ISSN 2385-1376
Testo massima
In merito agli obblighi di informazione che devono essere adempiuti prima della sottoscrizione dell’investimento è emerso l’interrogativo sulla circostanza che esso debba essere prestato non solo nel momento antecedente alla prestazione di servizi di investimento ma anche nel corso del rapporto.
Il novellato articolo 21 del T.U.F. al comma 1 lett. B recita, infatti, che i soggetti abilitati devono “acquisire, le informazioni necessarie dai clienti e operare in modo che essi siano sempre adeguatamente informati“.
Il passaggio della norma sembra, quindi, avallare l’ipotesi di un obbligo informativo di tipo continuativo, prestato anche dopo la sottoscrizione del prodotto finanziario. Una risalente decisone di merito ha avallato tale conclusione, precisando che “la banca era tenuta ad informare il cliente sull’andamento del titolo anche successivamente al suo acquisto. Non soltanto in base al principio generale di buona fede nell’esecuzione del contratto (artt. 1175 e 1375 c.c.) ma anche in base a specifiche disposizioni normative. L’art. 21, lett. b, del T.U.I.F. (che costituisce norma primaria rispetto al Regolamento Consob), nell’imporre agli intermediari di “operare in modo che [i clienti] siano sempre adeguatamente informati”, al fine di consentire ad essi di effettuare “consapevoli scelte di investimento o disinvestimento” (art. 28, co. 2, del Reg. Consob), si riferisce ai servizi di investimento indicati all’art. 1, co. 5, del T.U.I.F. senza alcuna distinzione tra le varie tipologie di servizi (tra cui rientrano anche le negoziazioni di strumenti finanziari per conto proprio e di terzi)“.
L’obbligo di una informazione di tipo continuativo sembra, quindi, fondato secondo la giurisprudenza non solo sulle norme primarie e regolamentari di settore ma anche sugli artt. 1175 e 1375 del Codice Civile che impone l’ossequio di regole di correttezza e buona fede nella esecuzione del contratto.
Tale orientamento giurisprudenziale si è arricchito di ulteriori interventi i quali, muovendo sempre dagli stessi presupposti normativi, hanno però evidenziato ulteriori importanti aspetti.
E’ stato infatti chiarito che “l’art.21 lett. b del citato D.lgs. 58/98 pone a carico dell’intermediario finanziario l’obbligo di operare in modo che i clienti siano sempre adeguatamente informati, obbligo che, come evidenzia il “sempre”, non si esaurisce nella fase iniziale dell’investimento (ossia nel momento dell’acquisto dei titoli) ma persiste durante tutto il rapporto di deposito e custodia titoli: afferma giustamente la Suprema Corte a S.U. nella citata sentenza 26725 del 2007 che ” anche l’obbligo dell’intermediario di tenersi informato sulla situazione del cliente, in quanto funzionale al dovere di curarne diligentemente e professionalmente gli interessi, perman(e) attuale durante l’intera fase esecutiva del rapporto e si rinnova ogni qual volta la natura o l’entità della singola operazione lo richieda, per l’ovvia considerazione che la situazione del cliente non è statica bensì suscettibile di evolversi nel tempo”.
Il Tribunale pisano radica l’obbligo continuativo di informazione non solo sull’impianto normativo del T.U.F. ma sulla concreta situazione dell’investitore che, come concretamente evidenziato, è in continua evoluzione e che per essere seguita professionalmente richiede un monitoraggio da parte dall’intermediario professionale. In tale ottica assume un determinante rilievo non solo l’aspetto relativo all’acquisto di uno strumento finanziario, ma anche il momento del suo disinvestimento, in quanto anche tale ultima scelta se assunta tempestivamente può porre l’investitore al riparo da perdite.
In senso conforme si è espressa altra decisione di merito, la quale ha sottolineato come l’investitore non deve essere posto solo nella posizione di assumere consapevoli scelte di investimento, ma anche di disinvestimento, con ciò precisando una dinamicità dell’obbligo di informazione a carico dell’intermediario non solo nella fase di acquisto ma anche in quella di possibile dismissione del titolo. Sia nel momento di acquisto, quindi, che in quello di vendita dello strumento finanziario l’informazione mantiene la propria determinante caratteristica di elemento capace di generare scelte consapevoli ed opportune da parte dell’investitore.
In sostanza la giurisprudenza avvalora l’esistenza di un obbligo di informazione continuo, ma anzi attraverso l’analisi sin qui descritta, evidenzia l’utilità anche nel momento successivo alla sottoscrizione del titolo di una adeguata informazione per l’investitore.
Avverso tale ricostruzione, tuttavia, non sono mancate decisioni in giurisprudenza che hanno escluso tale obbligo di informazione continua.
