanza all’applicazione di discipline differenti a situazioni assolutamente analoghe.
Invero, l’applicazione dell’art. 1526 cc risulterebbe ingiustamente premiale per l’utilizzatore che abbia causato con il proprio inadempimento alla risoluzione del contratto.
Infatti, si giungerebbe alla situazione paradossale di ipotizzare (ERRORE LOGICO) che nel caso di contratto di locazione finanziaria risoltosi per inadempimento dell’utilizzatore ante fallimento, il Fallimento dell’utilizzatore avrebbe diritto, ai sensi dell’ad. 1526 cc, alla restituzione delle rate (canoni) pagate salvo il diritto della controparte all’equo compenso, mentre, nel caso di contratto di locazione finanziaria ancora in essere alla data del fallimento e scioltosi in un momento successivo per decisione del curatore, il Fallimento dell’utilizzatore, ai sensi dell’art. 72 quater L.F., sarebbe comunque tenuto a pagare il residuo credito in linea capitale della concedente (per canoni scaduti ed a scadere attualizzati), salvo vedersi riconoscere il valore realizzato dalla vendita del bene restituito o da altra sua collocazione avvenute a valori di mercato, pur con la precisazione che il realizzo del bene restituito è condizione per l’esigibilità e per la stessa determinazione dell’eventuale credito residuo nei confronti del Fallimento.
La tesi favorevole all’applicazione del citato articolo, per via analogica, fa leva invece sulla nozione di “rapporti pendenti” di cui all’art. 72 L.Fall., che restano “sospesi” sino alla decisione del curatore di subentrarvi ovvero di risolverli, dimenticando (ERRORE GIURIDICO) che al quinto comma la norma prevede che “l’azione di risoluzione del contratto promossa prima del fallimento nei confronti della parte inadempiente spiega i suoi effetti nei confronti del curatore“, di tal che afferma il Tribunale – non pare condivisibile l’opzione interpretativa che voglia limitare la portata della norma di cui all’art. 72 quater alla sola ipotesi del contratto di locazione finanziaria regolarmente in essere alla data del fallimento e successivamente scioltosi su iniziativa del curatore del Fallimento dell’utilizzatrice.
A riprova della correttezza di tale interpretazione afferma il Tribunale “il fatto che non vi sia ragione di differenziare la disciplina dello scioglimento del contratto a seconda che lo stesso intervenga (per risoluzione per inadempimento) prima della dichiarazione di fallimento ovvero dopo tale momento (per decisione del curatore) pare, poi, confermato da quanto previsto proprio in tema di vendita con riserva della proprietà, ove si consideri che l’art. 73 LF., nel disciplinare gli effetti del fallimento del compratore in un contratto di vendita con riserva della proprietà, dopo aver previsto la facoltà di subentro del curatore nel contratto, dispone che qualora il curatore si sciolga dal contratto, il venditore deve restituire le rate di prezzo già riscosse, salvo il diritto ad un equo compenso per l’uso della cosa“: pare evidente che trattasi di una previsione (peraltro così introdotta nella norma in questione con il più recente intervento legislativo di cui all’art. 4 del D. Lgs. 12/9/2007 n. 169) del tutto identica a quella che, in generale, disciplina gli effetti della risoluzione del contratto di vendita con riserva della proprietà per inadempimento del compratore laddove, all’art. 1526 c.c., è previsto che “se la risoluzione del contratto ha luogo per l’inadempimento del compratore, il venditore deve restituire le rate riscosse, salvo il diritto a un equo compenso per l’uso della cosa, oltre al risarcimento dei danni“.
Per tali ragioni, ritenendo applicabile al caso di specie l’art. 72 quater L.F. e rilevato che la società di leasing aveva ricavato dalla vendita del bene un importo complessivamente inferiore al credito vantato nei confronti della fallita, il Tribunale ha rigettato la domanda del Fallimento, con una “sonora” condanna al pagamento delle spese nella misura di euro 19.000,00, attesa la manifesta infondatezza della tesi proposta dalla Curatela.
Testo del provvedimento
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Numero Protocolo Interno : 607/2015