ISSN 2385-1376
Testo massima
IL CASO
Il nuovo art. 120 TUB, secondo comma, sarebbe immediatamente operativo anche in assenza della delibera CICR volta a chiarirne modalità e limiti di applicazione.
La formulazione non brillante della norma, la necessità di attendere l’interpretazione della stessa da parte del ceto bancario e l’opportunità di attendere la delibera attuativa del CICR giustificano l’inerzia delle associazioni dei consumatori e non escludono l’accesso alla tutela d’urgenza.
Questa è stata la decisione del Tribunale di Cuneo, con provvedimento del 30 giugno 2015, in accoglimento del ricorso di una associazione dei consumatori ai sensi dell’art. 139 Codice del Consumo (CdC), al fine di inibire alla Banca convenuta di proseguire nella capitalizzazione trimestrale degli interessi passivi, asseritamente in violazione del disposto del “nuovo” art. 120 t.u.b.
La nuova disciplina, introdotta con la legge n. 147/2013 (“legge di stabilità” per il 2014) ha testualmente previsto:
“Il CICR stabilisce modalità e criteri per la produzione di interessi nelle operazioni poste in essere nell’esercizio dell’attività bancaria, prevedendo in ogni caso che:
a) nelle operazioni in conto corrente sia assicurata, nei confronti della clientela, la stessa periodicità nel conteggio degli interessi sia debitori sia creditori;
b) gli interessi periodicamente capitalizzati non possano produrre interessi ulteriori che, nelle successive operazioni di capitalizzazione, sono calcolati esclusivamente sulla sorte capitale”)“.
Si discute se la nuova disciplina sia immediatamente operativa (e quindi in vigore dal primo gennaio 2014), oppure se la stessa potrà entrare in vigore solo dopo una nuova delibera CICR, che vada a sostituire la nota normativa regolamentare del 9 febbraio 2000.
Nel caso in esame, il Tribunale ha propeso per assegnare alla norma una portata immediatamente precettiva, pur evidenziando in parte motiva le contraddizioni sottese ad una formulazione poco chiara e, per certi versi, “infelice“.
L’immediata vigenza viene motivata sulla scorta di un’argomentazione meramente formale sulla gerarchia delle fonti dell’ordinamento, in virtù della quale appare impossibile ad avviso del giudice piemontese continuare a ritenere vigente la delibera CICR del 9.2.2000, dal momento in cui sia stata emanata una norma primaria incompatibile, benché sia la legge stessa a demandare nuovamente al Comitato Interministeriale per il Credito ed il Risparmio il compito di chiarire modalità e limiti applicativi del nuovo art. 120, secondo comma, TUB.
La disposizione appena citata sancirebbe, in altri termini, un divieto assoluto di applicazione di interessi anatocistici.
Così andrebbe interpretata l’espressione “gli interessi periodicamente capitalizzati non possano produrre interessi ulteriori che, nelle successive operazioni di capitalizzazione, sono calcolati esclusivamente sulla sorte capitale“, nonostante sia lo stesso magistrato ad ammettere “la formulazione non brillante della norma” e che il lemma “capitalizzazione” sia quello più difficile da interpretare.
Il termine viene però inteso dal giudice piemontese come sinonimo di “conteggio” (utilizzato al periodo precedente dell’articolo, sub a) “calcolo, operazione di identificazione di una unità numerica contabile per frazione di tempo”.
Dunque il legislatore avrebbe voluto intendere che “le operazioni di conteggio degli interessi potranno essere determinate, nel rispetto della pari periodicità, secondo cadenze temporali, ma che ad ogni ‘scadenza’ tali interessi non possano capitalizzarsi ma debbano essere sempre computati sul solo capitale“.
Ciò renderebbe superflua, al fine di attribuire alla norma efficacia precettiva, l’adozione di una successiva delibera CICR, che non potrebbe in ogni caso “reintrodurre” l’anatocismo.
Ciò motivato in termini di “fumus boni juris“, il “periculum in mora” è stato poi ravvisato per la verità piuttosto acriticamente, in adesione alle note ordinanze milanesi del 3 e 4 aprile 2015 nella necessità di tutela tempestiva ed effettiva rispetto al “protrarsi di situazioni contrarie alla legge” e rispetto alla “possibile ‘cristallizzazione’ di danni che l’attesa del procedimento ordinario indubbiamente aggraverebbe“.
Sulla base di tali presupposti, il Tribunale ha accolto il ricorso proposto dall’associazione dei consumatori, facendo divieto alla banca convenuta di dar corso a qualsiasi capitalizzazione degli interessi passivi sui contratti di conto corrente (già in essere o ancora da stipulare ), nonché di provvedere alla pubblicazione del provvedimento sui principali quotidiani e sul proprio sito web, con una pesante condanna alle spese per l’istituto di credito.
IL COMMENTO
Nella oscillazione giurisprudenziale di questi mesi circa l’immediata applicabilità dell’art.120, secondo comma, TUB, si fa fatica a non sottolineare i punti critici di una pronuncia che, per la nettezza delle sue conclusioni, stride con l’oscurità della norma e fa trapelare un possibile “sentimento antibancario” in un quadro normativo complesso e complicato, ove il giudicante non ha in alcun modo considerato il funzionamento del sistema bancario, limitandosi ad un esame parziale del problema, senza alcuna visione concreta e reale del sistema economico.
