Testo massima
Lo ha deciso la Suprema Corte di Cassazione nella sentenza n. 15343 del 4 luglio 2014 chiamata a pronunciarsi sul ricorso proposta dal curatore fallimentare contro la sentenza della Corte di appello di Catanzaro che nell’accogliere il reclamo proposto dalla società debitrice aveva disposto la revoca della dichiarazione di fallimento.
La decisione è stata assunta sulla base del fatto che parte creditrice aveva implicitamente rinunciato all’istanza di fallimento non essendosi presentata all’udienza ed aveva altresì aderito al reclamo proposto dalla debitrice contro la sentenza dichiarativa del fallimento. Il Giudice d’appello aveva inoltre accertato che la mancanza delle condizioni previste dall’art. 15, comma 9, L.F. in quanto la società non aveva registrato un debito superiore alla soglia di 30.000 al momento della dichiarazione di fallimento, donde non poteva essere riconosciuta la sussistenza dello stato di insolvenza.
Il curatore fallimentare ha proposto ricorso per cassazione contro la decisione assunta dalla Corte d’appello, non condividendo i motivi che hanno determinato la revoca del fallimento, ma i Giudici di legittimità hanno respinto le doglianze sollevate dal ricorrente.
Secondo quanto osservato dalla Cassazione il superamento della soglia di 30.000 prevista dall’art. 15, comma 9, L.F. deve necessariamente risultare dagli atti dell’istruttoria pre-fallimentare, poiché sono irrilevanti gli accertamenti successivi effettuati in sede di verifica dello stato passivo.
Nel caso di specie, l’istanza di fallimento era stata fondata su un debito superiore alla soglia prevista dall’art. 15, comma 9, L.F., ma nelle more era stato effettuato un pagamento che aveva ridotto la debenza sotto il limite di 30.000. Il curatore ha eccepito che non era stata fornita tuttavia la prova dell’avvenuto pagamento prima della dichiarazione di fallimento e che, in ogni caso, era emerso lo stato di insolvenza in ragione dei crediti ammessi allo stato passivo.
A prescindere dal fatto che i motivi di gravame proposti dalla curatela sono stati dichiarati inammissibili in quanto non suscettibili di accertamento in sede di legittimità, la Cassazione ha comunque respinto le eccezioni sollevate dal ricorrente, in quanto l’accertamento di una esposizione debitoria superiore a 30.000 sfugge da ogni ulteriore verifica in sede fallimentare relativa allo stato di insolvenza riscontrabile in sede di accertamento dello stato passivo. Lo stato di insolvenza è infatti unicamente verificabile in sede pre-fallimentare ai fini della dichiarazione o meno del fallimento.
Testo del provvedimento
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