ISSN 2385-1376
Testo massima
In sede di legittimità, deve rigettarsi il ricorso in cui le censure sollevate si risolvano in un diverso apprezzamento di questioni riservate al giudice di merito cui, solo, spetta valutare le prove, scegliere tra le risultanze istruttorie quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione, dare prevalenza all’uno o all’altro mezzo di prova, salvo i casi tassativamente previsti dalla legge in cui alla prova è assegnato un valore legale.
E’ da considerarsi vietata, in quanto configurante uso indebito di una cosa comune, l’apertura di una porta sul muro perimetrale di un edificio in condominio per mettere in comunicazione due locali, posti nell’edificio condominiale, appartenenti allo stesso proprietario con altro immobile estraneo al condominio.
Così ha deciso la Corte di Cassazione, Seconda sezione, con la sentenza n. 10606 depositata in cancelleria il 15 maggio 2014.
Nel caso di specie la Corte si è pronunciata sulla causa promossa dalla proprietaria di un appartamento sito in un condominio nei confronti di altro proprietario il quale aveva aperto una porta, sul muro condominiale, per unire il proprio locale con un altro di sua proprietà sito in un condominio confinante.
La Corte d’Appello di Bologna (confermando la sentenza di primo grado) aveva disposto la chiusura della porta tra i due condominii e, così, gli acquirenti dell’immobile del convenuto proponevano ricorso in Cassazione.
la Cassazione, ha considerato illegittima l’apertura di un varco sul muro perimetrale, praticata da un condomino per mettere in comunicazione due sue unità immobiliari. Si legge nella sentenza che “le aperture praticate dal condomino nel muro comune, per mettere in collegamento locali di sua proprietà poste nell’edifico condominiale, con altro immobile estraneo al condominio, costituivano un uso indebito della cosa comune, alterando la destinazione del muro ed incidendo sulla sua funzione di recinzione, potendo, inoltre, dar luogo ad una servitù di passaggio a carico della proprietà condominiale“.
In conclusione, la Corte ha rigettato il ricorso e ha condannato i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.
Testo del provvedimento
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