ISSN 2385-1376
Testo massima
Non integra il delitto di appropriazione indebita la condotta della parte vincitrice di una controversia civile che trattenga la somma liquidata in proprio favore dall’Autorità Giudiziaria, a titolo di refusione delle spese legali, rifiutando di consegnarla al proprio avvocato che la reclami come propria.
Invero, perché possa configurarsi la fattispecie delittuosa prevista dall’art. 646 c.p., devono ricorrere alcuni specifici requisiti: l’appartenenza dei beni oggetto di appropriazione, ad un terzo in virtù di un valido titolo giuridico, il possesso legittimo di detti beni da parte del terzo, la volontà di interversione del possesso che si verifica quando il possessore effettua e rende esplicito al proprietario del bene l’interversione del possesso, ossia la sua volontà di non restituire più il bene del quale abbia il possesso, ed infine, l’ingiusto profitto. La ratio della norma che sanziona e punisce il delitto de qua risiede nella volontà di sanzionare penalmente, il fatto di colui il quale, avendo la disponibilità della cosa, dia alla stessa una destinazione incompatibile con il titolo e le ragioni che ne giustificano il possesso.
Questi i principi affermati dalla Cassazione Penale, sezione seconda, Pres. Fiandanese Rel. Davigo, con la sentenza del 6 maggio 2015, n. 20606.
Nel caso in esame, la Suprema Corte ha annullato senza rinvio l’ordinanza di sequestro probatorio di una somma di danaro nell’ambito di un procedimento penale per il reato di appropriazione indebita ex art. 646 c.p..
In sintesi, l’indagato, parte vincitrice di una causa civile, si rifiutava di consegnare al proprio difensore la somma che il giudice unitamente a quella relativa al risarcimento del danno gli aveva liquidato a titolo di spese legali e che gli era stata successivamente corrisposta dall’impresa assicuratrice soccombente, mediante un unico assegno bancario a lui esclusivamente intestato.
La Corte ha ritenuto fondato il primo motivo di gravame con cui il ricorrente lamentava la violazione di legge, in quanto la somma liquidata a titolo di spese legali non può essere ritenuta di proprietà dell’avvocato, difettando, quindi, uno dei requisiti essenziali della fattispecie tipica del delitto in parola: l’altruità della cosa mobile, intesa come ‘cosa di proprietà altrui’.
Non è dunque corretto richiamare, come invece ha fatto il competente Tribunale del riesame, l’art. 13, comma VIII, l. 247/2012, che sancisce la responsabilità solidale di tutte le parti in causa a fronte di quanto dovuto agli avvocati che hanno prestato la propria attività professionale. Sul punto, la Suprema Corte ha precisato che “non si è avveduto il Tribunale che la citata disposizione, affermando che le parti sono solidalmente tenute al pagamento, fa pur sempre riferimento ad una obbligazione e non ad un diritto reale” che, chiaramente, in tema di appropriazione indebita deve necessariamente sostanziarsi nel diritto di proprietà.
Difatti, qualora il cliente ed il professionista convengano che al pagamento delle competenze di quest’ultimo debba, anche solo parzialmente, provvedere la parte soccombente così come previsto dall’art. 93 c.p.c., che disciplina la distrazione delle spese nessun dubbio può residuare in ordine al fatto che se il giudice attribuisca alla parte vincitrice anche la somma liquidata a titolo di spese legali, il difensore non possa invocare alcun diritto su detta somma. E tanto sulla scorta di un consolidato orientamento di legittimità (ex plurimis, Cass. Pen., Sez. II, 25 maggio 2011, n. 25344).
In definitiva, l’avvocato è titolare di un mero diritto di credito che in quanto tale non può essere oggetto materiale del reato di appropriazione indebita.
Testo del provvedimento
SEGNALA UN PROVVEDIMENTO
COME TRASMETTERE UN PROVVEDIMENTONEWSLETTER - ISCRIZIONE GRATUITA ALLA MAILING LIST
ISCRIVITI ALLA MAILING LIST© Riproduzione riservata
NOTE OBBLIGATORIE per la citazione o riproduzione degli articoli e dei documenti pubblicati in Ex Parte Creditoris.
È consentito il solo link dal proprio sito alla pagina della rivista che contiene l'articolo di interesse.
È vietato che l'intero articolo, se non in sua parte (non superiore al decimo), sia copiato in altro sito; anche in caso di pubblicazione di un estratto parziale è sempre obbligatoria l'indicazione della fonte e l'inserimento di un link diretto alla pagina della rivista che contiene l'articolo.
Per la citazione in Libri, Riviste, Tesi di laurea, e ogni diversa pubblicazione, online o cartacea, di articoli (o estratti di articoli) pubblicati in questa rivista è obbligatoria l'indicazione della fonte, nel modo che segue:
Autore, Titolo, in Ex Parte Creditoris - www.expartecreditoris.it - ISSN: 2385-1376, anno
Numero Protocolo Interno : 292/2015