ISSN 2385-1376
Testo massima
La scoperta di eventuali atti di frode compiuti dal debitore prima del deposito della domanda di concordato impedisce l’apertura del concordato stesso e, se scoperti successivamente, ne determina la revoca ai sensi dell’articolo 173 l. fall. o il diniego dell’omologa ai sensi dell’articolo 180 l. fall.”. In particolare, “il silenzio nella formulazione del piano e della proposta di concordato preventivo in ordine alla appropriazione, avvenuta prima del deposito della domanda, di una ingente somma di denaro costituisce atto di frode ai sensi dell’articolo 173 l. fall.
Questi sono i principi espressi dal Tribunale di Monza, Pres. dott.ssa Paluchowski Giud. Est. dott. Nardecchia, che con decreto del 4 novembre 2014 ha rigettato la domanda di omologa di Concordato Preventivo, affermando la rilevabilità d’ufficio, anche dopo che il Concordato sia stato approvato dai creditori, e quindi, in sede di omologazione, dell’atto di frode posto in essere dall’amministratore della società istante.
Nel caso di specie, a seguito di un esposto depositato presso la Procura della Repubblica dal collegio sindacale della società Alfa, i commissari giudiziali hanno agito ex art. 173 della l. fall., per aver accertato la commissione di un atto in frode- appropriazione indebita da parte dell’amministratore unico e di suo figlio, consistente nel prelevamento dalle casse della società della somma di euro 976.000,00 nell’anno precedente alla proposizione della domanda di ammissione al Concordato Preventivo. Archiviato il procedimento ex art. 173 l. fall., e raggiunte le maggioranze prescritte, in assenza di opposizioni, è stato approvato dai creditori il piano concordatario nella sua formulazione definitiva.
In assenza di opposizioni dei creditori, il Tribunale di Monza ha ritenuto di dover “effettuare nuovamente un controllo di legittimità del concordato“, finalizzato alla verifica della sussistenza e o permanenza dei requisiti formali e sostanziali prescritti dagli artt. 160 e 161 l. fall.; un controllo che non si sostanzia in un mero riscontro della legittimità formale ex lege, come pur lascerebbe intendere la lettera dell’art. 180 l. fall, ma che si spinge finanche a compiere una prognosi sulla concreta realizzabilità del piano approvato.
Il Collegio ha accertato che l’omessa comunicazione di un atto depauperativo del patrimonio della società posto in essere quando già incombeva lo stato di crisi/insolvenza integra un atto di frode ai sensi dell’art. 173 l. fall. e che il silenzio dello stesso nel piano di concordato, di per sé, è rappresentativo della condotta dolosa del debitore di occultare ai creditori fatti idonei a pregiudicare il consenso informato sulle prospettive di reale soddisfacimento in caso di liquidazione. Il Tribunale di Monza ha poi valutato la rilevabilità d’ufficio della frode anche in sede di omologa dopo che il concordato, come nel caso di specie sia stato approvato dai creditori. Infatti, all’approvazione non può attribuirsi un’efficacia sanante in quanto il legislatore ha inteso sbarrare la via del concordato al debitore il quale abbia posto dolosamente in essere gli atti contemplati dal citato articolo 173, individuando in essi una ragione di radicale non affidabilità del debitore medesimo, e quindi, nel loro accertamento, un ostacolo obiettivo ed insuperabile allo svolgimento ulteriore della procedura (Cass. 14552/2014).
Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione hanno riconosciuto al giudice gli stessi poteri d’ufficio nelle tre diverse fasi dell’ammissibilità, della revoca e dell’omologazione del concordato. Infatti, non intervenendo alcuna preclusione, le questioni già decise nella fase introduttiva possono essere riesaminate dal tribunale (Corte Cost.12 marzo 2010, n. 98), con la conseguenza che il giudice con il giudizio di omologazione potrà riesaminare le questioni già decise in sede di ammissibilità.
Il Collegio ha ribadito che nel giudizio di omologazione il giudice interviene in funzione di garanzia del corretto svolgimento della procedura (Cass. 14552/2014). Il definitivo controllo di legalità sul piano di autoregolamentazione degli interessi privati, compiuto in occasione dell’omologa della domanda di Concordato Preventivo, è finalizzato a tutelare l’interesse pubblico alla definizione dell’insolvenza, la par condicio creditorum e la salvaguardia del tessuto economico-sociale generale.
Pertanto, il Tribunale, “anche in assenza di opposizioni, è titolare del potere di negare l’omologazione di un concordato preventivo laddove rilevi l’esistenza di atti in frode ai creditori che, ai sensi dell’art. 173 l.fall., implicano la revoca dell’ammissione” (Cass. 4 giugno 2014, n. 12533).
Dopo aver ampiamente argomentato sulla legittimazione in ordine alla rilevabilità d’ufficio di un atto in frode ex art. 173 l. fall., il Tribunale di Monza, ai sensi dell’art. 180 l. fall., ha rigettato la domanda di omologa del Concordato Preventivo della società Alfa, con conseguente comunicazione, a cura della cancelleria, al registro delle imprese per la iscrizione ex art. 17 l. fall., alla ricorrente, al commissario giudiziale ed al PM.
Testo del provvedimento
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