ISSN 2385-1376
Testo massima
Al fine di verificare se un contratto di mutuo possa essere utilizzato quale titolo esecutivo, ai sensi dell’art. 474 c.p.c., occorre verificare, attraverso l’interpretazione di esso integrata con quanto previsto nell’atto di erogazione e quietanza o di quietanza a saldo ove esistente, se esso contenga pattuizioni volte a trasmettere con immediatezza la disponibilità giuridica della somma mutuata, e che entrambi gli atti, di mutuo e di erogazione, rispettino i requisiti di forma imposti dalla legge.
La realità del mutuo non si configura esclusivamente mediante la materiale e fisica traditio del denaro nelle mani del mutuatario, essendo sufficiente la creazione di un autonomo titolo di disponibilità in favore di quest’ultimo e la contestuale perdita della disponibilità delle somme mutuate in capo al soggetto finanziatore.
Sono questi i principi che la Corte di Cassazione ha espresso rifacendosi a propria consolidata giurisprudenza con sentenza del 27 agosto 2015 n.17194.
La questione controversa riguarda una vicenda che affonda le radici nel “lontano” 1986, anno in cui la società ricorrente concedeva un mutuo in marchi tedeschi ad altra società, assistito da garanzie fideiussorie, il cui importo veniva consegnato all’amministratore unico della società e da questi quietanzato.
Nello specifico, la complessiva operazione si componeva di un primo contratto di mutuo (qualificabile più correttamente come preliminare di mutuo ovvero come promessa di mutuo), seguito a distanza di 30 giorni da un separato atto di erogazione e quietanza.
A seguito di complesse vicende processuali intercorse tra la società mutuataria e la mutuante, quest’ultima interveniva in una procedura esecutiva a carico dei fideiussori per ottenere il pagamento del proprio credito, relativo alle rate del contratto di mutuo rimaste impagate, sulla base del titolo costituito dal contratto di mutuo e dal successivo atto di quietanza a saldo.
Successivamente, stante la rinunzia del creditore procedente, la mutuante proseguiva l’esecuzione, nonostante i vari tentativi senza esito di ottenere la sospensione, ad opera dei fideiussori esecutati.
In fase di appello dell’opposizione all’esecuzione promossa dai garanti, la Corte d’Appello di Lecce, in accoglimento dell’impugnazione, affermava che la mutuante non fosse dotata di idoneo titolo esecutivo, non costituendo autosufficiente titolo esecutivo il contratto di mutuo prodotto, in quanto avente natura di mutuo di scopo, o di contratto condizionato di finanziamento, non integrante la prova di un credito certo, liquido ed esigibile.
Il tema, oggetto poi del ricorso per cassazione che ha originato la sentenza in esame, è quello dell’idoneità del mutuo a costituire di per sé titolo esecutivo, quando non accompagnato dalla contesuale e materiale (come nella generalità dei casi, ormai) consegna delle somme, ma eventualmente integrato da un atto di erogazione e quietanza che attesti la virtuale traditio dell’importo mutuato.
Come noto, l’art.474 c.p.c. dispone che l’esecuzione forzata non possa aver luogo che in virtù di un titolo esecutivo, per un diritto certo, liquido ed esigibile.
La tradizionale “realità” del contratto di mutuo, considerati i tempi della “dematerializzazione” dei valori mobiliari e della loro sostituzione con annotazioni contabili, non sembra però messa in discussione dalla Cassazione, la quale ha tradizionalmente affermato la “consegna” resta elemento costitutivo del contratto, ma questa non si configura più solo come materiale e fisica traditio del denaro nelle mani del mutuatario, essendo sufficiente che questi ne acquisisca la diponibilità giuridica.
In altri termini, la consegna si atteggia quale creazione di un autonomo titolo di disponibilità giuridica in capo al mutuatario.
Né inficia tale ragionamento la circostanza che il contratto di mutuo non contenga in sé la prova della consegna delle somme, ma sia integrato da successivo atto di erogazione e quietanza.
Proprio su questo punto gli Ermellini si sono pronunciati nel senso che “l’esistenza di un separato atto di quietanza non è di per sé indice inequivoco di una semplice promessa di dare a mutuo o comunque di un contratto di mutuo di natura consensuale e non reale [in quanto], per poter verificare se il contratto in esame abbia o meno natura reale, esso non può essere esaminato atomisticamente ma deve essere esaminato e interpretato congiuntamente agli altri atti accessori, che realizzano concretamente ed operativamente il conferimento ad altri della disponibilità giuridica attuale di una somma di denaro da parte del mutuante, ovvero, come nel caso esaminato da Cass. n. 18325 del 2014 e nel presente, congiuntamente con l’atto di quietanza”.
