ISSN 2385-1376
Testo massima
Nel giudizio avente ad oggetto la chiesta declaratoria di nullità del contratto quadro, ovvero, in subordine, il suo annullamento per vizio del consenso o la sua risoluzione per inadempimento dell’intermediario, nonché, in ogni caso, la condanna dell’istituto di credito al risarcimento del danno, oltre che alla restituzione dell’indebito connaturata al venir meno del vincolo obbligatorio, è erronea, per motivazione insufficiente e contraddittoria, la pronuncia del Giudice di secondo grado che accolga la domanda risarcitoria formulata dall’investitore e già respinta in primo grado, ove sia stata dichiarata la nullità del contratto, con statuizione oggetto di appello incidentale inammissibile, perché tardivo. In ipotesi siffatte, invero, non può trovare ingresso nel giudizio di secondo grado una domanda risarcitoria non accolta dal Tribunale, che, conseguentemente, intanto può essere presa in considerazione in sede di gravame, in quanto in tale sede è stata fatta tempestivamente oggetto di appello incidentale.
Questo è il principio espresso dalla Corte di Cassazione, sezione terza, Dott. Berrutti Giuseppe Maria Pres. – Dott. Stalla Giacomo Maria – Rel., nella sentenza del 12-12-2014, n. 26159 in materia di intermediazione finanziaria.
La controversia aveva ad oggetto la domanda di alcuni investitori, i quali avevano acquistato in forza di contratto quadro 8 febbraio 2002 di negoziazione, ricezione e trasmissione ordini su strumenti finanziari OBBLIGAZIONI CIRIO S.P.A. per un controvalore di Euro 75.000.
Stante la perdita dell’investimento a seguito del default del gruppo Cirio, chiedevano che – previa dichiarazione di nullità, annullabilità ovvero risoluzione per inadempimento del contratto – la banca convenuta fosse condannata alla restituzione del capitale investito, oltre interessi, rivalutazione, risarcimento del maggior danno e spese. In via subordinata chiedevano “in ogni caso” (dunque, in ipotesi di accoglimento di una qualsiasi delle suddette domande di invalidità o scioglimento contrattuale), che la Banca venisse condannata al risarcimento del danno, oltre che alla restituzione dell’indebito connaturata al venir meno del vincolo obbligatorio”.
Il Tribunale di Cagliari – rilevato l’inadempimento da parte della convenuta dell’obbligo di fornire complete informazioni sull’investimento D.Lgs. 24 febbraio 1998, n. 58, ex art. 21, lett. b), (TUF) e Reg.Consob attuativo n. 11522/98 – dichiarava la nullità ex art. 1418 c.c., comma 1, del contratto con il quale gli attori avevano dato mandato di acquisto delle obbligazioni Cirio in oggetto; condannava quindi la banca alla restituzione dell’intero controvalore dell’investimento, oltre interessi legali dalla data dell’ordine di acquisto.
A seguito della proposizione dell’appello da parte della banca e dell’appello incidentale parziale da parte degli investitori interveniva la sentenza n. 257 del 14 giugno 2008 con la quale la Corte di Appello di Cagliari, in parziale riforma della sentenza di primo grado, pronunciava la risoluzione, per inadempimento della Banca, del contratto di intermediazione finanziaria dedotto in giudizio; con condanna della banca medesima al risarcimento dei danni, liquidati nel maggior importo di Euro 108.554,00 comprensivo di interessi, rivalutazione Istat, maggior danno da lucro cessante equitativamente stabilito, ed oltre interessi legali dalla sentenza al saldo.
Avverso tale sentenza veniva proposto ricorso per cassazione dalla banca per diversi motivi tra i quali quello relativo alla circostanza che la Corte di Appello aveva accolto la domanda risarcitoria degli attori nonostante che tale domanda fosse stata respinta dal tribunale (che aveva dichiarato la nullità del contratto) con una statuizione che era stata fatta oggetto da parte dei medesimi di un appello incidentale inammissibile perché tardivo.
Gli Ermellini hanno rilevato che il giudice territoriale ha errato nel dare ingresso ad una domanda, quella risarcitoria, che non era stata accolta dal tribunale e che, conseguentemente, in tanto poteva essere presa in considerazione in sede di gravame, in quanto fosse stata fatta tempestivamente oggetto di appello incidentale.
La Corte cagliaritana ha ritenuto irrilevante la tardività dell’appello incidentale, dal momento che gli attori erano risultati totalmente vittoriosi in primo grado e che, pertanto, la domanda di risoluzione contrattuale ben poteva da essi essere espressamente riproposta in sede di gravame, ex art. 346 c.p.c., nella comparsa di costituzione in giudizio, non necessitando di appello incidentale.
Nel caso di specie la domanda di risarcimento del danno non era accessoria o consequenziale alla sola domanda subordinata di risoluzione del contratto, essendo stata formulata anche in dipendenza dell’accoglimento (poi effettivamente verificatosi) della domanda di nullità contrattuale.
Il punto focale della controversia è rappresentato dalla circostanza che il Tribunale aveva ritenuto assorbita la domanda di risoluzione mentre aveva rigettato la domanda risarcitoria.
L’art. 346 cpc prevede che le domande e le eccezioni non accolte nella sentenza di primo grado, che non sono espressamente riproposte in appello, si intendono rinunciate per cui tale disposto poteva essere legittimamente invocato per la domanda di risoluzione contrattuale (sulla quale, in effetti, non vi era stata soccombenza” in primo grado degli attori, ma mero assorbimento) non anche per quella risarcitoria (sulla quale, come detto, soccombenza vi era invece stata).
In altri termini e alla stregua delle argomentazioni contenute in sentenza, la Corte di Appello non poteva pronunciare su una domanda di risarcimento del danno che gli attori non potevano limitarsi a riproporre ex art. 346 cit., ma che avevano invece onere di fare oggetto di (tempestivo) gravame incidentale.
In conclusione, la Suprema Corte ha accolto il ricorso dando ragione alla banca con condanna degli investitori al pagamento delle spese processuali.
L’errore metodologico rilevato dagli Ermellini nella sentenza della Corte di Appello è stato determinato dalla circostanza il giudice di seconde cure ha trattato unitariamente la domanda di risoluzione contrattuale e quella di risarcimento del danno. Ebbene, le due domande andavano valutate separatamente in quanto quella inerente al risarcimento del danno era da ritenersi inammissibile, stante l’avvenuta formazione del giudicato sulla correlativa pronuncia di mancato accoglimento da parte del primo giudice.
Testo del provvedimento
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Numero Protocolo Interno : 52/2014