Tale ipotesi è stata confermata anche dalla dottrina, secondo la quale l’obbligo di informazione costante nei confronti del cliente sussisterebbe solo nelle ipotesi di gestione di portafogli o erogazione di servizio di consulenza. In tale senso si è espresso recentemente anche il Tribunale di Torino, il quale ha evidenziato che “quando non sia stato concluso fra intermediario e investitore un contratto di consulenza o di gestione patrimoniale, gli obblighi informativi sulla natura e le caratteristiche dei titoli sussistono soltanto fino al momento dell’investimento. Dunque, l’intermediario non è tenuto a informare l’investitore della perdita di valore o dell’aumento di rischiosità dei titoli verificatisi in data successiva all’acquisto. L’art. 28 Reg. 11522/98 nella parte in cui finalizza le informazioni alle scelte di investimento “o disinvestimento” non può indurre una diversa conclusione, poiché deve essere correttamente interpretato nel senso che l’intermediario è tenuto a fornire le informazioni sull’andamento degli strumenti finanziari qualora l’investitore gli abbia manifestato l’intenzione (autonomamente maturata) di disinvestire (c.d. consulenza incidentale). In caso contrario, l’intermediario, sarebbe infatti tenuto (al di fuori di ogni rapporto di consulenza o gestione patrimoniale) a monitorare costantemente l’andamento dei singoli investimenti di tutti i suoi clienti e a comunicare loro ogni “modifica rilevante” delle informazioni a suo tempo fornite su ogni singolo strumento finanziario negoziato. Inoltre lo stesso concetto di “modifica rilevante”, ove non ancorato a parametri specifici (per es. variazione del rating), che non si rinvengono nel testo regolamentare, finisce per essere opinabile e rimessa all’apprezzamento soggettivo dell’intermediario (o, in caso di contenzioso, del giudice e del suo consulente)”.
La decisione fa riferimento all’abrogata delibera Consob 11522/98 art. 28, che al comma 3 imponeva obblighi di informazione scritta nei confronti del cliente nel momento in cui le operazioni in strumenti derivati e warrant disposte per scopi diversi da quelli di copertura abbiano generato perdite effettive o potenziali pari al 50% del valore dei mezzi costituiti a titolo di provvista o garanzia per l’esecuzione delle operazioni. Il successivo comma 4, invece, imponeva medesimi obblighi informativi ove il patrimonio affidato all’intermediario in ambito di gestione si sia ridotto per perdite effettive o potenziali pari al 30% del controvalore totale del patrimonio a disposizione alla data di inizio di ciascun anno.
Affinché ricorresse l’obbligo prescritto dalla abrogata norma del Regolamento Consob del 1998, era inoltre necessaria l’esistenza di un contratto di gestione o di un investimento in titoli derivati di tipo speculativo.
Nel merito alcune decisioni hanno comunque ribadito come non ricorresse l’obbligo per l’intermediario di informare il cliente sulla perdita di valore di un titolo, laddove difettasse la sottoscrizione di un contratto di gestione.
Poste le premesse che precedono, l’orientamento che ritiene un onere di informazione permanente a carico dell’intermediario muove le proprie considerazioni da un superamento del dato normativo, giungendo a ritenere l’obbligo informativo così ampio da perdurare anche dopo la scelta di acquisto del titolo, mettendo il cliente nel prosieguo del rapporto in grado di compiere scelte di disinvestimento consapevoli e tempestive.
Una via intermedia tra gli orientamenti descritti in precedenza può essere rilevata nella decisione del Tribunale di Novara, il quale non esclude che sia possibile convenire tra le parti un obbligo di informazione continuo, di matrice convenzionale e quindi inserito nell’ordine di acquisto del titolo.
La decisione in esame compie un importante accenno all’ordine di acquisto dello strumento finanziario ricordando come proprio le Sezioni Unite della Suprema Corte (sentenza 26724/2005) abbiano affermato che l’ordine di investimento “si configura come atto esecutivo a valle del precedente contratto c.d. quadro di negoziazione e di servizi di investimento e come mero atto unilaterale del cliente.“
E’ attraverso tale documento che il cliente impartisce la propria scelta all’intermediario ed è in tale atto che è possibile inserire la convenzione con l’istituto di credito di pattuizioni ulteriori rispetto a quelle previste per legge.
In questo contesto mette conto evidenziare l’iniziativa Patti Chiari “una iniziativa che ha visto una notevole adesione nel settore dell’intermediazione finanziaria e che consisteva nella formazione di un elenco delle obbligazioni a basso rischio e a basso rendimento, finalizzato a fornire informazioni specifiche in ordine agli strumenti finanziari compresi nell’elenco stesso, in modo tale da orientare il cliente nella scelta; sicché l’inserimento di un determinato titolo in quell’elenco rappresenta uno strumento informativo, ulteriore e specifico, suscettivo di fornire ai risparmiatori informazioni finanziarie dettagliate su quel determinato titolo come su altro, aventi analoghe caratteristiche, inseriti nell’elenco in questione; tanto ciò è vero che le banche aderenti a tale iniziativa hanno adottato la prassi di fornire ai propri clienti un’informativa specifica sull’elenco e sui titoli nel medesimo ricompresi. […]“.
