ISSN 2385-1376
Testo massima
Il diritto al risarcimento dei danni cagionati ad un immobile non costituisce un accessorio del diritto di proprietà sull’immobile stesso, trasmissibile automaticamente con la sua alienazione, ma ha natura personale, in quanto compete esclusivamente a chi, essendo proprietario del bene all’epoca dell’evento dannoso, ha subito la relativa diminuzione patrimoniale. Ne consegue che il relativo credito, che sorge al momento in cui si verificano i danni, non ha carattere ambulatorio, ma è suscettibile soltanto di apposito e specifico atto di cessione ai sensi dell’art. 1260 cod. civ.
Questo è il principio che si evidenza dalla sentenza n. 24146 del 12 novembre 2014 dalla Suprema Corte di Cassazione, Dott. PETITTI Stefano Presidente – Dott. MANNA Felice – Rel. Consigliere, in materia di responsabilità civile.
IL CASO
Tizia e Caia, comproprietarie di un fabbricato, convenivano in giudizio Mevia e Sempronia, comproprietarie a loro volta di un terreno confinante, per sentirle condannare alla demolizione delle opere edilizie realizzate in violazione della disciplina sulle distanze, alla esecuzione di lavori di ripristino della stabilità di un muro ed al risarcimento dei danni. Con sentenza del Tribunale di Avellino, confermata dalla Corte di Appello di Napoli, le convenute venivano condannate al pagamento della somma di 6.000,00, oltre accessori alla stregua del principio, precisato dalla Corte Partenopea, che le attrici – resesi proprietarie del fabbricato con atto di donazione del 06/11/1985, con cui l’immobile era stato loro trasferito nello stato di fatto e di diritto in cui si trovava, con tutti i relativi diritti accessioni e accessori, pertinenze, dipendenze, servitù attive e passive e comunioni- erano le uniche titolate ad ottenere il ristoro dei danni in quanto proprietarie del bene danneggiato, a nulla rilevando che i danni fossero stati presumibilmente provocati da una attività costruttiva interrotta prima che le attrici divenissero proprietarie dell’edificio, trattandosi di illecito permanente e come tale produttivo di danno fino a che non si fosse provveduto alle riparazioni necessarie.
LA DECISIONE DELLA S.C. 12/11/2014 n.24146
Cassando la sentenza impugnata, la Corte Regolatrice ha enunciato l’importante principio che l’azione di risarcimento dei danni cagionati ad un immobile non costituisce un accessorio del diritto di proprietà sull’immobile stesso, trasmissibile automaticamente con la sua alienazione, ma ha natura personale, in quanto compete esclusivamente a chi, essendo proprietario del bene all’epoca dell’evento dannoso, ha subìto la relativa diminuzione patrimoniale.
Da detto provvedimento, che riprende un tema già trattato in precedenza, in modo sostanzialmente conforme (Cass. 03/07/2009 n. 15744), tenuto conto delle emergenze di causa, quali accertate dal Giudice di merito (danni provocati presumibilmente dalla attività costruttiva, interrotta prima della suddetta donazione nonché l’assenza di un atto di cessione del credito risarcitorio) si ricava, dunque, che la titolarità dell’azione di risarcimento del danno de qua debba essere individuata:
a) sulla base della considerazione che l’illecito civile obbliga colui che si sia reso responsabile di un danno ingiusto a risarcirne le conseguenze pregiudizievoli a favore del soggetto che le abbia subite (nella specie il proprietario dell’immobile al momento dell’evento dannoso) caratterizzando così il rapporto del connotato della relatività, per cui le pretese da esso nascenti possono essere fatte valere da e contro i soggetti protagonisti dello stesso;
b) sulla base della considerazione che una simile situazione (quella scrutinata dalla S.C.) non comporta la inerenza ossia l’incorporazione tra il diritto e la cosa, tipica delle obbligazioni propter rem, che avrebbe permesso il trasferimento automatico, con l’alienazione del bene, anche del diritto al risarcimento danni in quanto accessorio a quello di proprietà sull’immobile danneggiato.
Al riguardo, la Cassazione richiama il concetto di ambulatorietà della obbligazione propter rem, a significare che quella risarcitoria in esame non è dotata di tale caratteristica laddove, nella prima, la obbligazione che accede alla cosa si trasferisce automaticamente insieme alla titolarità del bene, nel senso che le parti del rapporto variano in seguito alla circolazione del bene stesso, senza bisogno di una previsione espressa, secondo quella modalità, tipica dei diritti reali, della c.d. sequela.
Ciò spiega il motivo per cui le obbligazioni propter rem, che costituiscono secondo l’opinione prevalente un numerus clausus, si estinguerebbero solo a seguito del c.d. abbandono liberatorio del bene come nell’esempio del condomino, che non può liberarsi dall’obbligo di contribuire alle spese per la conservazione della cosa comune, abbandonando la sua quota di parte comune se non rinuncia anche alla proprietà dell’immobile, con il conseguente subentro di altro soggetto, al quale lo stesso è trasferito, nella medesima posizione del rinunciante.
In definitiva nella fattispecie da cui è scaturita la ordinanza in rassegna, in mancanza di accertamento che il credito risarcitorio in questione fu oggetto di apposita e specifica cessione, la Cassazione non poteva far altro che disattendere le conclusioni del Giudice di merito circa la legittimazione ad agire delle attrici che avevano ricevuto in donazione l’immobile danneggiato, stante il carattere personale e non ambulatorio del diritto azionato.
Sul punto è bene rimarcare che tale conclusione è anche coerente con quanto in precedenza esplicitamente stabilito dalla Corte regolatrice in tema di cedibilità del diritto al risarcimento danni.
Ed, invero, la circostanza che la legittimazione ad agire avrebbe potuto essere affermata in capo alle attrici, laddove il diritto in questione fosse stato oggetto di apposito atto di cessione ex art. 1260 C.C., è elemento che si pone in linea con quanto affermato espressamente dalla stessa Cassazione sulla problematica della cedibilità del diritto al risarcimento danni.
Più volte gli Ermellini, infatti, hanno affermato il principio secondo cui “ben può il diritto (o la ragione) di credito al risarcimento del danno, patrimoniale e non, costituire oggetto di cessione, a titolo oneroso o gratuito”, ai sensi e nei limiti di cui all’art. 1260 C.C. (v. ex multis Cass. 13/05/2009 n. 11095; Cass. 10/01/2012 n. 52; Cass. 03/10/2013 n. 22601).
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Testo del provvedimento
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Numero Protocolo Interno : 25/2014