ISSN 2385-1376
Testo massima
In relazione ad un titolo esecutivo formatosi ante-legge n. 108 del 1996, non può considerarsi fatto modificativo la successiva promulgazione della normativa antiusura, ragione per la quale gli interessi pretesi con quel titolo non sono suscettibili di alcuna valutazione in termini di usurarietà alla luce dei criteri della legge sopravvenuta.
Il mutamento del quadro giuridico di riferimento intervenuto successivamente al formarsi del giudicato è inidoneo ad incidere sull’efficacia della sentenza che abbia deciso in maniera definitiva la questione oggetto dell’intervento normativo, potendo assumere rilievo, a tal fine, solamente la modifica delle circostanze di fatto oggetto della controversia.
Così si è espressa la Suprema Corte di Cassazione, sezione terza, Pres. Dott. Salmè, Rel. Dott. Ambrosio, con la sentenza 02-12-2014, n. 25430, con la quale gli Ermellini sono tornati a pronunziarsi in materia di usura, sotto il profilo della pretesa (e non riconosciuta da consolidata giurisprudenza) efficacia retroattiva della disciplina di cui alla legge 108/1996.
La vicenda processuale trae origine dall’opposizione all’esecuzione promossa dai debitori esecutati avverso la procedura avviata dalle banche creditrici, sulla base di diversi titoli, tra cui principalmente, ai fini che qui interessa indagare, decreti ingiuntivi divenuti definitivi (prima dell’entrata in vigore della L.108/1996) ed un mutuo fondiario (stipulato anch’esso ante ’96).
Gli opponenti, in particolare, pretendevano di “paralizzare” l’esecuzione promossa dalle banche creditrici, deducendo l’usurarietà oggettiva degli interessi, per effetto dell’entrata in vigore della nuova disciplina antiusura, presentando ricorso per cassazione all’esito del rigetto delle proprie doglianze nel giudizio di merito.
In sede di legittimità, formulavano i seguenti quesiti:
a) “se gli interessi maturati in un contratto di mutuo a tasso variabile possano essere legittimi se superiori alle soglie introdotte dalla normativa sull’usura, tempo per tempo rilevante, per il solo fatto di essere stati anteriormente pattuiti all’imperativa norma sull’usura, ma soprattutto se possono ritenersi efficaci ed esigibili per lo stesso motivo, seppure superiori ai limiti introdotti dalla normativa imperativa sopravvenuta”;
b) “se la maturazione degli interessi, pur determinata da un titolo giudiziale passato in giudicato, possa ritenersi svincolata dalla disciplina sopravvenuta restrittiva, nel senso che la maturazione debba avvenire nel rispetto della disciplina antiusura indipendentemente da quanto risulta dal decreto ingiuntivo”;
c) “se gli interessi liquidati in decreti ingiuntivi, coperti da giudicato, tutti emessi anteriormente alla L. n. 108 del 1996, debbano essere adeguati alle soglie di legge pubblicate a partire dal 2/4/97, nel caso di esubero ovvero sanzionati ex art. 1815 c.c. comma 2“.
Trattasi di questione assai dibattuta in giurisprudenza, anche in virtù del fatto che il legislatore del ’96 è rimasto silente sulla disciplina delle situazioni “transitorie”, ma deve ritenersi ormai risolta nel senso dell’irretroattività della normativa, anche in virtù della successiva legge di interpretazione autentica (D.L. 29 dicembre 2000, n. 394, art. 1, convertito, con modificazioni, in L. 28 febbraio 2001, n. 24).
All’indomani dell’entrata in vigore della L.108/96, da più parti si sosteneva che il legislatore avesse inteso introdurre un principio di ordine pubblico, per il quale doveva ritenersi vietato, oltre alla pattuizione di interessi superiori alle soglie, anche l’incasso di interessi divenuti “usurari”.
A seguito di giurisprudenza (anche di legittimità) assai ondivaga, un punto fermo sembrò individuarsi almeno nel principio per il quale, i rapporti esauriti prima dell’entrata in vigore della L.108/96 non potevano in alcun modo essere rimessi in discussione, in merito alla debenza degli interessi anche superiori alle neo-introdotte soglie.
Se qualche dubbio poteva residuare in merito ai rapporti sorti prima del ’96 e non ancora esauriti, il legislatore del 2000-2001 mise definitivamente a tacere qualsivoglia tentativo di estendere la portata applicativa della normativa antiusura, accordando unicamente rilievo al momento della pattuizione (l’art.1 del D.L. 29 dicembre 2000, n. 394, convertito, con modificazioni, in L. 28 febbraio 2001, n. 24, recita infatti: “ai fini dell’applicazione dell’articolo 644 del codice penale e dell’articolo 1815, secondo comma, del codice civile, si intendono usurari gli interessi che superano il limite stabilito dalla legge nel momento in cui essi sono promessi o comunque convenuti, a qualunque titolo, indipendentemente dal momento del loro pagamento“).
Stabilita l’irrilevanza del momento dell’incasso degli interessi e l’espresso richiamo al momento in cui gli stessi sono “promessi o comunque convenuti”, con riferimento al quale andrà individuato per altro il tasso soglia (con buona pace anche della paventata configurabilità dell’usura sopravvenuta) la giurisprudenza si è così definitivamente attestata sulla posizione ribadita dalla pronuncia qui in commento per la quale i criteri fissati dalla disciplina ex lege 108/96, in ordine alla determinazione del carattere usurario degli interessi, non possono essere applicati a rapporti esauriti prima della sua entrata in vigore, senza che rilevi, in senso contrario, la pendenza di una controversia sulle obbligazioni derivanti dal contratto e rimaste inadempiute, le quali non implicano che il rapporto contrattuale sia ancora in atto, ma solo che la sua conclusione ha lasciato in capo alle parti, o ad una di esse, delle ragioni di credito.
