ISSN 2385-1376
Testo massima
Si deve escludere che la natura fondiaria del credito sia subordinata all’esclusivo scopo acquisitivo di un immobile, assistito da garanzia ipotecaria necessariamente di 1 grado. Invero, l’art. 38 T.U.B non pone tali due elementi come condizioni essenziali per configurare un credito come fondiario.
I. È questo il principio affermato dalla sesta sezione della Corte di Cassazione con ordinanza n. 24038 del 12 novembre 2014.
L’ordinanza in commento, emanata a seguito di deposito in cancelleria della relazione ex art. 380-bis c.p.c., ha statuito in ordine alla correttezza del provvedimento di esclusione dallo stato passivo del privilegio ipotecario di un credito avente origine da un contratto di mutuo fondiario.
Il Tribunale di Macerata, infatti, chiamato a pronunciarsi sull’opposizione proposta dalla Banca ai sensi dell’art. 98 Legge Fallimentare, aveva rigettato la domanda e confermato la decisione del giudice delegato di esclusione dallo stato passivo del privilegio ipotecario, sotto un duplice profilo: assenza dello scopo proprio del contratto di mutuo fondiario ed assenza del carattere primario dell’ipoteca.
Il decreto del Tribunale veniva, allora, impugnato dalla Banca e cassato dalla Suprema Corte, mediante accoglimento di due dei tre motivi dedotti in ricorso.
II. L’iter logico-argomentativo seguito nella relazione, e condiviso dalla Corte, prende le mosse dalla definizione di mutuo fondiario contenuta nell’art. 38 del D.Lgs. n. 385/1993 Testo Unico Bancario per il quale “il credito fondiario ha per oggetto la concessione, da parte di banche, di finanziamenti a medio e lungo termine garantiti da ipoteca di primo grado su immobili. La Banca d’Italia, in conformità delle deliberazioni del CICR, determina l’ammontare massimo dei finanziamenti, individuandolo in rapporto al valore dei beni ipotecati o al costo delle opere da eseguire sugli stessi, nonché le ipotesi in cui la presenza di precedenti iscrizioni ipotecarie non impedisce la concessione dei finanziamenti”.
Prosegue richiamando, ad integrazione della norma definitoria, la pronuncia n. 175 del 22 giugno 2004 della Corte Costituzionale che, dichiarando inammissibile la questione di legittimità costituzionale avente ad oggetto gli artt. 38 T.U.B. e 67 L.F. in relazione all’art. 3 Cost., ha ribadito il venir meno della distinzione tra credito fondiario e credito edilizio. Discrimine, per l’appunto, già negato dalla Banca d’Italia in due comunicazioni del 1994 nelle quali si precisa che, essendo venuta meno la distinzione tra credito edilizio e credito fondiario, quest’ultimo possa riassumere in sé finanziamenti di diversa natura e, cosa più importante, non sussiste alcun vincolo di destinazione delle somme erogate, mancando nella norma di riferimento la previsione di uno specifico scopo.
Sulla base di queste premesse, la Corte di Cassazione, nel caso di specie, ha ritenuto di condividere il succitato orientamento, negando che la natura fondiaria del credito debba essere subordinata alla compresenza dell’esclusivo scopo acquisitivo di un immobile e della garanzia ipotecaria di primo grado, e affermandone la piena applicabilità anche alle ipotesi in cui il finanziamento sia stato concesso al fallito per la ristrutturazione di un debito residuo.
III. L’ordinanza sin qui illustrata permette notevoli spunti di riflessione, trattando di un istituto, quale quello del mutuo fondiario, che vede la sua origine nel R.D. n. 646/1905 Testo Unico delle leggi sul credito fondiario – oggi modificato dal D.Lgs. n. 385/1993.
Il mutuo fondiario è già di per sé un istituto di non scarsa rilevanza, rappresentando una forma di credito speciale avente ad oggetto la concessione, da parte di banche, di finanziamenti a medio e lungo termine garantiti da ipoteca di primo grado su immobili. La somma oggetto del finanziamento non potrà eccedere una determinata percentuale che sarà stabilità dalla Banca d’Italia tenendo in conto, tra gli altri, il valore dell’immobile.
