ISSN 2385-1376
Testo massima
La responsabilità professionale dell’avvocato, la cui obbligazione è di mezzi e non di risultato, presuppone la violazione del dovere di diligenza media esigibile ex art. 1176, comma 2, c.c. Tale violazione, ove consista nell’adozione di mezzi difensivi pregiudizievoli al cliente, non è esclusa, né ridotta, dalla circostanza che l’adozione di tali mezzi sia stata sollecitata dal cliente stesso, poiché è esclusivo compito del legale la scelta della linea tecnica da seguire nella prestazione dell’attività professionale. L’avvocato, inoltre, all’atto del conferimento del mandato e nel corso dello svolgimento del rapporto, è tenuto non solo al dovere di informazione del cliente, ma anche ai doveri di sollecitazione, dissuasione ed informazione dello stesso, nonché a sconsigliare all’assistito la introduzione o la prosecuzione di un giudizio dall’esito probabilmente sfavorevole.
Questo il principio espresso dalla Corte di Cassazione, Sezione Terza, Pres. Russo Rel. Scrima, con la sentenza del 20.05.2015, n. 10289.
Nel caso in esame, il cliente conveniva in giudizio innanzi al Tribunale il proprio avvocato, contestando la difesa da questi predisposta nell’ambito di un pregresso giudizio, per il quale gli aveva conferito mandato.
In particolare, il cliente deduceva che dalla mancata adesione dell’avvocato all’eccezione di incompetenza territoriale sollevata da controparte, fossero scaturite eccessive lungaggini processuali a proprio danno. Si contestava altresì l’operata chiamata in causa nei confronti di un soggetto rispetto al quale il diritto vantato era già prescritto.
Il professionista, costituendosi in giudizio, contestava ogni addebito.
Il Tribunale adito rigettava la domanda attorea, che invece trovava parziale accoglimento in sede di appello.
Avverso la pronuncia della corte di merito, il professionista proponeva ricorso per cassazione.
Il Giudice di legittimità, nel disporre il rigetto del ricorso, ha fornito rilevanti precisazioni circa i profili di responsabilità del professionista emergenti anche nell’ipotesi in cui i mezzi difensivi articolati in giudizio risultino concordati con il cliente.
Nello specifico, l’avvocato ricorrente evidenziava che la censurata linea difensiva era stata invero concertata col proprio assistito e da questi esplicitamente approvata, tanto che il cliente non aveva mai dedotto o provato la violazione dell’art. 40 del Codice Deontologico, che impone specifici obblighi informativi a carico del professionista circa le caratteristiche e l’importanza della controversia, nonché in relazione alle attività da espletare.
Sulla base di tale rilievo, l’avvocato riteneva insussistente qualsivoglia responsabilità a suo carico.
La Cassazione, appurata l’infondatezza di ciascuna delle doglianze articolate dal professionista ricorrente, ne ha ribadito i profili di responsabilità professionale ex art 1176 c.c., sussistenti anche nell’ipotesi in cui l’adozione dei mezzi difensivi, rivelatisi poi pregiudizievoli per l’assistito, sia stata concordata con il cliente medesimo.
In conclusione, il Collegio ha precisato che compete esclusivamente all’avvocato la scelta della linea da seguire nello svolgimento dell’incarico ricevuto, risultando l’espletamento del mandato correlato da rigorosi obblighi di informazione, dissuasione e sollecitazione.
Per approfondimenti sull’argomento, si rinvia al seguente contributo pubblicato in Rivista:
RESPONSABILITÀ AVVOCATO: SUSSISTE SOLO SE VI È REALE PREGIUDIZIO PER IL CLIENTE
L’AVVOCATO RISPONDE DEI DANNI SOLO SE LA SUA CONDOTTA PREGIUDICA LA POSIZIONE DEL CLIENTE
Testo del provvedimento
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Numero Protocolo Interno : 306/2015