ISSN 2385-1376
Testo massima
Il debitore che intenda proporre opposizione alla esecuzione intrapresa dal creditore sui beni costituiti in fondo patrimoniale, è tenuto a provare la regolare costituzione del fondo e la sua opponibilità al creditore.
Il debitore deve provare, altresì, che il debito per cui si procede fu contratto per scopi estrani ai bisogni della famiglia, intendendosi ricompresi in tali bisogni anche quelle esigenze volte al pieno mantenimento ed all’armonico sviluppo della famiglia, restando escluse solo le esigenze voluttuarie o caratterizzate da intenti meramente speculativi.
Questi i principi espressi dalla Suprema Corte con la sentenza n. 15886 del 11 luglio 2014 in materia di opposizione all’esecuzione sui beni confluiti in un fondo patrimoniale.
Due soggetti proponevano opposizione all’esecuzione promossa nei loro confronti da una banca assumendo che il bene immobile sottoposto a pignoramento fosse da ritenere impignorabile ai sensi dell’art. 170 c.c., perché conferito nel fondo patrimoniale costituito con atto notarile regolarmente trascritto in epoca anteriore, sia all’iscrizione dell’ipoteca dagli stessi concessa a garanzia del mutuo da parte della banca ad una società, sia al pignoramento trascritto.
Con sentenza del 21.11.2007, il Tribunale di Firenze rigettava l’opposizione, avverso la quale i soccombenti proponevano ricorso per cassazione.
I ricorrenti denunciavano violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c., per avere il Giudice di primo grado fondato la propria decisione sulla base di presunzioni, in particolare sulla presunzione che ogni esercizio di attività d’impresa verrebbe per ciò stesso intrapreso e svolto per esigenze della famiglia, e per aver posto a carico di colui che opponga l’impignorabilità del bene costituito in fondo patrimoniale l’onere di provare che il creditore conosceva che l’obbligazione da cui il debito scaturisce era contratta per scopi estranei alla famiglia.
La Corte ha ribadito il principio in base al quale al fine di contestare il diritto del creditore di agire esecutivamente ex art. 615 c.p.c., l’onere della prova grava sul debitore opponente; questi non deve provare soltanto la regolare costituzione del fondo patrimoniale e la sua opponibilità nei confronti del creditore pignorante, ma anche che il debito per cui si procede fu contratto per scopi estranei ai bisogni della famiglia.
La Corte ha, poi, precisato che quanto al criterio identificativo dei crediti – il disposto dell’art. 170 c.c. va inteso non in senso restrittivo, vale a dire con riferimento alla necessità di soddisfare l’indispensabile per l’esistenza della famiglia, bensì nel senso di ricomprendere in tali bisogni anche quelle esigenze volte al pieno mantenimento ed all’armonico sviluppo della famiglia, nonché al potenziamento della sua capacità lavorativa, restando escluse solo le esigenze voluttuarie o caratterizzate da intenti meramente speculativi.
In altri termini, i beni costituiti in fondo patrimoniale non potranno essere sottratti all’azione esecutiva dei creditori quando lo scopo perseguito nell’obbligarsi sia quello di soddisfare i bisogni della famiglia, da intendersi non in senso meramente oggettivo, ma nel senso ampio indicato, nel quale sono ricompresi anche i bisogni ritenuti tali dai coniugi in ragione dell’indirizzo della vita familiare e del tenore prescelto, in conseguenza delle possibilità economiche familiari.
In conclusione la Suprema Corte ha rigettato il ricorso e condannato i ricorrenti in solido tra loro al pagamento delle spese in favore della banca.
Testo del provvedimento
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