ISSN 2385-1376
Testo massima
Il tracollo di Lehman Brothers fu un evento del tutto imprevedibile per gli istituti di credito, poiché l’unico indice universalmente valido per apprezzare il grado di rischio era il rating e questo aveva continuato a segnalare la stabilità finanziaria della banca fino a poco prima della dichiarazione della crisi.
Con riferimento ad un acquisto di obbligazioni Lehman Brothers effettuato nell’aprile 2008, la stabilità del prezzo, il rating positivo he era stato attribuito dalle agenzie e la loro limitata durata, sono tutti elementi che rendevano attendibile la previsione che, alla loro scadenza, la somma investita per acquistarle potesse essere restituita.
A fronte di questi elementi, grava sull’investitore attore l’onere di provare che, all’epoca dell’operazione di investimento, il mercato e quindi l’intermediario, disponessero di informazioni ulteriori sulla situazione finanziaria della Lehman Brothers che potessero far presagire il suo default.
Questi i principi affermati dal Tribunale di Vercelli, dott.ssa Maria Elena Ballarini, con la sentenza n. 369, depositata in data 12.06.2015, in tema di obbligazioni Lehman Brothers ed obblighi di informativa ex artt. 28 e 29 Reg. Consob. n. 11522/1998.
I. La questione, da cui origina la pronuncia in commento, si affianca alle numerose altre in tema di investimenti ad alto rischio aventi ad oggetto le obbligazioni emesse dalla famosa Lehman Brothers Holding Inc., società d’affari statunitense operativa in 20 paesi esteri con circa 47 filiali che, nel settembre 2008, fece istanza di accesso alla procedura del chapter 11 (procedura di “fallimento pilotato” prevista dalla legge statunitense), dichiarando la propria insolvenza ed entrando nella fase acuta della crisi sub-prime a livello mondiale.
Nel caso di specie, l’investitore chiedeva, in via principale, la declaratoria di nullità o annullabilità del contratto di investimento stipulato con la banca convenuta e, in via subordinata, il risarcimento dei danni patiti in conseguenza degli inadempimenti posti in essere dalla stessa.
II. Preliminarmente, il giudice adito ha dichiarato infondata la tesi attorea che qualificava la negoziazione in contropartita diretta quale ipotesi di conflitto di interessi, circostanza non specificata dalla banca in sede di contrattazione.
Facendo riferimento a numerose pronunce di legittimità e merito, il Tribunale ha chiarito che la negoziazione in contropartita diretta non costituisce di per sé conflitto di interessi, rappresentando una delle modalità previste dall’art. 1, comma V, lettera a) del D. Lgs. 52/1998 – Testo Unico della Finanza – con le quali l’intermediario dà corso agli ordini di acquisto o di vendita di strumenti finanziari come impartiti dal cliente.
A soli fini esplicativi, si precisa che la procedura in contropartita diretta consiste in una modalità di negoziazione per conto proprio mediante la quale l’intermediario, su ordine del cliente, vende allo stesso strumenti finanziari di sua proprietà, ossia già presenti nel proprio portafoglio.
A parere della giurisprudenza maggioritaria, tale tipo di negoziazione potrebbe configurare un’ipotesi di conflitto di interessi solo allorquando sia finalizzata alla dismissione di giacenze palesemente sovrabbondanti nel portafoglio della banca.
III. Nel merito, quanto alla domanda di nullità del contratto di investimento, fondata sulla presunta violazione degli obblighi imposti dagli artt. 28 e 29 del Reg. Consob, il giudice adito ne ha dichiarato l’infondatezza.
In particolare, l’art. 28 del regolamento sopra citato stabilisce che gli intermediari debbano chiedere all’investitore informazioni circa:
– la proprie esperienza in materia di investimenti in strumenti finanziari;
– gli obiettivi di investimento;
– la propensione al rischio.
L’art. 29, invece, vieta agli intermediari di effettuare, con o per conto del cliente, operazioni non adeguate per tipologia, oggetto, frequenza o dimensione.
Nel caso in esame, stanti le risultanze della istruttoria conclusa, il Tribunale non ha rilevato alcuna violazione delle suddette disposizioni normative, risultando dai documenti prodotti, viceversa, fornita dall’intermediario ogni informazione in proprio possesso.
IV. Sempre nel merito, quanto all’obbligo di informativa continuata e periodica che, a detta dell’attore, sarebbe stato violato dalla banca convenuta, avendo essa avvertito l’investitore del rischio di default della Lehman solo nel settembre 2008 pur essendo già in possesso di informazioni utili a prevederlo, il giudice adito ha dichiarato l’infondatezza della doglianza sul punto.
Ed invero, come copiosa giurisprudenza ribadisce, l’unico indice universalmente valido per valutare il grado di rischio di un titolo è il rating che, nel caso Lehman Brothers, è risultato particolarmente elevato (A+) sino al 16.9.2008, data del default, da qui la qualificazione del tracollo della società in termini di evento del tutto imprevedibile.
Per approfondimenti, si rinvia ai seguenti contributi pubblicati in Rivista:
LEHMAN: NON ERA POSSIBILE INFORMARE I RISPARMIATORI DI UN EVENTO NON PREVEDIBILE!
NON VI È STATA ALCUNA VIOLAZIONE DELL’OBBLIGO DI INFORMAZIONE NÉ ORIGINARIO NÉ SUCCESSIVO
Sentenza | Tribunale di Udine, dott.ssa Annamaria Zuliani | 01-04-2014 | n.558
LEHMAN: NON SUSSISTE RESPONSABILITÀ DELL’INTERMEDIARIO PER L’IMPREVEDIBILITÀ DEL DEFAULT NEL MARZO 2007
LA “GARANZIA” PATTI CHIARI PREVEDEVA L’OBBLIGO DI AVVISARE IL CLIENTE SOLO PER DECLASSAMENTO AL DI SOTTO DI A-
Sentenza | Tribunale di Firenze, dott. Ludovico Delle Vergini | 20-02-2014 | n.587
LEHMAN: NEL GENNAIO 2007, L’ACQUISTO DEI PRODOTTI LEHMAN SI PRESENTAVA ADEGUATO IN CONSIDERAZIONE DELL’ALTO RATING!
DIVERSAMENTE OPINANDO SI VERIFICHEREBBE UN’IPOTESI RESPONSABILITÀ OGGETTIVA
Sentenza | Tribunale di Treviso, Pres. Fabbro – Est. Passarelli | 14-03-2013
Testo del provvedimento
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