Tale interpretazione era stata correttamente seguita, nel caso di specie, dal Tribunale, pertanto la Corte ha rigettato in toto le doglianze di parte ricorrente, anche con riferimento agli altri motivi di ricorso non rilevanti ai fini della presente analisi.
Alla luce di tale interpretazione, deve ritenersi ormai acclarato che, secondo la giurisprudenza di legittimità, il legislatore del ’96 (e della conseguente normativa di interpretazione autentica del 2000-2001) ha cristallizzato la verifica di usurarietà oggettiva nel momento genetico del rapporto, rendendolo altresì insensibile alle successive variazioni dei tassi di interessi, così come non ha inteso regolare fattispecie già esaurite prima della entrata in vigore della L.108/96, anche quando gli effetti di queste ultime si siano protratti (in sede esecutiva, come di eventuale ed ulteriore contenzioso) post ’96.
In effetti, ha ribadito la Corte, la pretesa, fatta valere dal creditore in sede di esecuzione, può essere neutralizzata soltanto con la deduzione di fatti modificativi o estintivi del rapporto sostanziale consacrato dal giudicato, che si siano verificati successivamente alla formazione dello stesso. Orbene, se il giudicato si è formato prima dell’entrata in vigore della L. n. 108 del 1996, in relazione ad un titolo esecutivo ormai formatosi, la promulgazione di quest’ultima non integra certamente gli estremi di un fatto modificativo sopravvenuto, poiché gli interessi, cristallizzati nel decreto ingiuntivo non opposto, non sono suscettibili di nuova valutazione con i criteri della novella legislativa.; invero hanno proseguito gli Ermellini il mutamento del quadro giuridico di riferimento intervenuto successivamente al formarsi del giudicato è inidoneo ad incidere sull’efficacia della sentenza che abbia deciso in maniera definitiva la questione oggetto dell’intervento normativo, potendo assumere rilievo, a tal fine, solamente la modifica delle circostanze di fatto oggetto della controversia (Cass. 12 gennaio 2011, n. 544);
Sul punto vi sono numerosi precedenti, già oggetto di commento su questa rivista, ai quali si rinvia per approfondimenti.
LA LEGGE 108/96 NON SI PUÒ APPLICARE AI RAPPORTI COMPLETAMENTE ESAURITI PRIMA DELLA SUA ENTRATA IN VIGORE
I criteri introdotti dalla normativa antiusura di cui alla legge 7 marzo 1996 n.108 non possono essere applicati a rapporti completamente esauriti prima della sua entrata in vigore, senza che rilevi, in senso contrario, la pendenza di una controversia sulle obbligazioni derivanti dal contratto e rimaste inadempiute, le quali non implicano che il rapporto contrattuale sia ancora in atto, ma solo che la sua conclusione ha lasciato in capo alle parti, o ad una di esse, delle ragioni di credito.
ANCHE SE SUPERIORI ALLA SOGLIA DI USURA SONO ESIGIBILI GLI INTERESSI LECITAMENTE PATTUITI ANTE ’96
I criteri fissati dalla legge 7 marzo 1996, n. 108 per la determinazione del carattere usurario degli interessi non trovano applicazione con riguardo alle pattuizioni anteriori all’entrata in vigore della stessa legge, come emerge dalla norma di interpretazione autentica contenuta nell’art. 1, primo comma, del D.L. 29 dicembre 2000, n. 394 (convertito, con modificazioni, nella legge 28 febbraio 2001, n. 24), norma riconosciuta non in contrasto con la Costituzione con sent. n. 29 del 2002 della Corte Costituzionale.
I MECCANISMI DELLE SOGLIE ANTIUSURA NON COSTITUISCONO FATTO MODIFICATIVO IDONEO AD INCIDERE SUL GIUDICATO.
In relazione ad un titolo esecutivo giudiziale ormai formatosi, non può considerarsi fatto modificativo sopravvenuto la promulgazione della L. n. 108 del 1996, in quanto gli interessi pretesi con quel titolo non sono suscettibili di alcuna valutazione in termini di usurarietà alla luce dei criteri della legge sopravvenuta.
LA LEGGE 108/1996 NON SI APPLICA AI RAPPORTI CONTRATTUALI CONCLUSI O RISOLTI PRIMA DELLA SUA ENTRATA IN VIGORE
La normativa anti-usura prevista dalla legge 108/1996 non ha efficacia retroattiva e per questo motivo non è applicabile a quei rapporti contrattuali conclusi o risolti prima della sua entrata in vigore.
L’USURARIETÀ VA VALUTATA SOLO CON RIGUARDO AL MOMENTO GENETICO DEL RAPPORTO, NON RILEVANDO LE SUCCESSIVE VARIAZIONI DEL TASSO SOGLIA
I criteri fissati dalla legge 7 marzo 1996, n. 108 per la determinazione del carattere usurario degli interessi non trovano applicazione con riguardo alle pattuizioni anteriori all’entrata in vigore della stessa legge, come emerge dalla norma di interpretazione autentica contenuta nell’art. 1, primo comma, D.L. 29 dicembre 2000, n. 394 (conv., con modificazioni, nella legge 28 febbraio 2001, n. 24), norma riconosciuta non in contrasto con la Costituzione con sentenza n. 29 del 2002 della Corte Costituzionale.
Testo del provvedimento
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Autore, Titolo, in Ex Parte Creditoris - www.expartecreditoris.it - ISSN: 2385-1376, anno
Numero Protocolo Interno : 30/2014