ISSN 2385-1376
Testo massima
Al fine di incentivare ulteriormente il ricorso allo strumento del concordato preventivo e di eliminare un’illogica diversità di disciplina rispetto al concordato fallimentare, si è previsto con la riforma dell’art.160 legge fallimentare (R.D. n. 267 del 1942), operata con il D.Lgs. n. 169 del 2007, che anche la proposta di concordato preventivo possa contemplare il pagamento in percentuale dei creditori privilegiati, a condizione che la misura del soddisfacimento proposta non sia inferiore a quella realizzabile sul ricavato in caso di vendita dei beni sui quali il privilegio cade.
Questi i principi affermati con la sentenza n. 20388 del 2014 dalla Corte di Cassazione, la quale affronta la questione della ammissibilità della proposta di concordato preventivo fallimentare contenente dilazione di pagamento verso i creditori privilegiati.
Nel caso portato all’attenzione della Suprema Corte, la Corte di Appello ha revocato la sentenza emessa dal Giudice di prime cure con la quale veniva dichiarato il fallimento della società, previa dichiarazione di inammissibilità della proposta di concordato preventivo fallimentare proposta dalla società stessa.
Tale determinazione trae origine dall’assunto secondo il quale nella proposta di ammissibilità alla procedura di concordato non venivano riconosciuti gli interessi sui crediti privilegiati in assenza delle condizioni di riduzione del credito, essendo altresì richiesta una dilazione del pagamento degli stessi.
La Corte di Appello, infatti, nell’esaminare la questione portata al suo giudizio riteneva che il Tribunale aveva compiuto una valutazione di merito senza coordinare la stessa con il dettato normativo di cui all’articolo 160 L.F.
Investita del ricorso avverso tale decisione la Corte di Cassazione premette come sia errato ritenere che l’accertamento operato dal Tribunale costituisca accertamento di merito non consentito dall’articolo 162 L.F.. Ciò in quanto se in tesi non fosse possibile proporre un pagamento dilazionato di credito privilegiato, al di là della obbligazione accessoria relativa agli interessi, la dichiarazione di inammissibilità della proposta costituirebbe comunque il presupposto di un necessario controllo da parte del Giudice di merito sulla proposta stessa.
Sul punto la stessa si era espressa a Sezioni Unite affermando che spetta al giudice la verifica sulla fattibilità giuridica del concordato preventivo ed eventuale possibilità di esprimere parere negativo in merito all’ammissibilità del concordato ove le modalità attuative del medesimo siano incompatibili con le norme inderogabili. (Cass. S.U. n. 1521 del 23.01.2013)
Poste tali premesse, i Giudici di legittimità, esaminando il quesito relativo alla ammissibilità di una proposta di concordato preventivo la quale al suo interno preveda pagamento dilazionato di crediti privilegiati, hanno evidenziato come già in precedenza si sia espresso parere favorevole sulla questione. Nel merito, infatti, è stato affermato dalla Suprema Corte come la riforma dell’art. 160 L.F. ad opera del D.Lgs.169/07, preveda che la proposta (di concordato) possa prevedere per il creditori privilegiati il soddisfacimento non integrale, purché il piano preveda la soddisfazione dei medesimi in misura non inferiore a quella realizzabile sul ricavato in caso di liquidazione in ragione della loro collocazione preferenziale (Cass. n. 10112 del 09.05.2014).
La sentenza in esame rileva, inoltre, come la stessa relazione illustrativa del D.Lgs c.d. correttivo evidenzia come tale normativa costituisca novità rispetto al precedente regime normativo che non consentiva in sede di concordato preventivo di offrire un pagamento in percentuale ai creditori privilegiati, come invece poteva accadere in ambito di concordato preventivo fallimentare.
La innovazione legislativa sopra richiamata, quindi, ha chiaramente voluto non solo incentivare il ricorso al concordato preventivo, ma anche elidere disparità tra le discipline del concordato preventivo e quello fallimentare prevedendo, così, che anche la proposta di concordato preventivo possa prevedere il pagamento in percentuale di creditori privilegiati a patto che non sia inferiore a quella realizzabile sul ricavato dei beni su cui il privilegio ricade in caso di vendita.
La Corte aveva, nel merito, già avuto modo di chiarire come le modifiche apportate alla disciplina del concordato preventivo dal D.Lgs. 169/07 non abbiano natura interpretativa, volendo la stessa eliminare illogiche diversità di disciplina rispetto al concordato fallimentare ed al contempo incentivare il ricorso allo strumento del concordato preventivo. (Cass. n. 6901 del 22.03.2010).
Con la sentenza in commento, quindi, richiamando le finalità perseguite dal legislatore con il Decreto Correttivo, la Suprema Corte ha confermato che se la regola generale è quella del pagamento non dilazionato di crediti privilegiati, il pagamento di essi con dilazione più ampia rispetto all’arco temporale imposto dai tempi tecnici della procedura equivale al soddisfacimento non integrale di essi. Ciò in quanto i creditori riporterebbero una perdita economica causata dal ritardo con cui gli stessi conseguono la disponibilità degli importi a loro spettanti.
La verifica di tale eventuale perdita costituisce accertamento che il Giudice di merito deve compiere ai sensi e per gli effetti dell’articolo 160 L.F., ed alla luce della perizia prevista al Co.2 di tale norma ed alla offerta di interessi eventualmente proposti ai creditori, nonché alla luce dei tempi tecnici utili al realizzo. A tali valutazioni si sommano anche quelle relative a contenuto concreto della proposta.
Testo del provvedimento
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