ISSN 2385-1376
Testo massima
Il creditore deve provare la mancata soddisfazione del credito professionale con giuramento decisorio o ammissione giudiziale del debitore.
In tema di prescrizione presuntiva, infatti, mentre il debitore, eccipiente, è tenuto a provare il decorso del termine previsto dalla legge, il creditore ha l’onere di dimostrare la mancata soddisfazione del credito, e tale prova può essere fornita soltanto con il deferimento del giuramento decisorio, ovvero avvalendosi dell’ammissione, fatta in giudizio dallo stesso debitore, che l’obbligazione non è stata estinta.
È quanto emerge dall’ultima sentenza n. 8735 della Cassazione Civile, sezione seconda, depositata il 15/04/2014.
Il fatto in breve
Con ordinanza del 29/06/2006 il Tribunale di Cosenza, in accoglimento dell’opposizione a decreto ingiuntivo rilasciato in favore di un avvocato nei confronti del proprio cliente, per il pagamento degli oneri professionali, dichiarava la prescrizione del credito azionato dal legale e per l’effetto revocava il provvedimento monitorio opposto. L’organo giudicante aveva infatti ritenuto che nella fattispecie era applicabile la prescrizione presuntiva ex art. 2957 c.c. con riferimento allo specifico credito azionato.
Ebbene, contrariamente a quanto affermato dal Tribunale sopra citato, il professionista ricorrente eccepiva che secondo il principio della domanda, è l’opponente e non l’opposto convenuto in giudizio che ha l’onore di fornire la prova dell’avvenuto pagamento della prestazione professionale almeno con l’esibizione della fattura quietanzata. Chiedeva pertanto che venisse accertata nel caso di specie, la violazione dell’art. 99 c.p.c.
La decisione
La Cassazione, chiamata a pronunciarsi sul caso de quo, ha ripercorso l’analisi di due istituti che hanno natura e disciplina radicalmente diversa: la prescrizione presuntiva e la prescrizione estintiva, ribadendo come “Quest’ultima viene definita alla stregua di una vicenda estintiva del diritto che consegue al mancato esercizio del diritto stesso per un determinato periodo di tempo e cioè al fine di perseguire l’insopprimibile esigenza di garantire la certezza dei rapporti giuridici. La prescrizione presuntiva (o impropria) invece ha tutt’altra struttura e finalità, in quanto essa muove dalla presunzione che un determinato credito, data la sua particolare natura, sia stato pagato, o che sia comunque estinto per effetto di una qualche causa: vi sono infatti alcuni rapporti della vita quotidiana nei quali l’estinzione del debito avviene di regola contestualmente all’esecuzione della prestazione ovvero non molto tempo dopo. In sintesi la prescrizione presuntiva può definirsi una presunzione legale iuris tantum con limitata possibilità di prova contraria (artt. 2059 e 2060 c.c.)“.
A ben vedere e come anticipato, i due istituti “sono ontologicamente differenti, logicamente incompatibili e fondati su fatti diversi, in quanto elementi costitutivi della prima sono il decorso del tempo e l’inerzia del titolare del diritto fatto valere in giudizio che estinguono il debito, sicché il debitore può giovarsene, liberandosi dalla pretesa, sia che contesti l’esistenza del credito sia che ammetta di non aver adempiuto l’obbligazione; mentre la seconda è fondata su una sua presunzione”iuris tantum”, ovvero mista, di avvenuto pagamento del debito, esponendosi colui che la oppone al suo rigetto non solo se ammette di non aver estinto l’obbligazione ma anche se ne contesta la stessa insorgenza
” (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 3443 del 21/02/2005)“.
Ciò posto va altresì detto che la prescrizione presuntiva pone, a sua volta, rispettivamente a carico del debitore e del creditore un diverso onere probatorio. Ed invero: “(
) mentre il debitore, eccipiente, è tenuto a provare il decorso del termine previsto dalla legge, il creditore ha l’onere di dimostrare la mancata soddisfazione del credito, e tale prova può essere fornita soltanto con il deferimento del giuramento decisorio, ovvero avvalendosi dell’ammissione, fatta in giudizio dallo stesso debitore, che l’obbligazione non è stata estinta (Cass. n. 758 del 27/01/1998)”.