Nelle righe della decisione, tuttavia, traspare la necessità di distinguere due piani differenti: da un lato, quello relativo alla realità del mutuo ed all’idoneità della separata quietanza a costituire elemento perfezionativo del contratto e, dall’altro, quello relativo all’idoneità del contratto di mutuo così perfezionato a costituire titolo esecutivo ex art. 474 cpc.
Sul punto non può farsi a meno di notare come la Cassazione richiami precisi criteri affinché possa dirsi integrata la c.d. traditio, quando afferma che “il conseguimento della giuridica disponibilità della somma mutuata da parte del mutuatario, può ritenersi sussistente, come equipollente della traditio, nel caso in cui il mutuante crei un autonomo titolo di disponibilità in favore del mutuatario, in guisa tale da determinare l’uscita della somma dal proprio patrimonio e l’acquisizione della medesima al patrimonio di quest’ultimo, ovvero quando, nello stesso contratto di mutuo, le parti abbiano inserito specifiche pattuizioni, consistenti nell’incarico che il mutuatario dà al mutuante di impiegare la somma mutuata per soddisfare un interesse del primo (cfr. già Cass. 12 ottobre 1992, n. 11116 e 15 luglio 1994, n. 6686; nonchè Cass. n. 2483 del 2001, Cass. 5 luglio 2001, n. 9074 e 28 agosto 2004, a 17211; e, da ultimo, Cass. 3 gennaio 2011, n. 14)”.
In altri termini, non qualunque traditio “virtuale” consente di configurare la realità propria del mutuo, ma solo quella che rispetti requisiti tali da ritenere che sia certa la creazione di un autonomo titolo di disponibilità giuridica in favore del mutuatario.
Nell’aderire all’orientamento già espresso in Cass. Civ. n. 18325 del 2014, la Suprema Corte indica altresì gli elementi essenziali perché possa ritenersi rispettata la realità propria del contratto di mutuo (interpretato unitariamente con gli eventuali atti integrativi), ritenendo corretta l’opzione ermeneutica del giudice di merito che abbia fatto riferimento “alla somma erogata, alle modalità e ai tempi di restituzione, alla misura degli interessi”.
Dunque, in assenza della precisa indicazione di tali ultimi elementi, deve ritenersi il contratto inidoneo a sorreggere autonomamente l’esecuzione forzata.
In definitiva, il principio di diritto al quale deve ispirarsi il giudice di merito, al fine di poter valutare se un contratto di mutuo possa essere utilizzato quale titolo esecutivo, ai sensi dell’art. 474 c.p.c., è la verifica, attraverso l’interpretazione del contratto di mutuo, integrata con quanto previsto nell’atto di erogazione e quietanza o di quietanza a saldo ove esistente, se esso contenga pattuizioni volte a trasmettere con immediatezza la disponibilità giuridica della somma mutuata, e che entrambi gli atti, di mutuo e di erogazione, rispettino i requisiti di forma imposti dalla legge.
Tanto (e qui il cerchio si chiude) al fine di rispettare la stessa normativa cardine in materia di esecuzione forzata, ovverosia il già richiamato art. 474 cpc e verificare se effettivamente il contratto azionato dal creditore possa o meno incorporare o fornire la prova di un credito “certo, liquido ed esigibile“.
Per ritornare al caso di specie, in estrema sintesi, è palese che ciò che testualmente le parti definivano come contratto di mutuo, ma che più correttamente poteva qualificarsi solo come “promessa di mutuo” o “preliminare di mutuo”, non sarebbe stato di per sé idoneo a sorreggere l’esecuzione forzata, in mancanza del successivo e specifico atto di erogazione e quietanza, che gli Ermellini hanno ritenuto contrariamente a quanto affermato dalla Corte d’Appello doversi interpretare congiuntamente al primo, costituendo così un valido titolo esecutivo ai sensi e per gli effetti dell’art. 474 c.p.c., proprio in quanto, in mancanza della specifica prova dell’erogazione, il contratto di mutuo non poteva neppure dirsi validamente perfezionato nella sua “realità“.
Sulla base delle esposte argomentazioni, la Corte ha pertanto accolto il ricorso della banca procedente, rinviando alla Corte d’Appello per la decisione nel merito.
Testo del provvedimento
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