L’aspetto più curioso è quello relativo alla contraddittoria valutazione del “periculum in mora”, laddove la banca aveva dedotto che l’associazione ricorrente, avendo atteso alcuni mesi (invero quasi un anno e mezzo) prima di promuovere l’azione inibitoria, non potesse vantare alcuna “urgenza” di rimuovere l’asserita violazione di legge.
Questa la motivazione testuale della sussistenza delle ragioni di urgenza: “tale atteggiamento, in ragione della formulazione non brillante della norma e della necessità di attendere la interpretazione della stessa da parte del ceto bancario, vuoi per l’opportunità di attendere la delibera attuativa del CICR (questo sì inerte), non può dirsi ingiustificabilmente inerte ovvero non idoneo di per sé a indicare che il diritto collettivo sottostante, una volta azionato, non meriti una tutela tempestiva ed effettiva“.
In altri termini, ex parte debitoris, l’irrilevanza della delibera CICR diviene “opportunità di attendere la delibera attuativa del CICR” e “la formulazione non brillante della norma” giustifica un’attesa che invece non si consente alla banca convenuta, che avrebbe dovuto attivarsi immediatamente per far cessare tutte le operazioni di capitalizzazione in conto corrente, nonostante la disposizione poco chiara e l’espresso richiamo alle modalità attuative ancora da definirsi.
È evidente che l’interpretazione è stata divergente in quanto è stato speso in favore dei consumatori un elemento chiaramente favorevole alla banca.
Non ultimo, il Tribunale di Torino (ordinanza del 16.06.2015 – http://www.expartecreditoris.it/provvedimenti/anatocismo-inoperante-il-nuovo-art-120-tub-in-mancanza-di-delibera-cicr.html), aveva notato come proprio l’art.120, secondo comma, TUB “parrebbe consentire una prima capitalizzazione degli interessi” (e qui si entra nella valutazione del merito della questione), formulazione che farebbe propendere per una differente conclusione rispetto al più tranciante divieto tout court di capitalizzazione, che nel caso in commento il giudice risolve sbrigativamente, attribuendo alla parola “capitalizzazione” un significato che non le è proprio (“calcolo, operazione di identificazione di una unità numerica contabile per frazione di tempo”).
Sul punto, deve notarsi come l’immediata applicabilità della norma condurrebbe a risultati paradossali e, di fatto, incostituzionali in quanto è stato violato il canone della ragionevolezza e il bilanciamento degli interessi protetti.
In primis, perché una norma testualmente contraddittoria, (dato incontestato) che getta l’intero ceto bancario in una situazione di incertezza, comporta una possibile violazione del diritto di difesa (giacché ciascuna norma che stabilisce un divieto o costituisce un obbligo senza dettarne in maniera chiara i confini si presta ad interpretazioni del tutto arbitrarie della giurisprudenza, non consentendo una difesa puntuale sull’asserita violazione dell’obbligo o del divieto).
In secondo luogo, perché la Costituzione assegna un particolare rilievo alla tutela del risparmio (“La Repubblica incoraggia e tutela il risparmio in tutte le sue forme; disciplina, coordina e controlla l’esercizio del credito” Art. 47 Cost.”) ed il divieto di capitalizzazione degli interessi (anche quelli attivi, in favore del cliente), senza un’adeguata fissazione di limiti e modalità mette a rischio l’intero sistema di raccolta del risparmio ed esercizio del credito. Ed ancora la tesi dell’immediata vigenza del nuovo articolo 120, comma secondo, TUB non tiene conto dell’esigenza del sistema bancario di adeguarsi, dal punto di vista tecnico contabile, al divieto di capitalizzazione, sia per l’assenza delle direttive applicative, sia per un semplice fattore “temporale”.
E’ evidente che detta norma, ove interpretata come precetto immediatamente operativo, viene a confliggere con l’intero sistema in quanto elimina di fatto l’operatività del Comitato interministeriale per il credito ed il risparmio (CICR), a cui la legge 385/1993 ha attribuito l’alta vigilanza in materia di credito e di tutela del risparmio.
Non si possono esaminare questioni di diritto cosi complesse, che incidono in modo tanto forte sull’organizzazione del sistema bancario, senza valutare il contesto normativo preesistente ed il suo funzionamento, sul quale si è innestata una norma giuridica che presenta una intrinseca incoerenza e contraddittorietà.
Una posizione, così netta come quella del Tribunale di Cuneo, è assolutamente sconcertante, ove si valuti il regime delle spese, poste integralmente a carico della Banca (“Spese in capo alla parte soccombente, come liquidate in dispositivo”).
La condanna alle spese di lite è contraria al buon senso logico e giuridico specie nella parte in cui ha ampiamente dibattuto sulla incoerenza della normativa e sull’incertezza interpretativa per sostenere il “periculum in mora”, per cui si potrebbe ritenere un possibile “sentimento antibancario“, laddove nelle pronunce difformi (Tribunale di Parma, ordinanza del 26.06.2015 – http://www.expartecreditoris.it/provvedimenti/anatocismo-il-nuovo-art-120-tub-non-e-di-immediata-applicazione.html, Tribunale di Torino, ordinanza del 16.06.2015 – http://www.expartecreditoris.it/provvedimenti/anatocismo-inoperante-il-nuovo-art-120-tub-in-mancanza-di-delibera-cicr.html), gli altri giudicanti giustamente hanno compensato le spese legali, dando atto del contrasto giurisprudenziale.
Testo del provvedimento
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Numero Protocolo Interno : 361/2015