ISSN 2385-1376
Testo massima
La disciplina di cui all’art. 2495 c.c., secondo la quale la cancellazione dal registro delle imprese determina l’estinzione della società, a seguito della riforma operata dal D. Lgs del 17 gennaio 2003, n. 6, è applicabile anche alle società di persone.
Si è espressa in questi termini la Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, con la sentenza n. 17631, depositata in data 04.09.2015.
Gli ermellini, muovendo dalla portata innovativa dell’art. 2495 c.c., così come riformato con il D. Lgs. n. 6 del 2003, ed alla luce delle sentenze delle Sezioni Unite del 22 febbraio 2010, nn. 4060, 4061 e 4062, hanno ribadito il principio di diritto (applicabile al caso di specie) in forza del quale, secondo una lettura costituzionalmente orientata della norma, alle società di persone è da ritenersi estendibile l’intero titolo V del libro V c.c. e quindi la novella introdotta all’art. 2495 c.c. dall’art. 4 d.lgs. n. 6/2003, ferma restando la natura dichiarativa della cancellazione dal registro delle imprese. La conseguenza di tale riforma è che la cancellazione della società di persone dal registro delle imprese e dunque la loro estinzione, si rende opponibile ai terzi negli stessi limiti temporali indicati per la perdita della personalità delle società di capitali e cooperative oggetto della riforma: contestualmente alla pubblicità, nell’ipotesi in cui essa sia stata effettuata successivamente all’entrata in vigore del D. L. n. 6 del 2003, o con decorrenza dall’1 gennaio 2004 nel caso in cui abbia avuto luogo in data anteriore (Cass. S.U. n. 4060/2010).
La causa che ha determinato il provvedimento in argomento, trova origine in una sentenza del 2009 emessa dalla Corte d’appello di Brescia, che aveva rigettato l’impugnazione proposta contro la sentenza di rigetto resa dal Tribunale di Bergamo. In particolare, l’appellante aveva proposto opposizione avverso una cartella di pagamento notificata nel maggio 2005 e con la quale era stato intimato il pagamento di una somma per contributi omessi e somme relative al periodo di imposta del gennaio 1993 al dicembre 1997. All’uopo, la Corte territoriale aveva ritenuto che la notificazione della cartella, eseguita nel giugno 2001 presso la sede legale della società in accomandita semplice di cui il contribuente era socio accomandatario, era valida, essendo irrilevante l’avvenuta cancellazione della società del registro delle imprese. Ne consegue che la mancata opposizione alla cartella nei termini di decadenza, aveva reso definitivo l’accertamento e preclusa la possibilità del socio di rimettere in discussione le questioni di merito. Avverso la sentenza il socio accomandatario proponeva ricorso per cassazione, con resistenza da parte della società di riscossione e dell’Istituto Nazionale di Previdenza Sociale. Il socio accomandatario contestava, nel merito, la debenza dell’importo portato dalla cartella esattoriale, notificata presso la sede legale della società nel 2001, successivamente alla cancellazione della stessa dal registro delle imprese.
La Suprema corte ha rigettato il ricorso, alla luce dei principi espressi dalle sentenze menzionate in incipit posto che, al momento della notificazione della cartella di pagamento (5/6/2001), la società doveva ritenersi ancora giuridicamente esistente, con tutti gli effetti conseguenti in ordine alla identificazione del luogo di notificazione della cartella di pagamento, correttamente avvenuta presso la sua sede legale, non operando l’effetto estintivo immediato della cancellazione se non a far data dal 1 gennaio 2004.
Testo del provvedimento
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