Ne consegue che la prova dell’avvenuto pagamento della prestazione professionale è posta a carico del professionista, il quale ai sensi dell’art. 2690 c.c., avrebbe potuto deferire giuramento per accertare se si fosse verificata l’estinzione del debito.
Alla luce di tali considerazioni, i Giudici di legittimità hanno rigettato il ricorso.
Testo del provvedimento
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SECONDA SEZIONE CIVILE
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso 14482-2008 proposto da:
AS
– RICORRENTE –
CONTRO
DP
– INTIMATO –
avverso l’ordinanza del TRIBUNALE di COSENZA, a depositata il 29/06/2006, proc.n. 642/2005 R.A.C.C.;
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
L’avv. AS propone ricorso per cassazione ex art.111 Cost. avverso l’ordinanza resa, ai sensi degli artt. 28 e 29 L. n. 794/42 depositata in data 1.3.2006, con la quale, il Tribunale di Cosenza in composizione monocratica, in accoglimento dell’opposizione a decreto ing. rilasciato in favore dello stesso avv. S per il pagamento di onorari professionali , proposta dall’ingiunto DP dichiarava la prescrizione del credito azionato dal legale e per l’effetto revocava il provvedimento monitorio opposto. Il tribunale aveva infatti ritenuto che nella fattispecie era applicabile la prescrizione presuntiva ex art. 2957 c.c. con riferimento allo specifico credito azionato.
Il ricorso per cassazione si articola in 3 mezzi; DP non ha svolto difese
MOTIVI DELLE DECISIONE
Con il 1° MOTIVO del ricorso l’esponente, denunciando la violazione e falsa applicazione dell’art. 99 c.p.c. deduce che, “contrariamente a quanto affermato dal tribunale di Cosenza, per il principio della domanda, era l’opponente PD e non l’opposto convenuto avv. AS che aveva l’onere di fornire la prova dell’avvenuto pagamento della prestazione professionale almeno con l’esibizione della fattura quietanzata, ” che ai sensi di legge, avrebbe dovuto essere emessa dallo studio dell’avv.to AS e in ogni caso con la copia dei registri IVA dell’impresa di costruzioni di PD”
Peraltro lo stesso professionista per tutte le altre cause che aveva promosse per conto del P aveva esibito in giudizio la relativa documentazione. Il motivo si conclude con il seguente quesito di diritto: “Accerti la S.C. se nel caso specifico v’è stata violazione dell’art. 99 c.p.c. atteso che era onere dell’opponente PD titolare dell’omonima impresa di Costruzioni …, di fornire la prova di avere provveduto al pagamento delle prestazioni professionali all’avv. AS relativamente al procedimento civ. n. 64/84 RGAC .da lui incoato davanti al Tribunale di Cosenza ….”
Con il 2° MOTIVO viene dedotta I’ omessa o insufficiente motivazione in quanto il tribunale ” dopo aver dato atto del conferimento ed espletamento dell’incarico professionale, ” nulla ha rilevato relativamente al mancato pagamento delle spese, dei diritti e degli onorari di avvocato per la causa di cui sopra.” Segue (l’irrituale) quesito di diritto (essendo stato dedotto solo un vizio di motivazione) : ” Accerti la Corte….. se nel caso di specie v’è stata violazione del primo comma n. 5 dell’art. 360 cpc, atteso che non può assurgere a dignità di prova la semplice affermazione dell’opponente il decreto ingiuntivo di avere adempiuto, senza fornire alcuna prova scritta, l’obbligazione”
Con il TERZO MOTIVO si deduce la falsa applicazione dell’art. 2957 c.c. Il P avrebbe implicitamente ammesso di non aver estinto l’obbligazione, non avendo fornito la prova di averlo fatto. A conclusione del motivo segue il seguente quesito di diritto: ” accerti la S. C. di Cassazione se vi è stata violazione dell’art. 2959 c. c. atteso che le prescrizioni presuntive previste dagli artt. 2954 a 2956 c. c. hanno caratteristica non di determinare l’estinzione dell’obbligazione, ma quella di presumere, salvo prova contraria, (che nel caso di specie è stata documentalmente fornita con l’esibizione di fatture professionali saldate dal geometra PD per diversi altri procedimenti giudiziari) che il debito trascorso un certo termine è stato saldato”. Le doglianze di cui sopra – esaminate congiuntamente attesa la loro stretta connessione – non hanno pregio.
