ISSN 2385-1376
Testo massima
In sede di rogito, al fine di acquisire la certezza in merito alla identità personale di un soggetto, il notaio deve ricorrere alla figura dei fidefacenti di cui all’art. 49 L. notarile per ottenere tutte le informazioni e gli elementi effettivamente necessari.
Lo ha stabilito il Tribunale di Napoli, in persona del dott. Paolo Mariani, con la sentenza n. 12881/12 in materia di responsabilità professionale del notaio.
L’attore si doleva del comportamento negligente di due notai nella redazione di atti rogati dagli stessi per non avere, i professionisti, correttamente identificato l’identità personale dell’attore. I notai, infatti, avevano accertato l’identità dell’attore sulla scorta di un documento di riconoscimento oggetto di furto avvenuto anteriormente alla stipula degli atti. Conseguentemente, l’attore chiedeva la condanna dei professionisti nonché il risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali subiti.
L’attività di identificazione da parte del notaio è regolata dall’art. 49 della legge 16 febbraio 1913 n. 89 sull’ordinamento del notariato e degli archivi notarili, nel testo fissato dall’art. 1 della legge 10 maggio 1976 n. 333. Tale norma stabilisce che il notaio “deve essere certo dell’indennità personale delle parti e può’ raggiungere questa certezza, anche al momento dell’attestazione, valutando tutti gli elementi atti a formare il suo convincimento; in caso contrario può avvalersi di due fidefacienti da lui conosciuti“.
Il testo della norma è indubbiamente rivolto ad adeguare gli obblighi del notaio, in sede di identificazione delle parti, alla mutata realtà giuridica e sociale, sostituendo alla “personale” certezza della identità delle parti, prescritta dal vecchio testo, la semplice certezza in proposito, alla stregua di un convincimento raggiungibile anche al momento dell’attestazione: certezza che, peraltro, deve scaturire dalla valutazione di tutti gli elementi.
Il Giudice ha, infatti, sostenuto concordemente ad una consolidata giurisprudenza di legittimità e di merito che “non è sufficiente, ai fini dell’accertamento da parte del notaio della identità dei soggetti che intervengono all’atto, la verifica fondata sul solo documento di identità esibita dalla parte“. Infatti, ancorché esso non presenti segni di alterazione o abrasione, tenuto conto del diffuso fenomeno dell’alterazione di tali documenti e della circostanza che non è sempre agevole o possibile rilevarne la eventuale falsità, il notaio – quale pubblico ufficiale certificatore ha comunque l’obbligo, così come sancito dall’art. 49 della legge notarile, di accertare l’identità personale delle parti acquisendo tutti gli elementi e le informazioni che egli ritenga necessari per giungere ad un giudizio di certezza secondo l’elevato grado di diligenza professionale richiesto ad un tale professionista ai sensi dell’art. 1176 co. 2 c.c. (vedi in senso conforme tra le altre Trib. Torino sez IV del 29.11.06. Trib. Bari del 31.1.2005, Cass. civile n, 8510/1987 e n. 3274/1986).
Alla stregua delle suesposte argomentazioni, il Giudice ha ritenuto che i notai avrebbero dovuto ricorrere alla figura dei fidefacenti di cui all’art. 49 Legge notarile onde acquisire la certezza in merito alla identità personale dell’attore.
Pertanto, l’errato convincimento dei professionisti ha avuto causa in una condotta colpevole perché non conforme agli elevati parametri di diligenza richiesti ai notai nell’acquisizione di tutte le informazioni ed elementi effettivamente necessari per pervenire all’accertamento dell’identità del soggetto partecipante all’atto.
In conclusione, il Giudice, ha dichiarato la responsabilità dei professionisti condannandoli, in solido tra loro, alla somma complessiva di euro 52.655,00 nei confronti dell’attore.
Testo del provvedimento
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