ISSN 2385-1376
Testo massima
Il trust non è un ente dotato di personalità giuridica, ma un insieme di beni e rapporti destinati ad un fine determinato e formalmente intestati al trustee, che è l’unico soggetto di riferimento nei rapporti con i terzi non quale legale rappresentante, ma come colui che dispone del diritto. Ne consegue che esso non è litisconsorte necessario, ad esempio, nel procedimento per la dichiarazione di fallimento della società che vi ha conferito l’intera sua azienda, comprensiva di crediti e di debiti, in quanto l’effetto proprio del trust non è quello di dare vita ad un nuovo soggetto di diritto, ma quello di istituire un patrimonio destinato ad un fine prestabilito.
Il sopra riportato principio di diritto è stato affermato dalla Corte di Cassazione con la sentenza n. 3456, depositata in data 20.02.2015, nell’ambito di una vicenda giudiziaria scaturita da una opposizione a decreto ingiuntivo, rispetto alla quale emergeva la problematica della legittimazione processuale del titolare e legale rappresentante della ditta ingiunta, che, avendo conferito in trust l’intero patrimonio aziendale, assumeva che la legittimazione in giudizio spettasse al trustee, divenuto affidatario del patrimonio a seguito dell’istituzione del trust.
La sentenza assume particolare rilievo dal momento che, con essa, l’organo di legittimità ha fornito ulteriori chiarimenti circa la natura giuridica del trust ed il ruolo del trustee, analizzando altresì le problematiche di carattere processuale nell’ipotesi in cui il titolare di un’impresa costituita in trust sia parte di un giudizio.
La pronuncia riprende un principio di diritto già esposto dalla medesima sezione della Corte di legittimità (sent. n. 10105/2014), secondo cui “il trust non è un ente dotato di personalità giuridica, ma un insieme di beni e rapporti destinati ad un fine determinato e formalmente intestati al trustee, che è l’unico soggetto di riferimento nei rapporti con i terzi, non quale legale rappresentante, ma come colui che dispone del diritto” (sul punto, vedasi anche Cass, n. 28363/2011).
In tale quadro, il trustee è dunque l’unico soggetto di riferimento nei rapporti con i terzi, non già nella qualità di legale rappresentante del trust, ma quale soggetto che realizza gli interessi e gli scopi proprio del trust.
Il trustee, invero, ha capacità processuale attiva e passiva in relazione ai beni conferiti in trust, in ragione del particolare ufficio ricoperto, ma non si configura nei suoi confronti un’ipotesi di rappresentanza processuale, dal momento che tale istituto presupporrebbe una soggettività giuridica del trust, che invece, come chiarito, non sussiste
Come è noto, il trust è un istituto del sistema giuridico di common law che serve a regolare una molteplicità di rapporti giuridici di natura patrimoniale, consentendo di strutturare in vario modo “posizioni giuridiche” basate su legami fiduciari, nell’interesse di uno o più beneficiari o per uno specifico scopo.
Non esiste un rigido ed unitario modello di trust, ma tanti possibili schemi da adattare in funzione della finalità perseguita. Nell’ordinamento italiano, l’istituto trova diffusa applicazione in relazione a diverse finalità, quali, a titolo esemplificativo, gestioni fiduciarie, passaggi generazionali di beni ed aziende familiari, destinazioni di beni a finalità caritatevoli, protezione patrimoniale.
I vantaggi sono evidenti, soprattutto con riferimento alla flessibilità dell’istituto rispetto ai tradizionali strumenti del sistema interno, quali il mandato fiduciario ed il contratto autonomo di garanzia, collegandosi ad esso anche indiscutibili vantaggi di natura economica.
Nel dettaglio, il trasferimento di beni nel fondo del trust è vincolato da un legame che intercorre tra il disponente e il trustee: il cosiddetto patto di fiducia. Il disponente trasferisce l’intestazione (non la proprietà, così come è intesa nel diritto italiano) dei beni, affinché vengano amministrati dal trustee nell’interesse dei beneficiari e nei limiti di quanto stabilito nell’atto istitutivo.
Da un trust validamente istituito, conseguono effetti tipici quali la separazione e la protezione del patrimonio, l’intestazione all’amministratore (che non ne diventa il proprietario vero e proprio), la gestione fiduciaria vincolata e responsabilizzata dei beni. Gli effetti possono coincidere con lo scopo principale/finale per cui è stato costituito il trust.
Rispetto alla argomentazione sin qui esaminate, la Corte ha colto l’occasione per precisare che il trustee non è litisconsorte necessario nel procedimento per la dichiarazione di fallimento di una società che abbia conferito in un trust liquidatorio l’intera propria azienda, comprensiva di crediti e di debiti, provvedendo successivamente alla sua cancellazione dal registro delle imprese, in quanto l’effetto proprio del trust non è quello di dare vita ad un nuovo soggetto di diritto, ma quello di istituire un patrimonio destinato ad un fine prestabilito.
Testo del provvedimento
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Numero Protocolo Interno : 312/2015