Giova premettere che nella fattispecie in esame si verte in tema di prescrizione presuntiva la quale ha natura e disciplina radicalmente diversa rispetto alla prescrizione estintiva. Quest’ultima viene definita alla stregua di una vicenda estintiva del diritto che consegue al mancato esercizio del diritto stesso per un determinato periodo di tempo e cioè al fine di perseguire l’insopprimibile esigenza di garantire la certezza dei rapporti giuridici. La prescrizione presuntiva (o impropria) invece ha tutt’altra struttura e finalità, in quanto essa muove dalla presunzione che un determinato credito , data la sua particolare natura, sia stato pagato, o che si sia comunque estinto per effetto di una qualche causa: vi sono infatti alcuni rapporti della vita quotidiana nei quali l’estinzione del debito avviene di regola contestualmente all’esecuzione della prestazione ovvero non molto tempo dopo. In sintesi la prescrizione presuntiva può definirsi una presunzione legale iuris tantum con limitata possibilità di prova contraria ( artt 2059 e 2060 c.c.)
Questa S.C. ha così evidenziato le caratteristiche e le differenze tra i due istituti giuridici: ” La prescrizione estintiva e la prescrizione presuntiva sono ontologicamente differenti, logicamente incompatibili e fondate su fatti diversi, in quanto elementi costitutivi della prima sono il decorso del tempo e l’inerzia del titolare del diritto fatto valere in giudizio che estinguono il debito, sicché il debitore può giovarsene, liberandosi dalla pretesa, sia che contesti l’esistenza del credito sia che ammetta di non aver adempiuto l’obbligazione; mentre la seconda è fondata su una presunzione “iuris tantum”, ovvero mista, di avvenuto pagamento del debito, esponendosi colui che la oppone al suo rigetto non solo se ammette di non aver estinto l’obbligazione ma anche se ne contesta la stessa insorgenza. ….” (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 3443 del 2110212005).
Poste tali premesse è dunque ben diverso l’onere probatorio posto a carico rispettivamente del debitore e del creditore nell’ambito della prescrizione presuntiva.
Ed invero ” In tema di prescrizione presuntiva, mentre il debitore, eccipiente, è tenuto a provare il decorso del termine previsto dalla legge, il creditore ha l’onere di dimostrare la mancata soddisfazione del credito, e tale prova può essere fornita soltanto con il deferimento del giuramento decisorio, ovvero avvalendosi dell’ammissione, fatta in giudizio dallo stesso debitore, che l’obbligazione non è stata estinta. (Cass. n. 785 del 27/01/1998).
Considerate le suesposte argomentazioni, appaiono del tutto inconferenti ed erronee le indicate censure che hanno ad oggetto il mancato assolvimento dell’onere probatorio da parte del cliente, il quale – secondo il ricorrente – avrebbe dovuto provare di aver corrisposto il pagamento (come da lui sostenuto) all’avv. S per l’attività professionale prestata, non per tutto il contenzioso intercorso , ma per una specifica causa ( ” procedimento civ. n. 64/84 RGAC … davanti al Tribunale di Cosenza”). Sennonché, proprio in forza dell’invocata prescrizione presuntiva, la prova è posta a carico del professionista, il quale ai sensi dell’art. 2960 c.c., avrebbe potuto deferire giuramento per accertare se si fosse verificata l’estinzione del debito.
D’altra parte, neppure ricorre nella fattispecie l’ipotesi di cui all’art. 2959 c.c. in quanto come ha giustamente ritenuto il Tribunale, il debitore non ” ha comunque ammesso in giudizio che l’obbligazione non è stata estinta”. Manca al riguardo un qualsiasi elemento da cui dedurre tale circostanza, in quanto ” il P nell’opporsi al decreto ing. ha affermato l’avvenuto adempimento della prestazione richiesta in sede monitoria dallo S (v. ordinanza impugnata pag. 2). Conclusivamente il ricorso dev’essere rigettato; poiché l’intimato non ha svolto alcuna attività difensiva, non si provvederà sulle spese.
P.Q.M.
rigetta il ricorso.
In Roma li 20 febbraio 2014
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