ISSN 2385-1376
Testo massima
La prova del carattere usurario degli interessi grava su colui che la afferma, senza che la sproporzione possa ritenersi in re ipsa, dovendo comunque dimostrarsi il vantaggio unilaterale conseguito dalla Banca.
La CTU non rappresenta un mezzo di prova e non può essere disposta dal Giudice al fine di supplire alle carenti allegazioni probatorie.
Questi i principi affermati dalla Corte di Cassazione, Sezione Terza, Pres. Salmè Rel. D’Amico, con sentenza n. 9561, depositata in data 12.05.2015.
Nel caso di specie, la Società finanziaria citava in giudizio il cliente chiedendone la condanna al pagamento della somma corrispondente a tutte le rate, rimaste insolute, dell’intercorso contratto di mutuo ipotecario. Si costituiva in giudizio il cliente, il quale concludeva per il rigetto della domanda attorea, articolando altresì domanda riconvenzionale, chiedendo la condanna della società finanziaria alla restituzione delle somme indebitamente percepite per interessi anatocistici ed usurari.
Il Tribunale, dichiarata la risoluzione del contratto di mutuo per grave inadempimento del cliente, condannava quest’ultimo al pagamento delle somme dovute alla società, disponendo altresì il rigetto della domanda riconvenzionale e la condanna del mutuatario alla rifusione delle spese di lite a favore della società attrice. La sentenza del Giudice di prime cure veniva poi confermata in sede di appello.
Avverso tale ultima pronuncia, il cliente proponeva ricorso per cassazione.
La Suprema Corte, nel disporre il rigetto del ricorso, ha preliminarmente escluso la sussistenza dei presupposti legittimanti la sospensione necessaria del giudizio ai sensi dell’art. 295 c.p.c., confermando sul punto le statuizioni del Giudice di appello.
Del pari infondate le censure di parte ricorrente relativamente al rigetto della richiesta di CTU disposto dalla Corte di merito, che aveva ritenuto di non procedere al conferimento d’incarico, rilevando le carenti allegazioni da parte del cliente e precisando che la natura usuraria dei tassi d’interesse dovesse essere determinata in riferimento al momento della convenzione e non a quello della dazione.
Sul punto, la Suprema Corte, chiarito che spetti al cliente dimostrare in maniera compiuta e rigorosa il carattere usurario degli interessi, ha precisato che, “premesso che la c.t.u. non può essere considerata un mezzo di prova né può essere disposta per sopperire alla mancata deduzione di circostanze di fatto od alla offerta probatoria, spetta al giudice di merito decidere circa la indispensabilità o no della stessa“.
Ad ulteriore conforto delle statuizioni espresse, il Giudice di legittimità ha altresì rilevato che “il ricorrente non ha d’altra parte dimostrato che la c.t.u., se ammessa, avrebbe invalidato l’efficacia delle risultanze istruttorie che hanno determinato il convincimento del giudice“.
Per approfondimenti, si rinvia ai seguenti contributi pubblicati in Rivista:
USURA BANCARIA: IL CLIENTE DEVE FORMULARE SPECIFICHE CONTESTAZIONI
È ONERE DELLA PARTE ALLEGARE I MODI, I TEMPI E LA MISURA DEL SUPERAMENTO DEL TASSO SOGLIA
USURA BANCARIA: È ILLEGITTIMA LA CTU SE LA PARTE NON HA FORNITO LA PROVA DI QUANTO ASSUME VIOLATO
È ONERE DELLA PARTE DIMOSTRARE L’AVVENUTO SUPERAMENTO DEL TASSO SOGLIA ANCHE MEDIANTE LA PRODUZIONE DEI DECRETI E DELLE RILEVAZIONI DELLA BANCA DI ITALIA
Testo del provvedimento
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Numero Protocolo Interno : 328/2015