ISSN 2385-1376
Testo massima
Il default di Lehman Brothers certamente non era percepibile da parte dell’intermediario finanziario tre anni prima che lo stesso si verificasse.
Nemmeno sussisteva un obbligo giuridico di informare l’investitore di circostanze sopravvenute ed utili a rivalutare il rating dell’investimento, obbligo sussistente solo ove tra intermediario e investitore sia stato concluso un contratto di consulenza o di gestione patrimoniale.
Questo interessante principio è stato affermato dal Tribunale di Rimini con sentenza del 27.03.2013.
Un risparmiatore conveniva in giudizio la banca domandando la risoluzione dei contratti conclusi, aventi ad oggetto l’acquisto di titoli obbligazionari Lehman Brothers, a cagione dell’asserito inadempimento della banca rispetto ai doveri di adeguatezza e di informazione.
Nel caso di specie, la banca raccoglieva le informazioni relative all’esperienza e alla consistenza finanziaria dell’investitore, il quale si proponeva come obiettivo “investimenti che presentano caratteristiche di redditività e rivalutabilità anche in presenza di rischio di oscillazione dei prezzi e dei cambi”.
Circa l’aspetto dell’adeguatezza, inoltre, la banca provvedeva a far sottoscrivere all’investitore una specifica clausola di accettazione del rischio. Infatti l’investitore aveva sottoscritto la seguente dichiarazione: “…sono/siamo stati informati, ai sensi dell’art. 29 del reg. consob 1152, che la presente operazione non è adegua, tenuto conto dell’obiettivo di rischio/rendimento attribuito in considerazione di: importo eccessivo; preso atto pertanto che non sarebbe opportuno procedere, autorizzo/autorizziamo comunque la sua esecuzione, sollevando la banca da qualunque responsabilità in merito”.
Ciò premesso, il Giudice ha esaminato se sussista in capo alla banca un obbligo di informazione successiva all’acquisto, concludendo per la risposta negativa, in quanto l’obbligo ricorre espressamente nelle (e, dunque, limitatamente solo alle) ipotesi previste dai commi 3 e 4 dell’art. 28 del regolamento CONSOB (investimenti in strumenti derivati e in warrant disposte per finalità diverse da quelle di copertura e in caso di gestione patrimoniale), mentre non sussiste quando la negoziazione di titoli avvenga a scopo speculativo.
Il Tribunale, dunque, ha rigettato tutte le domande proposte dagli attori condannando, altresì, gli stessi alla spese di lite liquidate in euro 4.500,00.
Testo del provvedimento
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Numero Protocolo Interno : 378/2013