ISSN 2385-1376
Testo massima
In tema di contratti di intermediazione mobiliare, ai fini dell’appartenenza del soggetto, che stipula il contratto con l’intermediario finanziario, alla categoria degli operatori qualificati, è sufficiente l’espressa dichiarazione per iscritto da parte dello stesso (società o persona giuridica) di disporre della competenza ed esperienza richieste in materia di operazioni in valori mobiliari (…) la quale esonera l’intermediario dall’obbligo di ulteriori verifiche, in mancanza di elementi contrari emergenti dalla documentazione in suo possesso; pertanto, salvo allegazioni contrarie in ordine alla discordanza tra contenuto della dichiarazione e situazione reale, tale dichiarazione può costituire argomento di prova che il giudice può porre alla base della propria decisione, ex art. 116 c.p. e., anche come unica fonte di prova, restando a carico di chi detta discordanza intenda dedurre l’onere di provare circostanze specifiche dalle quali desumere la mancanza di detti requisiti e la conoscenza da parte dell’intermediario delle circostanze medesime o almeno la loro agevole conoscibilità in base ad elementi obiettivi di riscontro.
Non è possibile desumere l’assenza dei requisiti di competenza ed esperienza richiesti dall’art. 31 Reg. Consob dal fatto che, se l’investitore avesse posseduto tali requisiti, non si sarebbe esposto a una perdita sicura, conseguente alla negoziazione in derivati, a fronte di un utile pressoché certo per la banca; tali deduzioni costituiscono valutazioni sulla natura e sugli effetti del contratto, e non circostanze di fatto, conosciute e conoscibili dalla banca, da cui poter desumere che l’investitore non fosse in realtà in possesso di quell’esperienza necessaria per comprendere appieno le finalità e i gravi rischi di operazioni sofisticate come quelle in derivati.
Questi gli interessanti principi affermati dalla Corte d’Appello di Bologna, Sezione Seconda, Pres. Colonna Rel. Ferrigno, con la sentenza del 23 gennaio 2015, n. 112.
Nel caso di specie, una società appellava la sentenza del Tribunale di Parma che, accertata l’appartenenza dell’attrice alla categoria degli “operatori qualificati” ex art. 38 Reg. Consob n. 11522/1998, respingeva la domanda di inesistenza e/o nullità del contratto di “Sunrise Swap” a durata quinquennale stipulato dalla società.
In particolare, la società appellante censurava la sentenza di prime cure nella parte in cui il Tribunale accertava l’appartenenza della società alla categoria degli operatori qualificati ex art. 31 Reg. Consob n.11522/1998.
I giudici hanno richiamato l’insegnamento della Suprema Corte secondo cui “in tema di contratti di intermediazione mobiliare, ai fini dell’appartenenza del soggetto, che stipula il contratto con l’intermediario finanziario, alla categoria degli operatori qualificati, è sufficiente l’espressa dichiarazione per iscritto da parte dello stesso (società o persona giuridica) di disporre della competenza ed esperienza richieste in materia di operazioni in valori mobiliari (…) la quale esonera l’intermediario dall’obbligo di ulteriori verifiche, in mancanza di elementi contrari emergenti dalla documentazione in suo possesso; pertanto salvo allegazioni contrarie in ordine alla discordanza tra contenuto della dichiarazione e situazione reale, tale dichiarazione può costituire argomento di prova che il giudice può porre alla base della propria decisione, ex art. 116 c.p. e., anche come unica fonte di prova, restando a carico di chi detta discordanza intenda dedurre l’onere di provare circostanze specifiche dalle quali desumere la mancanza di detti requisiti e la conoscenza da parte dell’intermediario delle circostanze medesime o almeno la loro agevole conoscibilità in base ad elementi obiettivi di riscontro” (Cass.n.12138/2009).
Come noto, ai sensi dell’art.31, 2° co., Reg. Consob, nel testo vigente ratione temporis, nell’ambito della categoria degli operatori qualificati è compresa “ogni società o persona giuridica in possesso di una specifica competenza ed esperienza in materia di operazioni in strumenti finanziari espressamente dichiarata per Iscritto dal legale rappresentante“.
Ebbene, la società, in persona del legale rappresentante, ebbe (a più riprese) a firmare, sotto la sua responsabilità, una dichiarazione in base alla quale “la predetta società possiede una specifica competenza ed esperienza in materia di operazioni in strumenti finanziari“; tale dichiarazione è del tutto conforme alla c.d. dichiarazione autoreferziale richiesta dal citato art. 31. per cui i Giudici d’appello hanno ritenuto che la società fosse consapevole delle finalità e della portata della citata norma.
In applicazione di tali principi la Corte ha poi ritenuto che la società non avesse soddisfatto l’onere probatorio come delineato dalla S.C., non avendo allegato alcuna circostanza specifica dalla quale desumere la mancanza del dichiarato requisito della competenza ed esperienza in materia di operazioni in valori mobiliari.
Parte appellante deduceva, invece, che se la società “fosse stata per davvero operatore qualificato (
) non avrebbe di certo negoziato i prodotti derivati in questione“.
Ebbene, la Corte ha disatteso tale argomentazione, affermando che non è possibile desumere l’assenza dei requisiti di competenza ed esperienza richiesti dal suddetto articolo 31 dal fatto che, se l’investitore avesse posseduto tali requisiti, non si sarebbe esposto a una perdita sicura, conseguente alla negoziazione in derivati, a fronte di un utile pressoché certo per la banca.
Queste sono, infatti, valutazioni sulla natura e sugli effetti del contratto, e non circostanze di fatto, conosciute e conoscibili dalla banca, da cui poter desumere che l’investitore non fosse in realtà in possesso di quell’esperienza necessaria per comprendere appieno le finalità e i gravi rischi di operazioni sofisticate come quelle in derivati.
Ennesima “doccia fredda” per gli investitori in derivati che intendono far ricadere sull’intermediario le conseguenze del cattivo esito dell’operazione finanziaria.
Testo del provvedimento
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Numero Protocolo Interno : 377/2015