ISSN 2385-1376
Testo massima
“In materia di espropriazione immobiliare, qualora sia sottoposto a pignoramento un diritto reale su un bene immobile di provenienza ereditaria e l’accettazione dell’eredità non sia stata trascritta a cura dell’erede – debitore esecutato, il creditore procedente, se il chiamato all’eredità ha compiuto uno degli atti che comportano accettazione tacita dell’eredità, può richiedere, a sua cura e spese, la trascrizione sulla base di quell’atto, qualora esso risulti da atto pubblico o da scrittura privata autenticata od accertata giudizialmente, anche dopo la trascrizione del pignoramento, ripristinando cosi la continuità delle trascrizioni ai sensi e per gli effetti dell’art. 2650 c.c., comma 2, purchè prima dell’autorizzazione alla vendita ai sensi dell’art. 569 c.p.c..
Se, invece, il chiamato all’eredità ha compiuto uno degli atti che comportano accettazione tacita dell’eredità ma questo non sia trascrivibile, perchè non risulta da sentenza, da atto pubblico o da scrittura privata autenticata, ovvero se si assume che l’acquisto della qualità di erede sia seguito ex lege ai fatti di cui agli artt. 485 o 527 cod. civ., non risultando questo acquisto dai pubblici registri, la vendita coattiva del bene pignorato ai danni del chiamato presuppone che la qualità di erede del debitore esecutato sia accertata con sentenza.”
Questo è il principio di diritto formulato dalla Corte di Cassazione nella sentenza n. 11638 del 26 maggio 2014.
La vicenda controversa riguarda una procedura esecutiva immobiliare esattoriale proposta da Equitalia ai danni di un debitore ed avente ad oggetto la quota di due sesti di un immobile.
La procedura esecutiva era stata dichiarata improcedibile dal giudice dell’esecuzione al quale, in base all’ordinamento giuridico, spetta la verifica d’ufficio della titolarità, in capo al debitore esecutato, del diritto reale pignorato sul bene immobile, mediante l’esame della documentazione depositata dal creditore procedente ovvero integrata per ordine dello stesso giudice ai sensi dell’art. 567 c.p.c., dalla quale deve risultare la trascrizione di un titolo di acquisto in suo favore.
Nel caso di specie, dai registri immobiliari non si evinceva la prova che il debitore esecutato avesse accettato l’eredità in cui era compresa la quota di due sesti oggetto di pignoramento, con un atto trascritto prima della trascrizione del pignoramento.
L’Agente di riscossione proponeva opposizione sostenendo che il debitore avesse accettato tacitamente l’eredità, ai sensi dell’art.476 c.c.. Tuttavia, il Tribunale rigettava l’opposizione.
Ebbene, la Suprema Corte, adita dall’ Equitalia a risolvere la delicata questione in esame, con tale sentenza, in primo luogo, ha ribadito che al giudice dell’esecuzione competa la verifica d’ufficio della titolarità del diritto reale sull’immobile pignorato; quando tale titolarità è acquistata per via ereditaria la verifica officiosa ha ad oggetto la trascrizione dell’accettazione espressa o tacita dell’eredità.
Se la trascrizione dell’acquisto mortis causa non è effettuata, le trascrizioni ed iscrizioni successive, compresa la trascrizione del pignoramento, non producono effetto a carico dell’acquirente successivo, ai sensi dell’art. 2650, comma 1; ma se, ai sensi dell’art. 2650, comma 2, la continuità viene ripristinata, le successive trascrizioni ed iscrizioni producono effetto secondo il loro ordine rispettivo (salvo il disposto dell’art. 2644).
Pertanto, una volta trascritta l’accettazione di eredità e ripristinata la continuità delle trascrizioni (nel presupposto che non vi siano trascrizioni o iscrizioni intermedie e quindi non operi l’art. 2644), pur dopo la trascrizione del pignoramento, questo mantiene i suoi effetti e la trascrizione del successivo decreto di trasferimento a favore dell’aggiudicatario, avrà, a sua volta, effetto contro coloro che abbiano iscritto o trascritto diritti in epoca successiva alla trascrizione del pignoramento.
La continuità delle trascrizioni, dunque, nell’ambito della procedura esecutiva, è necessaria per tutelare l’acquisto dell’aggiudicatario, garantendone la stabilità in caso di conflitto con gli aventi causa dall’erede apparente (nel caso in cui l’esecutato sia il vero erede) o dall’erede vero (nel caso in cui l’esecutato sia erede apparente). Pertanto, la trascrizione non è un presupposto processuale che deve esistere nel momento di avvio dell’azione esecutiva, potendo anche sopravvenire, purchè prima della vendita coattiva.
In presenza di un’accettazione tacita dell’eredità, la Corte ha affermato che la trascrizione può agevolmente avvenire solo nel caso in cui il chiamato all’eredità abbia compiuto atti di accettazione che risultino da atto pubblico o da scrittura privata autenticata od accertata giudizialmente. Qualora, invece, gli atti di accettazione compiuti dal chiamato all’eredità non abbiano la forma di atto pubblico o di scrittura privata autenticata od accertata giudizialmente e, dunque, non siano trascrivibili, la Corte di cassazione, ha precisato che il creditore, nel corso della procedura esecutiva e prima dell’autorizzazione alla vendita ai sensi dell’art. 569 c.p.c, può proporre un separato giudizio di accertamento della qualità di erede e, in tal modo, ottenere una sentenza di mero accertamento da trascrivere nei registri immobiliari, ripristinando, in tal modo, la continuità delle trascrizioni.
Pertanto, l’accettazione tacita dell’eredità necessita di un accertamento giudiziale esterno al processo esecutivo, che deve precedere la vendita.
Nel caso specifico della procedura esecutiva immobiliare esattoriale, dunque, gli ermellini hanno precisato che la vendita potrà essere disposta direttamente dall’agente della riscossione ai sensi del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 78, soltanto dopo che la qualità di erede del debitore esecutato sia accertata con sentenza.
Testo del provvedimento
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