TESTO MASSIMA
L’art. 586 comma 1 cpc riconosce al Giudice dell’Esecuzione il potere di sospendere la vendita forzata anche all’esito di aggiudicazione, se il prezzo offerto è inferiore a quello giusto; di talché si verifica l’impossibilità di pronunziare il decreto di trasferimento del bene, la revoca dell’aggiudicazione e degli atti ad essa consequenziali con consequenziale restituzione delle somme versate dagli aggiudicatari e la fissazione di un nuovo procedimento di vendita adeguando il prezzo base rispetto al reale valore del bene.
La norma in esame è stata introdotta con la legge 203/91, che conteneva varie disposizioni in materia di criminalità organizzata, per cui si è molto discusso del suo ambito di applicazione e più precisamente se il potere riconosciuto al Giudice potesse essere adottato solo in presenza di illegittime interferenze nel procedimento di determinazione del prezzo delle vendite forzate immobiliari.
In un primo momento, la giurisprudenza si è orientata in questo senso; ma nel tempo tale interpretazione è stata superata, per cui ggi si può affermare che la condizione richiesta dall’art. 586 cpc ben può discendere da fattori del tutto fisiologici, come quello di eccessivi ribassi in conseguenza di una serie di aste deserte e che l’istituto della sospensione risponde all’esigenza generale di garantire la vendita ad un prezzo congruo e, quindi, non notevolmente inferire a quello giusto.
La norma nulla dice sui criteri di individuazione “del prezzo giusto”. Sul punto, la Cassazione con la sentenza n. 6269 del 18/4/2003 ha statuito che essa è stata volutamente indicata dal legislatore come ”generica e priva di riferimenti a parametri precisi allo scopo di consentirne la adattabilità alla varietà delle ipotesi possibili”. In tal modo, il Giudice dell’esecuzione, ai fini della valutazione, può avvalersi di elementi, anche indiziari, di natura più varia, quali, ad esempio, i fatti notori, la presentazione tardiva di offerte all’incanto, il deposito di offerte di aumento del sesto, le notizie e le informazioni dovunque e da chiunque attinte, i fatti nuovi e sopravvenuti alla stima del bene immobile oggetto della vendita all’incanto.
Ove sussistano tali elementi, l’esercizio del potere discrezionale di sospensione è comunque sempre subordinato all’esistenza di una notevole sproporzione tra il prezzo di aggiudicazione e quello giusto o corrente di mercato del cespite pignorato, onde evitare che il processo esecutivo si concluda con una vendita ad un prezzo irrisorio.
Proprio in virtù di tale principio, si ritiene che il Giudice dell’Esecuzione è deputato a presidiare la garanzia del giusto prezzo anche nell’ambito della procedura esattoriale e tanto perché tale potere non è incompatibile con la finalità perseguita dallo speciale sistema normativo di cui al DPR n. 602/973 e funge da garanzia ulteriore, affinché l’esigenza della spedita realizzazione delle ragioni di credito riscuotibili mediante ruolo si coniughi opportunamente con la correlata esigenza del minor sacrificio possibile degli interessi particolaristici coinvolti nell’azione dell’amministrazione finanziaria.
FOCUS
Il potere di sospensione della vendita riconosciuto al Giudice dell’Esecuzione è conforme al principio secondo cui l’accesso alla procedura esecutiva deve essere giustificato da un effettivo interesse economico, che sarebbe frustato dalla prosecuzione di un’azione infruttuosa, vanamente costosa e, dunque, antieconomica.
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