ISSN 2385-1376
Testo massima
L’art. 345 c.p.c., comma 3, (nel testo introdotto dalla L. 26 novembre 1990, n. 353, art. 52, con decorrenza dal 30 aprile 1995), deve essere interpretato nel senso che i documenti allegati alla richiesta di decreto ingiuntivo, anche qualora non siano stati nuovamente prodotti nella fase di opposizione, non possono essere considerati nuovi e pertanto, se allegati all’atto di appello contro la sentenza che ha definito il giudizio di primo grado, devono essere ritenuti ammissibili.
Il divieto di proporre prove nuove in appello mira a limitare a situazioni del tutto circoscritte, e idonee a giustificare il ritardo, la produzione di documenti sino a quel momento mai sottoposti al contraddittorio delle parti ed alla valutazione del giudice. Non vi sarebbe ragione, in questa logica, di estendere il divieto a documenti in precedenza già prodotti.
I principi costituzionali del giusto processo e della sua ragionevole durata implicano, come già sottolineato dalla Cassazione nella sentenza 23 dicembre 2005, n. 28498, che le prove acquisite al processo, lo siano in via definitiva. Tali prove non devono essere disperse. Ciò vale anche per i documenti: una volta prodotti ed acquisiti ritualmente al processo, devono essere conservati alla cognizione del giudice.
Il principio, che può essere definito “di non dispersione della prova” una volta che questa sia stata acquisita al processo, implica, con specifico riferimento al procedimento per decreto ingiuntivo, che i documenti allegati al ricorso, in base ai quali sia stato emesso il decreto, devono rimanere nella sfera di cognizione del giudice anche nella, eventuale, fase di opposizione, che completa il giudizio di primo grado. Anche qualora lo sviluppo processuale non abbia seguito questo ragionevole ordine e la fase di opposizione si sia conclusa con una decisione che non abbia potuto tener conto dei documenti prodotti con la richiesta di decreto ingiuntivo, tali documenti, se allegati all’atto di appello, non possono essere considerati nuovi, quindi non sono soggetti al divieto sancito dall’art. 345 c.p.c., ed è ammissibile la loro produzione in secondo grado.
Un’interpretazione restrittiva che escluda, in caso di giudizio di primo grado bifasico, documenti prodotti nella prima fase e non riprodotti nell’opposizione, comporterebbe una modifica del contenuto della norma non consentita all’interprete.
Questi i principi affermati dalla Corte di Cassazione, Sezioni Unite, Pres. Rovelli Rel. Curzio, con la sentenza n. 14475, depositata in data 10.07.2015.
Nel caso de quo, la società Alfa otteneva un decreto ingiuntivo nei confronti della Società Beta in relazione al credito vantato per il mancato pagamento di alcune forniture. La società ingiunta spiegava opposizione ed il relativo giudizio si concludeva con la revoca dell’opposto provvedimento, avendo il Tribunale rilevato che “non risultavano nuovamente depositati i documenti posti a fondamento della richiesta“.
Avverso la sentenza del Tribunale, proponeva appello la società ingiungente, ottenendo in riforma delle statuizioni del Giudice di prime cure il rigetto dell’opposizione e la condanna alle spese della società opponente. In particolare, la Corte di merito, pur ritenendo che i documenti (integranti il fascicolo monitorio ma non prodotti nel giudizio di opposizione), dovessero considerarsi nuovi e dunque inammissibili in appello, precisava che “poiché i documenti in questione sono chiaramente indispensabili al fine della decisione, è consentito al giudice di appello di valutarli“.
All’esito del secondo grado di giudizio, la società ingiunta proponeva dunque ricorso per cassazione, deducendo, tra gli altri motivi, la violazione degli artt. 345 e 188 c.p.c., “per avere la Corte ammesso la tardiva produzione del fascicolo della fase monitoria in quanto l’art. 345 c.p.c., non può essere utilizzato per sanare preclusioni e decadenze già verificatesi nel primo grado di giudizio“.
Con specifico riguardo a tale motivo, venivano dunque investite le Sezioni Unite della Suprema Corte, allo scopo di dirimere un conflitto giurisprudenziale insorto tra le Sezioni semplici.
Due, in sintesi, i profili problematici risolti con la pronuncia in commento. Il primo “riguarda il carattere ‘nuovo’ o meno della produzione in appello di documenti che erano stati in origine depositati con il ricorso per ingiunzione, ma non erano stati nuovamente depositati nel corso del giudizio di opposizione“, mentre il secondo, “che si pone qualora il primo si risolva nel senso della novità e conseguente inammissibilità dei documenti, consiste nello stabilire se tali documenti possano essere considerati indispensabili, posto che anche sul concetto di indispensabilità della prova ai fini della decisione, vi è contrasto di orientamenti“.
