Testo massima
Quando
l’attività lavorativa è sospesa per cause imprevedibili ed inevitabili dal
datore di lavoro, è giustificata la non retribuzione del lavoratore.
È questo il principio di diritto espresso dal
Tribunale di Napoli, dott. A. Del Franco, con sentenza del 26/03/2015.
Nel caso di specie, il lavoratore presentava
opposizione allo stato passivo della società in cui aveva prestato servizio in
quanto la sua domanda di ammissione era stata accolta solo parzialmente.
In particolare, l’ex dipendente intendeva far
valere il suo credito corrispondente alle differenze retributive maturate dalla
data di scadenza della CIG, dovuta a crisi aziendale, fino alla data di
riattivazione della CIGS che aveva seguito la dichiarazione di fallimento della
società, nonché altre somme dovute per ferie e permessi dovuti.
Secondo i giudici di Napoli, tuttavia, la pretesa
attorea non poteva essere riconosciuta in
toto.
Infatti, in conformità con la giurisprudenza di
legittimità, nessuna somma è dovuta se il rapporto di lavoro viene meno a causa
dell’impossibilità assoluta della prestazione per cause economico-produttive
indipendenti da qualsiasi responsabilità del datore di lavoro.
In buona sostanza, la prestazione lavorativa può
essere sospesa dal datore di lavoro, senza che venga corrisposta la
retribuzione, solo quando tale sospensione non è imputabile a cause originate
dal datore di lavoro nel senso che la causa non è prevedibile o evitabile e non
è riferibile a carenze di programmazione o di organizzazione o di difficoltà di
mercato.
Ebbene, nel caso di specie, l’impossibilità
assoluta della prestazione è stata ritenuta confermata dalla circostanza che la
società fallita aveva cessato definitivamente la sua attività produttiva a causa
della crisi tanto da collocare i suoi dipendenti in CIG prima del fallimento e
poi in CIGS dopo il fallimento.
Il Tribunale ha riconosciuto, però, il credito
dovuto per ferie e permessi non goduti e maturati precedentemente alla CIGS.
Testo del provvedimento
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