ISSN 2385-1376
Testo massima
L’azione esecutiva promossa sulla base di un decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo ma caducabile, poiché oggetto di opposizione, espone a responsabilità aggravata l’esecutante, avendo questi iniziato e compiuto l’esecuzione in violazione della normale prudenza di cui all’art. 96 c.p.c. comma secondo.
Il danneggiato potrà in tal caso far valere la propria pretesa risarcitoria in un giudizio separato ed autonomo rispetto a quello dal quale la responsabilità aggravata ha avuto origine, nell’ipotesi in cui ricorrano circostanze contingenti attinenti la struttura del processo, tali da escludere altresì l’inerzia della parte esecutata.
Questi i principi affermati dal Tribunale di Verona, Dott. Vaccari, con la sentenza depositata in data 27.01.2015.
Nel caso in esame, il professionista – presunto creditore – depositava ricorso per decreto ingiuntivo nei confronti della Società, per il pagamento di compensi professionali. Il Tribunale di Verona emetteva il provvedimento monitorio, avverso il quale la Società ingiunta proponeva opposizione, contestando la propria qualità di debitore ed eccependo che le avverse pretese creditorie avrebbero dovuto essere indirizzate nei confronti di altra società, ritualmente chiamata in causa.
Il decreto ingiuntivo veniva dichiarato provvisoriamente esecutivo e sulla base dello stesso il professionista attivava quindi procedura esecutiva, mediante notifica di atto di precetto e di successivo pignoramento immobiliare. Il bene veniva venduto all’asta ad un prezzo significativamente inferiore rispetto a quello stimati nel corso della procedura esecutiva. Successivamente all’aggiudicazione, veniva comunicata alle parti la prima bozza del progetto di distribuzione, da cui la Società ingiunta apprendeva che le spese della procedura esecutiva erano state poste interamente a proprio carico.
Interveniva quindi la definizione del giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, mediante sentenza che disponeva la revoca del provvedimento monitorio. Avverso tale pronuncia veniva proposto appello, il cui giudizio risultava ancora pendente all’epoca dell’instaurazione del processo oggetto di analisi del presente elaborato.
Con successivo atto di citazione, la società ingiunta chiedeva al Tribunale il rimborso delle spese sostenute nell’ambito della procedura esecutiva, oltre che la condanna del professionista al risarcimento del danno arrecatole ponendo in esecuzione il decreto ingiuntivo poi revocato, quantificando il danno emergente nella differenza tra il valore dell’immobile accertato nel corso della procedura esecutiva e il prezzo a cui lo stesso era stato aggiudicato all’asta.
Il Tribunale adito, nel dispone l’inammissibilità della domanda di risarcimento del danno emergente e l’accoglimento di quella relativa alla ripetizione delle spese sopportate nell’ambito della procedura esecutiva, ha provveduto preliminarmente alla qualificazione giuridica dell’azione promossa dalla Società esecutata.
Il Giudice ha invero ritenuto che la domanda della Società istante dovesse essere sussunta alla fattispecie di cui all’art. 96 c.p.c. comma secondo, rilevando che l’attrice avesse rivendicato tutela risarcitoria in ragione delle conseguenze pregiudizievoli patite a causa dell’azione esecutiva promossa nei suoi confronti sulla base di un titolo esecutivo prima contestato e poi caducato. Il Tribunale ha infatti ravvisato nella condotta processuale dell’esecutante l’elemento soggettivo tipico della fattispecie di cui alla succitata nonna codicistica, rappresentato non già dalla mala fede o colpa grave, quanto piuttosto dalla mancanza della normale prudenza riconducibile alla “consapevolezza della rescindibilità del titolo e della provvisorietà dei suoi effetti’ (cfr. Cass. n. 25143 del 14.10.2008; Cass. n. 21992 del 19.10.2007).
La revoca del decreto ingiuntivo disposta all’esito del giudizio di opposizione ha dunque comportato il sorgere del diritto dell’attrice ad ottenere il rimborso delle spese oltre che il risarcimento degli eventuali danni ulteriori, a nulla rilevando la pendenza del giudizio di appello avverso la sentenza che aveva deciso l’opposizione. Anche in caso di accoglimento del gravame – ha rilevato il Tribunale scaligero – il provvedimento monitorio non avrebbe comunque riacquisito efficacia, ma sarebbe stato eventualmente sostituito dalla sentenza di appello resa in riforma di quella impugnata. Sulla scorta di tale rilievo, il Tribunale ha escluso la sussistenza dei presupposti per sospendere il giudizio 2de quo, in attesa della definizione di quello di appello.
Individuata l’esatta qualificazione giuridica dell’azione proposta, il Tribunale ha poi provveduto ad affermare la propria competenza a pronunciarsi sulla controversia, escludendo tanto la competenza del Giudice dell’Esecuzione quanto quella del Giudice del merito dell’opposizione.
Il Giudice, rilevando che solo con la pubblicazione della sentenza di revoca del decreto ingiuntivo fosse sorto il diritto della società esecutata ad ottenere il ristoro dei darmi patiti, e tenuto conto della particolare scansione temporale degli eventi integranti la vicenda de qua, ha ritenuto che l’attrice avesse correttamente operato nell’attivare autonomo giudizio, richiamando a tal proposito il principio già affermato dalla Suprema Corte, in forza del quale “l’azione di risarcimento danni ex art. 96 c.p.c. non può di regola essere fatta valere in un giudizio separato ed autonomo rispetto a quello dal quale la responsabilità aggravata ha origine, salvo che ciò sia precluso da ragioni attinenti la stessa struttura del processo e non dipendenti dall’inerzia della parte” (cfr. Cass. n. 1861 del 18.02.2000).
Nel caso in esame, la domanda ex art. 96 c.p.c. comma secondo, non avrebbe potuto esser proposta innanzi al Giudice dell’Esecuzione, in quanto la procedura espropriativa era iniziata sulla base di un titolo esecutivo valido ed efficace (ii decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo). Parimenti, l’attrice non avrebbe potuto investire di tale domanda il Giudice dell’opposizione, dal momento che soltanto successivamente all’udienza di precisazione delle conclusioni nell’ambito di tale giudizio, le era stata comunicata la prima bozza relativa al progetto di distribuzione del ricavato della vendita, acquisendo solo in tal momento conoscenza della consistenza delle spese di procedura integranti il danno poi lamentato.
In conclusione, il Tribunale ha dunque condannato il convenuto al rimborso delle documentate spese legali sostenute dalla Società nell’ambito della procedura esecutiva, negando a quest’ultima il risarcimento del danno emergente, poiché non provato.
Testo del provvedimento
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