Preliminarmente, le Sezioni Unite hanno operato un opportuno rinvio alla versione dell’art. 345 c.p.c., applicabile al caso di specie, ossia quella introdotta dalla L. 26 novembre 1990, n. 353, art. 52, come modificata dalla L. 26 novembre 2009, n. 69, art. 58, comma 2, secondo cui (nel giudizio di appello), “non sono ammessi nuovi mezzi di prova e non possono essere prodotti nuovi documenti, salvo che il collegio non li ritenga indispensabili ai fini della decisione della causa ovvero che la parte dimostri di non aver potuto proporli o produrli nel giudizio di primo grado per causa ad essa non imputabile. Può sempre deferirsi il giuramento decisorio“.
Nel caso in esame, giova ribadirlo, la Corte di merito aveva posto a fondamento della propria decisione, ritenendoli fondamentali nonostante la censura di inammissibilità, i documenti già prodotti in allegato alla richiesta di decreto ingiuntivo, ma non riproposti nel successivo giudizio di opposizione.
L’ordinanza di rimessione prospettava le divergenti posizioni delle Sezioni semplici, dapprima riportando il principio di diritto ribadito in tre pronunce secondo cui “la documentazione prodotta con il ricorso per ingiunzione è destinata, per effetto dell’opposizione al decreto e della trasformazione in giudizio di cognizione ordinaria, ad entrare nel fascicolo del ricorrente, restando a carico della parte opposta l’onere di costituirsi in giudizio depositando il fascicolo contenete i documenti offerti in comunicazione. Ne consegue che in difetto di produzione, questi ultimi non entrano a far parte del fascicolo d’ufficio e il giudice non può tenerne conto“.
Di poi, l’opposto orientamento espresso dalla Cassazione con la sentenza n. 11817/2011, che ha invece affermato che “il procedimento che si apre con la presentazione del ricorso per decreto ingiuntivo e si chiude con la notifica del decreto stesso non è autonomo rispetto a quello che si apre con l’opposizione; ne consegue che nel giudizio di opposizione, ove la parte opposta non abbia allegato al fascicolo nel termine di cui all’art. 184 c.p.c., la documentazione posta a fondamento del ricorso monitorio, tale documentazione può essere utilmente prodotta in appello, non potendosi considerare nuova (principio enunciato in relazione al testo dell’art. 345 c.p.c., novellato nel 1990, applicabile ratione temporis)“.
È tale ultimo orientamento che hanno inteso condividere le Sezioni Unite con la pronuncia in commento, precisando che la “formula ampia scelta dal legislatore induce a ritenere che i documenti devono essere nuovi rispetto all’intero processo. Ciò significa che non devono essere mai stati prodotti in precedenza”, mentre “i documenti prodotti in allegato alla richiesta di decreto ingiuntivo e rimasti a disposizione della controparte (quanto meno) sino alla scadenza del termine per proporre opposizione (in base a quanto disposto dall’art. 638 c.p.c., comma 3) e quindi esposti al contraddittorio delle parti, non possono essere qualificati nuovi nei successivi sviluppi del processo“.
Ne deriva, dunque, che “qualora la fase di opposizione si sia conclusa con una decisione che non abbia potuto tener conto dei documenti prodotti con la richiesta di decreto ingiuntivo, tali documenti, se allegati all’atto di appello, non possono essere considerati nuovi, quindi non sono soggetti al divieto sancito dall’art. 345 c.p.c., ed è ammissibile la loro produzione in secondo grado“.
Il conclusione, le Sezioni Unite hanno risolto i sopra richiamati contrasti precisando che “l’art. 345 c.p.c., comma 3, (nel testo introdotto dalla L. 26 novembre 1990, n. 353, art. 52, con decorrenza dal 30 aprile 1995), deve essere interpretato nel senso che, i documenti allegati alla richiesta di decreto ingiuntivo, anche qualora non siano stati nuovamente prodotti nella fase di opposizione, non possono essere considerati nuovi e pertanto, se allegati all’atto di appello contro la sentenza che ha definito il giudizio di primo grado, devono essere ritenuti ammissibili“.
Testo del provvedimento
SEGNALA UN PROVVEDIMENTO
COME TRASMETTERE UN PROVVEDIMENTONEWSLETTER - ISCRIZIONE GRATUITA ALLA MAILING LIST
ISCRIVITI ALLA MAILING LIST© Riproduzione riservata
NOTE OBBLIGATORIE per la citazione o riproduzione degli articoli e dei documenti pubblicati in Ex Parte Creditoris.
È consentito il solo link dal proprio sito alla pagina della rivista che contiene l'articolo di interesse.
È vietato che l'intero articolo, se non in sua parte (non superiore al decimo), sia copiato in altro sito; anche in caso di pubblicazione di un estratto parziale è sempre obbligatoria l'indicazione della fonte e l'inserimento di un link diretto alla pagina della rivista che contiene l'articolo.
Per la citazione in Libri, Riviste, Tesi di laurea, e ogni diversa pubblicazione, online o cartacea, di articoli (o estratti di articoli) pubblicati in questa rivista è obbligatoria l'indicazione della fonte, nel modo che segue:
Autore, Titolo, in Ex Parte Creditoris - www.expartecreditoris.it - ISSN: 2385-1376, anno
Numero Protocolo Interno : 407/2015