In perfetta linea con l’attuale tendenza alla decodificazione, anche la disciplina del credito fondiario appare articolata su due diversi piani: quanto alla definizione ed all’oggetto, è la legge e, dunque, la fonte primaria a fornirne una prima descrizione; viceversa, quanto agli aspetti tecnici delle singole operazioni, la fonte primaria delega alla fonte secondaria la loro regolamentazione. Pertanto, l’istituto in parola appare disciplinato da una numerosa serie di fonti, sia legislative sia amministrative quali delibere del CICR, le istruzioni, le circolari e le comunicazioni della Banca d’Italia adottate in conformità delle delibere del CICR, i decreti del Ministero dell’Economia, le circolari dell’ABI.
In secondo luogo, risulta uno strumento a dir poco vantaggioso agli occhi degli istituti di credito grazie alle numerose deroghe al diritto comune contenute negli artt. 39 e 41 T.U.B., quali la non assoggettabilità a revocatoria fallimentare delle ipoteche iscritte almeno 10 giorni prima la pubblicazione della sentenza dichiarativa del fallimento, la non obbligatorietà della notifica del titolo contrattuale esecutivo unitamente al precetto, nonché la possibilità di essere soddisfatti anticipatamente in sede di distribuzione del ricavato derivante dalla vendita dell’immobile.
Sebbene gli aspetti favorevoli siano molteplici, ciò su cui ancora si discute è proprio la natura giuridica del contratto.
In particolare, come nel caso esaminato, resta in dubbio la qualificazione del contratto di mutuo fondiario in termini di mutuo di scopo.
Con il mutuo di scopo viene concessa a mutuo una somma – o altre cose fungibili – con l’obbligo per il mutuatario di farne un determinato utilizzo. Il mutuatario è, dunque, vincolato ad usare la somma nel modo ed eventualmente con le modalità e nei tempi indicati nel contratto.
Un’isolata giurisprudenza ritiene ancora che il mutuo fondiario debba considerarsi un mutuo di scopo sia perché originariamente sorto al fine di rigenerare e smobilizzare la proprietà terriera, sia perché affiancato, quanto alla disciplina, al mutuo edilizio, da sempre considerato un mutuo di scopo.
A bene vedere, mai né le precedenti, né le attuali disposizioni normative hanno espressamente definito il contratto di mutuo fondiario in suddetti termini, venendo meno anche solo per questo l’indirizzo minoritario citato.
Fatte queste premesse, è evidente che l’ordinanza in commento rappresenti l’ennesima conferma di quell’orientamento maggioritario per il quale “il mutuo fondiario non costituisce un mutuo di scopo, dal momento che non ne è elemento essenziale il patto di destinazione della somma mutuata a fini di miglioramento di fondi sui quali è costituita l’ipoteca, che il mutuatario sia tenuto a perseguire, né l’istituto mutuante deve controllare l’utilizzazione che viene fatta della somma erogata” (vedi per tutte, Cass. 22 marzo 2012, n. 4792).
Sul punto si confrontino le seguenti decisioni:
L’art.38 del d.lgs. 1° settembre 1993, n. 385, che, a tutela della collettività, attribuisce alla Banca d’Italia il potere di determinare l’ammontare massimo dei finanziamenti, attiene ad un elemento necessario del contratto concordato fra le parti, qual è l’oggetto negoziale, e, pertanto, non rientra nell’ambito della previsione di cui all’art. 117 del medesimo decreto, il quale attribuisce, invece, all’istituto di vigilanza un potere “conformativo” o “tipizzatorio” del contenuto del contratto, prevedendo clausole-tipo da inserire nel regolamento negoziale a tutela del contraente debole; ne deriva che il superamento del limite di finanziabilità, attenendo ad una normativa imperativa in ordine alla determinazione dell’oggetto, cagiona la nullità del contratto di mutuo fondiario ex art. 1418, I comma, c.c.
Il contratto di mutuo non è un mutuo di scopo: ergo, la banca può stipulare un mutuo fondiario per estinguere debiti pregressi ancora esistenti.
Il mutuo fondiario, quale risulta dalla disciplina di cui al D.Lgs. n. 385 del 1993, artt. 38 e ss., non è mutuo di scopo: di esso, cioè, non è elemento essenziale la destinazione della somma mutuata a determinate finalità (Cass. 9511/2007, 317/2001), non può, pertanto, essere negata tale qualificazione, sul rilievo della previsione contrattuale che nega la destinazione della somma mutuata all’acquisto, costruzione o ristrutturazione di immobili.
Il mutuo utilizzato dalla banca per ripianare l’esposizione debitoria ha causa lecita. La concessione di una dilazione di pagamento per un credito immediatamente esigibile in cambio di una diversa regolamentazione delle condizioni relative (anche più favorevoli) costituisce uno scambio economico effettivo e meritevole di tutela giuridica
Testo del provvedimento
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