ISSN 2385-1376
Testo massima
Il principio di non contestazione, ex art. 115 c.p.c. così come modificato dalla Legge n.69 del 2009, risulta applicabile ai soli giudizi instaurati in primo grado successivamente al 04.07.2009, data di entrata in vigore della predetta novella.
Il sistema di preclusioni del processo civile presuppone che la parte che ha l’onere di allegare e provare i fatti, anzitutto specifichi le relative circostanze in modo dettagliato ed analitico, così che l’altra parte abbia il dovere di prendere posizione verso tali allegazioni puntuali e di contestarle ovvero di ammetterle, in mancanza di una risposta in ordine a ciascuna di esse.
Questi i principi affermati dalla Suprema Corte, Sezione Terza, Pres. Rel. Vivaldi, con la sentenza n. 5482, depositata il 19.03.2015.
Nel caso in esame, i clienti proponevano ricorso per cassazione avverso la sentenza della Corte d’Appello che, nell’accertare la responsabilità professionale dell’avvocato, non aveva loro riconosciuto l’ulteriore voce del danno da perdita di chance.
La Suprema Corte, nel disporre il rigetto del ricorso, ha preliminarmente precisato che la domanda risarcitoria da perdita di chance non possa esser per la prima volta proposta in sede di legittimità, “trattandosi di danno potenziale, non assimilabile ad un danno futuro, e, dunque, non ricompreso, neppure per implicito, in una domanda generica di risarcimento del danno” (cfr. Cass. n. 13491/2014). Nel caso de quo, il Giudice di legittimità ha invero richiamato tale sbarramento, rilevando che i ricorrenti non avevano dedotto in quale atto del giudizio di merito fosse stata formulata tale richiesta risarcitoria.
Le doglianze dei ricorrenti avverso la sentenza della Corte di merito si sostanziavano nel fatto che il Giudice di appello non avesse loro accordato il risarcimento del danno da perdita di chance, fondato su alcune circostanze fattuali ritenute non contestate dal professionista convenuto.
Con riguardo all’invocato principio di non contestazione, la Cassazione ha acclarato l’infondatezza dello spiegato ricorso, attraverso due ordini di argomentazioni.
Anzitutto, ha evidenziato che l’attuale disposto dell’art. 115 c.p.c., così come modificato dalla L. 69/2009, risulti applicabile ai soli giudizi iniziati in primo grado successivamente al 04.07.2009, data di entrata in vigore della succitata novella, non rientrando in tale previsione il giudizio in esame, cominciato in primo grado in data 17.11.2003.
In seconda istanza, la Corte ha precisato che il principio di non contestazione, funzionale alla individuazione del thema decidendum, implichi necessariamente che la parte che lo invoca, provveda ad una precisa e dettagliata allegazione dei fatti posti a fondamento del diritto fatto valere in giudizio. Invero, “il sistema di preclusioni del processo civile, presuppone che la parte che ha l’onere di allegare e provare i fatti, anzitutto specifichi le relative circostanze in modo dettagliato ed analitico, così che l’altra abbia il dovere di prendere posizione verso tali allegazioni puntuali e di contestarle ovvero di ammetterle, in mancanza di una risposta in ordine a ciascuna di esse“.
Nella fattispecie de qua, non avendo dunque i ricorrenti provveduto a fornire tale dettagliata allegazione, non è stata loro riconosciuta – da tale, ulteriore prospettiva – la possibilità di invocare l’operatività del principio di cui alla norma codicistica in esame.
I ricorrenti censuravano altresì la sentenza di appello lamentando la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 1226 c.c., in ordine alla mancata valutazione equitativa del danno da parte del Giudice di secondo grado.
A tal proposito, come rilevato dalla Suprema Corte, il potere del Giudice di liquidare il danno in via equitativa – potere riconducibile in linea di principio all’art. 115 c.p.c. – risulta limitato dal fatto che, nell’esercizio dello stesso, “il giudice non possa surrogare il mancato accertamento della prova della responsabilità del debitore, o la mancata individuazione della prova del danno nella sua esistenza” (cfr. Cass. Civ. n. 20990/2011). Nel caso di specie, invero, potendo i danneggiati dar prova del danno patito mediante allegazione di documentazione medica ed acquisizione della perizia disposta dal Tribunale, correttamente si è orientata la Corte di Appello, nel senso di ritenere di “non poter supplire a tali carenze probatorie mediante valutazione equitativa“.
In ultima istanza, la Corte ha ritenuto sfornite di fondamento le doglianze dei ricorrenti fondate sul mancato esperimento di una consulenza tecnica d’ufficio. Argomentando sulla scorta dell’art. 2697 c.c., il Giudice di legittimità ha affermato che “in ogni caso, l’accertamento tecnico non potrebbe mai supplire al difetto di prova che grava sulla parte interessata“.
In conclusione, la Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, escludendo dunque la configurabilità, a carico del professionista, dell’ulteriore responsabilità per danno da perdita di chance.
Testo del provvedimento
SEGNALA UN PROVVEDIMENTO
COME TRASMETTERE UN PROVVEDIMENTONEWSLETTER - ISCRIZIONE GRATUITA ALLA MAILING LIST
ISCRIVITI ALLA MAILING LIST© Riproduzione riservata
NOTE OBBLIGATORIE per la citazione o riproduzione degli articoli e dei documenti pubblicati in Ex Parte Creditoris.
È consentito il solo link dal proprio sito alla pagina della rivista che contiene l'articolo di interesse.
È vietato che l'intero articolo, se non in sua parte (non superiore al decimo), sia copiato in altro sito; anche in caso di pubblicazione di un estratto parziale è sempre obbligatoria l'indicazione della fonte e l'inserimento di un link diretto alla pagina della rivista che contiene l'articolo.
Per la citazione in Libri, Riviste, Tesi di laurea, e ogni diversa pubblicazione, online o cartacea, di articoli (o estratti di articoli) pubblicati in questa rivista è obbligatoria l'indicazione della fonte, nel modo che segue:
Autore, Titolo, in Ex Parte Creditoris - www.expartecreditoris.it - ISSN: 2385-1376, anno
Numero Protocolo Interno : 320/2015