I parametri secondo i quali le obbligazioni possono essere inserite in tale elenco sono “un rating elevato non inferiore ad “A-” […]” e “devono avere una bassa variabilità del prezzo di mercato ossia l’elenco prevede l’inclusione solo dei titoli che presentano il rischio di una riduzione di valore inferiore al 5% su base annuale, rischio misurato secondo la metodologia del Value at risk.”
L’inserimento di un titolo nell’elenco profilato dal Consorzio Patti Chiari, quindi, lo individua come un titolo a basso rischio ed a basso rendimento; facendo nascere però tra sottoscrittore ed istituto di credito aderente, un obbligo informativo di tipo convenzionale ulteriore a quello ordinario.
Sul punto il Tribunale di Torino ha precisato che l’indicazione all’interno dell’ordine di investimento della circostanza che il titolo fa parte dell’elenco di obbligazioni a basso rischio – rendimento redatto nell’ambito del progetto Patti Chiari comporterà che ove ” in base agli andamenti di mercato il titolo potrà uscire dall’elenco successivamente alla data dell’ordine. Il cliente sarà tempestivamente informato se il titolo subisce una variazione significativa del livello di rischio […]”.
Se tale clausola sarà sottoscritta da entrambe le parti e sarà quindi aggiuntiva rispetto a quelle standardizzate tipiche dell’ordine di investimento, essa costituirà “una vera e propria pattuizione contrattuale ed integra (integrerà) dunque una fonte di obblighi di natura convenzionale specificamente assunti dalla Banca nei confronti del suo cliente investitore.”
Tale obbligo deriva, secondo alcune decisioni di merito, dal fatto che “la stessa adesione al Consorzio Patti Chiari, abbia comportato per gli istituiti di credito l’assunzione nei confronti dei propri clienti di specifici obblighi informativi, ulteriori a quelli contenuti nella normativa di riferimento, tra cui l’obbligo espressamente previsto dalla guida pratica, sopra citata, al Consorzio Patti Chiari (pag. 25 guida) di informare il cliente in caso di aumento del rischio rilevante, ciò a dire dall’area del basso rischio a un livello di rischio significativo, entro due giorni dall’accadimento.”
La disamina giurisprudenziale esposta conferma come sia possibile in via convenzionale, concordare con la controparte contrattuale ulteriori obblighi informativi di tipo continuativo, fondati sulla loro annotazione negli ordini di negoziazione.
Una simile modulazione dell’obbligo informativo assume, come detto, fondamentale importanza nelle scelte di disinvestimento relative al titolo acquisito.
Risulterà quindi tardiva, in un simile contesto informativo di tipo convenzionale, una informativa al cliente che coincide con il default dell’emittente e la decisione di far uscire il titolo dal proprio elenco da parte del Consorzio patti Chiari.
Quanto precede conferma come sia determinante per l’investitore entrare in possesso in modo tempestivo delle informazioni su di un titolo, anche per ciò che attiene il suo downgrading inerente il rating ed il suo conseguente aumento di rischio, ciò soprattutto al fine di porre in essere provvidenziali scelte di cessione del titolo, utili a diminuire possibili perdite.
Può, quindi, concludersi che sul tema degli obblighi di informazione continuativi si affrontano due correnti giurisprudenziali, una minoritaria che li ritiene esistenti a carico dell’intermediario e l’altra maggioritaria che nega l’esistenza di un obbligo di monitoraggio del titolo a favore del cliente. Anche a livello normativo, sia primario che regolamentare, viene confermata l’ipotesi di obblighi continuativi di informazione solo in alcune ipotesi precise, come il contratto di gestione o di consulenza, oppure per prodotti finanziari derivati ed a fronte di perdite rilevanti.
Da quanto precede trova conferma l’ipotesi che solo l’informazione sia l’unico elemento idoneo non solo a far comprendere l’iniziale grado di rischio (oltre gli ulteriori elementi descritti) collegato all’investimento, ma costituisce anche l’unica componente capace di impedire gravose perdite all’investitore dinanzi a svalutazioni del valore del titolo acquistato o deterioramento del merito di credito o del patrimonio degli emittenti il titolo.
Una terza via, invece, sembra delinearsi per ciò che attiene gli obblighi di informazione continuativi, i quali se convenzionalmente concordati tra banca ed investitore assumono importante rilievo, come nei casi in precedenza descritti. E’ questa l’ipotesi del Consorzio Patti Chiari, nei quali l’obbligo informativo, come alcune decisioni di merito hanno evidenziato, ricorre laddove si verifichino importanti declassamenti di rating e aumenti di rischiosità secondo il profilo Value at risk. Elementi, questi, sui quali si fonderà la responsabilità dell’intermediario in caso di mancata o tardiva comunicazione all’investitore.
Testo del provvedimento
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