ISSN 2385-1376
Testo massima
Si ringraziano per la segnalazione gli avvocati Renzo Ristuccia e Angelo Petrone
Il danno conseguente al default delle obbligazioni Argentina può considerarsi eziologicamente connesso all’omissione di un obbligo informativo solo se può dirsi accertato che la diversa informazione non resa dall’intermediario era in concreto nella disponibilità di quest’ultimo e non risulta, anche in via presuntiva, che anche se avesse avuto l’informazione, il cliente avrebbe comunque effettuato l’operazione.
Questo il principio affermato dalla Corte di Appello di Roma, Sezione Terza, Pres. Tirelli – Rel. Pinto, con la sentenza n. 4611 dell’8 luglio 2014.
Nel caso di specie, l’appellante agiva in giudizio, censurando l’impugnato provvedimento, lamentando la violazione, da parte del Tribunale, delle regole in materia di onere della prova con riferimento al nesso eziologico in tema d’intermediazione finanziaria.
Il Giudice di appello ha ricordato l’insegnamento della Suprema Corte secondo cui “in tema d’intermediazione finanziaria, la violazione dei doveri d’informazione del cliente e di corretta esecuzione delle operazioni che la legge pone a carico dei soggetti autorizzati alla prestazione dei servizi d’investimento finanziari, può dar luogo a responsabilità contrattuale, ove si tratti di violazioni riguardanti le operazioni d’investimento o disinvestimento. Pertanto, è sufficiente che l’investitore alleghi da parte dell’intermediario l’inadempimento delle obbligazioni poste a suo carico dall’art. 21 del d.lgs. n. 58 del 1998 (integrato dalla normativa secondaria), e che provi che il pregiudizio lamentato consegua a siffatto inadempimento; l’intermediario ha invece l’onere di provare d’aver rispettato i dettami di legge e di avere agito con la specifica diligenza richiesta” (cfr. Cass. civ. Sez. I, 29/10/2010, n. 22147).
Nello specifico, il Giudice ha ritenuto che il danno conseguente al default delle obbligazioni Argentina sia da considerarsi eziologicamente connesso all’omissione di un obbligo informativo solo se possa dirsi accertato che la diversa informazione non resa dall’intermediario fosse in concreto nella disponibilità di quest’ultimo e non risulti, anche in via presuntiva, che se anche avesse avuto tale informazione, il cliente avrebbe comunque effettuato l’operazione.
Ebbene, nella fattispecie il giudicante ha rigettato le censure del cliente appellante, ritenendo, alla luce delle prodotte allegazioni, che lo stesso avrebbe effettuato comunque l’investimento e tanto sulla scorta di alcuni elementi univoci, precisi e concordanti:
1) lo stesso giorno degli investimenti in titoli di Stato argentino, il cliente investì in titoli di Stato brasiliani che avevano un rating inferiore a quelli argentini;
2) il cliente si era dichiarato soggetto in possesso di una media preparazione finanziaria e di una discreta propensione al rischio (elementi tali da escludere il nesso di causalità tra una corretta informazione e l’investimento);
3) nel settembre 2000 (data dell’acquisto dei titoli argentini) il rischio di insolvenza non si era ancora manifestato e la banca non era in possesso di informazioni che facessero presagire il default.
Sulla scorta delle suesposte argomentazioni, il Tribunale, in accoglimento dell’appello proposto dalla banca, ha condannato il cliente a restituire all’istituto di credito quanto percepito in virtù dell’impugnata sentenza.
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