Nell’espropriazione forzata, il ricorso per intervento, recante istanza di partecipazione alla distribuzione della somma ricavata, è equiparabile alla ‘domanda proposta nel corso di un giudizio’ idonea, ex art. 2943 c.c., ad interrompere la prescrizione dal giorno del deposito del ricorso ed a sospenderne il corso sino all’approvazione del progetto di distribuzione del ricavato della vendita.
Questo il principio affermato dalla Corte di Cassazione, Sezione Terza, Pres. Salmè – Rel. Stalla, con sentenza n. 26929, depositata in data 19.12.2014.
Nel caso de quo, la Banca attivava procedura esecutiva con pignoramento immobiliare nella quale spiegavano intervento molteplici altri creditori. Con opposizione all’esecuzione, il debitore contestava preliminarmente l’ammissibilità degli interventi di due banche, eccependo altresì la prescrizione dei crediti dalle stesse vantati, poiché risalenti ad oltre dieci anni prima della comunicazione nei suoi confronti dell’atto interruttivo rappresentato dalla notificazione dall’avviso dell’udienza di comparizione delle parti. L’opponente sosteneva dunque che la prescrizione dei
crediti contestati non potesse nella specie ritenersi interrotta per effetto del deposito dei singoli atti di intervento, in quanto non notificatigli.
Si costituivano in giudizio i vari creditori, i quali concludevano per il rigetto dell’opposizione. L’adito Tribunale di Potenza, previa sospensione dell’esecuzione, rendeva pronuncia di rigetto della spiegata opposizione.
La statuizione del Giudice di prime cure veniva poi confermata in secondo grado dalla Corte di merito.
Di tale pronuncia di appello il debitore chiedeva dunque la cassazione, fondando l’articolato ricorso su vari motivi.
La Corte Cassazione, rigettando il ricorso, ha preliminarmente accertato la regolare pendenza del processo esecutivo in esame, in considerazione dell’inapplicabilità nell’ambito di quest’ultimo della disciplina di cui all’art. 300 c.p.c. (interruzione ed estinzione del processo di cognizione), ricavando da ciò la conseguenziale validità degli interventi in executivis contestati dal ricorrente.
Analizzata tale questione preliminare, il Giudice di legittimità ha poi provveduto a motivare l’infondatezza della sollevata eccezione di prescrizione del credito azionato dagli interventori, affermando l’importante principio di diritto che rileva ai fini del presente contributo.
Il ricorrente assumeva invero che il credito fatto valere dagli interventori fosse prescritto in quanto risalente ad oltre dieci anni prima della notificazione dell’avviso dell’udienza di comparizione. L’eccezione di prescrizione, oggetto del quarto motivo di ricorso, è giudicata infondata dalla Cassazione in considerazione del fatto che “il ricorso per intervento nell’ambito di un processo esecutivo pendente, contiene la domanda di partecipazione alla distribuzione della somma ricavata dall’espropriazione del bene pignorato, ed è quindi equiparabile alla ‘domanda proposta nel corso di un giudizio’ annoverata dall’art. 2943 c.c. comma secondo, tra gli atti idonei ad interrompere la prescrizione” (cfr. Cass. n. 11794 del 12.05.2008).
Da tale statuizione, la Suprema Corte ha fatto discendere il principio per effetto del quale, “trattandosi di un giudizio radicatosi a seguito di atto di pignoramento portato a conoscenza del debitore, gli effetti processuali ed anche sostanziali dell’atto di intervento devono collegarsi al deposito del ricorso, inteso quale presupposto di conoscenza legale da parte del debitore“.
Nella fattispecie in esame, l’effetto interruttivo della prescrizione assume, dunque, carattere permanente, atteso che la procedura de qua ha conseguito la realizzazione coattiva dei crediti azionati, addivenendosi all’approvazione del progetto di distribuzione del ricavato della vendita.
IL COMMENTO
L’effetto interruttivo della prescrizione, che nella fattispecie esaminata ha assunto carattere permanente, avrebbe invece diversamente operato, per effetto dell’entrata in vigore dell’art. 164 disp.
att. c.p.c. (a seguito della L. n. 162 del 10 novembre 2014, di conversione del D.L. n. 132 del 12 settembre 2014), nel caso in cui il processo esecutivo non si fosse concluso con l’approvazione di un piano di riparto, verificandosi piuttosto una causa di estinzione.
In tal caso, si sarebbe infatti prodotto un effetto interruttivo istantaneo e non permanente, ragion per cui la prescrizione avrebbe ripreso a decorrere dalla data dell’atto interruttivo, ovvero dal deposito del ricorso di intervento, “a nulla rilevando che l’interveniente, dopo la proposizione della domanda, l’avesse diligentemente coltivata sino al momento della declaratoria di estinzione del giudizio” (cfr. Cass. n. 10700/1998).
In simili circostanze, il creditore intervenuto – pendente la procedura esecutiva – potrebbe dunque trovarsi nella condizione di dover formulare atti interruttivi della prescrizione (quale ad esempio una lettera di messa in mora), a scopo meramente cautelativo, al fine cioè di impedire il decorso del termine decennale di prescrizione.
Evidente, in siffatto contesto, l’indebita ed inaccettabile compressione dei principi del giusto processo e di certezza del diritto che informano il nostro ordinamento.
Non soltanto, infatti, in caso di estinzione del processo esecutivo, il debitore trarrebbe beneficio dall’estinzione in sé considerata quale evento, ma risulterebbe addirittura liberato dal vincolo obbligatorio per effetto dell’intervenuta prescrizione del credito, essendo nel frattempo decorso l’ordinario termine decennale.
Un’ulteriore censura al meccanismo vigente, restandosempre agganciati al principio di certezza del diritto, si fonda poi sull’inaccettabile constatazione che ad un medesimo atto – nel caso di specie quello di intervento in executivis – verrebbero a ricollegarsi effetti (interruttivi) diversi (istantanei ovvero permanenti), in funzione di eventi non prevedibili dal creditore medesimo né a questi
imputabili, ed evitabili solo nell’eventualità in cui lo stesso si faccia carico di attività ulteriori, quali una messa in mora, confermative dalla già cristallizzata volontà di azionare il proprio credito.
In ragione delle evidenziate discrasie, sarebbe dunque auspicabile, in aderenza al più volte richiamato principio di certezza del diritto, un’estensione del carattere permanente dell’efficacia interruttiva dell’atto di intervento anche alle ipotesi in cui la procedura esecutiva non giungesse alla sua naturale conclusione, ovvero l’approvazione del piano di riparto.
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