ISSN 2385-1376
Testo massima
Il fallimento di una società nel corso del giudizio, per effetto dell’art. 43 ultimo comma L.F., produce l’automatica interruzione dello stesso, operante di diritto indipendentemente dalla declaratoria giudiziale.
Il termine per la riassunzione del giudizio, così interrotto, decorre dalla conoscenza legale dell’evento interruttivo, cioè acquisita non in via di mero fatto, ma per il tramite di una dichiarazione, notificazione o certificazione rappresentativa dell’evento che determina l’interruzione del processo, assistita da fede privilegiata.
Nel giudizio di opposizione alla esecuzione, la pendenza della lite è data dalla notifica della citazione attraverso cui, chiusa la fase cautelare, viene introdotto il successivo giudizio di merito, con la conseguenza che il termine da considerare per la c.d. riassunzione del processo, pena la sua estinzione, è quello prescritto dalla legge in vigore in quel momento.
Queste le indicazioni fornite dal Tribunale di Civitavecchia, dott.ssa Paola Romana Lodolini, con la recente sentenza n. 488 del 06/05/2015, con cui sostanzialmente si ribadisce un orientamento ormai costante della giurisprudenza per quanto riguarda le prime due questioni, rappresentando invece un nuovo precedente con riferimento alla terza.
Ed invero, l’interruzione del giudizio a seguito della dichiarazione di fallimento di cui all’art. 43 ul-timo comma, L.F., costituisce una nuova ipotesi di interruzione automatica del processo, che si ag-giunge a quelle prescritte dal codice di rito negli artt. 299, 300 terzo comma e 301 primo comma cpc,, e per cui nulla è stato previsto per la riassunzione, sicché continua a trovare applicazione l’art. 305 cpc.. Quest’ultimo, secondo una interpretazione costituzionalmente orientata (v. ex multis Corte Costituzionale 21/07/2010 n. 261 e Corte Costituzionale 21/01/2010 n. 7), va inteso nel senso che il termine per la riassunzione non decorra dall’evento interruttivo, ma dalla sua legale conoscenza e non da quella aliunde acquisita, come opportunamente ha rilevato il Tribunale di Civitavecchia (in questo senso v. anche Cass. 11/02/2010 n. 3085 e Cass. 07/03/2013 n. 5650; Tribunale di Milano 27/03/2014, Tribunale di Roma 2.4.2014).
La particolarità della sentenza in commento è rappresentata dal fatto che viene esplicitamente af-fermato che l’interruzione non necessita di una dichiarazione espressa da parte del Giudice presso cui pende il giudizio interrotto, ancorché è d’uso che si continui a farlo. Ci si chiede allora, sul pun-to, se il provvedimento del Giudice, il quale esamina il fascicolo alla prima udienza successiva all’avvenuta automatica interruzione del processo, debba dichiararla espressamente o limitarsi ad una presa di atto della già intervenuta automatica interruzione per effetto della legale conoscenza dell’evento interruttivo.
A prescindere da tale dubbio, comunque, l’aspetto innovativo della sentenza del Tribunale di Civi-tavecchia, sta nell’aver considerato il giudizio di opposizione alla esecuzione strutturato in due fasi, la prima necessaria, a cognizione sommaria, innanzi al Giudice della Esecuzione, la seconda, even-tuale ed a cognizione piena, innanzi al Giudice della cognizione ordinaria. Per quanto il thema deci-dendum sia analogo, ancorché “caratterizzato da un diverso grado di approfondimento delle que-stioni che ne formano l’oggetto”, è solo alla c.d. seconda fase che si applicano le disposizioni pro-cessuali previste per il giudizio di cognizione comprese quelle in materia di interruzione del giudizio e successiva riassunzione che non trovano, al contrario, applicazione nel processo esecutivo.
In questo senso, ai fini della decorrenza del termine per la riassunzione, secondo il Tribunale di Ci-vitavecchia, occorre considerare il momento in cui si determina la pendenza del giudizio di merito, che è quello della seconda fase, relativo alla notifica dell’atto di citazione. Nel caso del sovrapporsi di leggi processuali, si applicherà quella vigente al momento di detta pendenza.
Nel caso esaminato dal Tribunale, il giudizio di merito era stato introdotto con citazione notificata successivamente all’entrata in vigore (04/07/2009) della legge 69/2009, modificativa dei termini di riassunzione (da sei mesi a tre mesi), con la conseguenza che avrebbero dovuto trovare applicazione le nuove disposizioni processuali, con termine di tre mesi e non sei, dalla conoscenza legale del fallimento. Siccome detto evento era stato dichiarato alla udienza del 1/12/2010, in quel momento posto formalmente a conoscenza delle parti, la richiesta di riassunzione doveva essere depositata nei successivi tre mesi, con conseguente inammissibilità di quella prodotta il 07/04/2011 (oltre detto termine) ed estinzione del processo riassunto.
La tesi del Tribunale di Civitavecchia, pur considerevole nel suo percorso argomentativo, non trova unanimità di consensi, laddove si consideri che la maggioranza della dottrina e la stessa Cassazione (ancorché intervenuta su questioni diverse ma mutuabili nella fattispecie in scrutinio), con una re-cente decisione (Cass. 20/04/2015 n. 7997), confermando un precedente orientamento, si è soffer-mata sul collegamento tra le due fasi in cui si articola il processo di opposizione alla esecuzione presupponendone un carattere unitario.
In buona sostanza, ribadisce la Suprema Corte che alla luce delle modifiche al codice di rito, il pro-cedimento de quo è distinto in due fasi, delle quali la prima a carattere sommario, la seconda a co-gnizione piena: tuttavia, entrambe fasi di un procedimento unico. Il procedimento di opposizione alla esecuzione, dunque, pur essendo diviso in due fasi “conserva una struttura unitaria, nel senso che la fase eventuale di merito è in collegamento con la fase c.d. cautelare”, tanto che è il Giudice dell’Esecuzione a fissare un termine per la introduzione del giudizio di merito. Ciò comporterebbe che la pendenza della lite debba essere ricondotta al deposito originario del ricorso in opposizione , con applicabilità delle disposizioni processuali vigenti in quel momento.
Nel caso di specie, deciso dal Tribunale di Civitavecchia, il ricorso originario era stato depositato ante riforma del 2009 con la conseguenza che il termine per la riassunzione avrebbe dovuto essere indicato in sei mesi.
Al di là di tale conclusione, il contributo esegetico offerto dal Tribunale di Civitavecchia conserva un valore di tutto rispetto nel panorama dei precedenti giurisprudenziali, destinato probabilmente ad essere seguito da altri giudici.
Testo del provvedimento
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