ISSN 2385-1376
Testo massima
A fronte dell’ipotesi di cui all’art. 67, comma 2, della legge fallimentare (R.D. n. 267 del 1942), l’onere di provare la scientia decoctionis da parte del contraente in bonis grava sul curatore. All’uopo, si precisa che il contraente in bonis non ha alcun obbligo giuridico di informarsi sulla situazione economica della controparte contrattuale, potendosi solo configurare presunzioni semplici di avvenuta assunzione di tali informazioni, basate su indizi gravi, precisi e concordanti secondo l’indispensabile apprezzamento del giudice di merito.
Questo il principio espresso dalla Corte di Cassazione, Sezione Prima, Pres. Ceccherini Rel. De Chiara, con sentenza n. 14584, depositata in data 13.07.2015.
Nel caso in esame, la Curatela del Fallimento proponeva ricorso per cassazione avverso la sentenza con cui la corte di merito, confermando le statuizioni della pronuncia di primo grado, aveva rigettato la domanda di revoca ex art. 67 l.f., relativamente ad un atto di vendita stipulato entro l’anno anteriore alla dichiarazione di fallimento della società venditrice.
In particolare, la Corte di Appello aveva motivato il rigetto del gravame ritenendo irrilevante “ai fini del giudizio di sproporzione tra le reciproche prestazioni delle parti, la circostanza che il prezzo pattuito fosse stato pagato solo parzialmente, poiché l’inadempimento dell’obbligazione di pagamento del prezzo rileva ai soli fini dell’azione di inadempimento o della risoluzione del contratto”. Insussistente, altresì, a parere della corte di merito, il requisito della scientia decoctionis da parte della società acquirente, non avendo il curatore fornito alcuna prova in tal senso e non essendo “il relativo accertamento esigibile dal normale acquirente di un immobile, la cui diligenza non può spingersi fino ad assumere informazioni sullo stato di salute del venditore”.
La Cassazione, motivando il rigetto del ricorso, ha preventivamente rilevato l’inammissibilità della domanda di simulazione, in quanto “la tesi della simulazione del prezzo, avanzata in ricorso, è del tutto nuova, e non può dirsi affatto implicita nella non plausibilità del pagamento in contanti di somme ingenti. L’accertamento della simulazione, invero, è domanda diversa dalla revocatoria, quindi andava dedotta espressamente”.
Il Collegio ha altresì radicalmente escluso la sussistenza del requisito soggettivo scientia decoctionis, ribaltando la tesi di parte ricorrente, secondo cui il relativo onus probandi competerebbe al contraente in bonis, gravato da “un vero e proprio obbligo di informazione sullo stato di salute dell’impresa con cui si trova a contrattare”.
Sul punto, la Cassazione ha chiarito l’insussistenza del predetto obbligo di informarsi a carico del contraente in bonis, non essendo quest’ultimo tenuto a raccogliere alcuna informazione sulla situazione economica della controparte contrattuale, gravando piuttosto la prova della scientia decoctionis sul curatore.
In conclusione, la Corte ha ritenuto che “gli elementi presuntivi indicati dal curatore (riduzione del capitale sociale per perdite, conseguente messa in liquidazione della società e omesso deposito dei bilanci 2000 e 20010), non consentissero di concludere che la società acquirente era informata della situazione economica della società venditrice. A ciò deve aggiungersi che neppure l’ulteriore elemento sottolineato nel ricorso – la presentazione, cioè, della domanda di concordalo preventivo il 4 ottobre 2001 – è decisivo, trattandosi di fatto successivo alla stipula del contratto di compravendita e dunque, per definizione, non conoscibile alla data del medesimo”.
Testo del provvedimento
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