ISSN 2385-1376
Testo massima
Quando la commissione regionale di disciplina sospende in via cautelare il notaio, non c’è bisogno di motivare sulla gravità dei fatti contestati all’incolpato, laddove la valutazione può ritenersi implicita nella pesantezza degli addebiti.
Questo è il principio di diritto sotteso alla sentenza n. 8341 della Cassazione, Seconda Sezione Civile, pubblicata il 9 aprile 2014.
Nel caso di specie, un notaio, sottoposto alla misura cautelare degli arresti domiciliari, emessa a suo carico nell’ambito di un procedimento penale per associazione a delinquere e bancarotta fraudolenta, veniva sospeso dalla professione con una decisione della Commissione Regionale di Disciplina del Lazio.
Ebbene, il professionista una volta ottenuta la revoca degli arresti domiciliari, chiedeva che fosse annullata conseguentemente anche la sospensione disciplinare, ma la COREDI riteneva, invece, insussistenti i presupposti per revocare tale misura.
Il notaio proponeva, dunque, impugnazione, dinnanzi alla Corte di Appello di Roma che con ordinanza rigettava il reclamo. Avverso tale provvedimento, il professionista proponeva ricorso per cassazione censurando la decisione per aver, i giudici di secondo grado, erroneamente ritenuto che la motivazione del diniego di revoca della sospensione cautelare potesse essere ritenuta implicita nella gravità dell’illecito contestato.
I Giudici di legittimità, chiamati a pronunciarsi sul caso de quo, hanno, però, disatteso le doglianze del ricorrente affermando che la gravità oggettiva degli addebiti mossi all’incolpato e gli indubbi riflessi negativi sul decoro e sul prestigio dell’Ordine di appartenenza sono sufficienti a giustificare le scelte della COREDI.
Né si può affermare, continua la Corte, che la sospensione cautelare, ex articolo 158 sexies della Legge Notarile, adottata sine die, possa procurare un pregiudizio al pubblico ufficiale in questione. Invero, la revoca della sospensione è possibile solo quando vengano meno i presupposti per cui è stata assunta e comunque dopo il decorso di cinque anni.
Alla luce di tali considerazioni, la Suprema Corte ha rigettato il ricorso, condannando il ricorrente al pagamento delle spese di lite.
Testo del provvedimento
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SECONDA SEZIONE CIVILE
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso 8973-2013 proposto da:
NOTAIO
– RICORRENTE –
CONTRO
CONSIGLIO NOTARILE DISTRETTI RIUNITI IN PERSONA DEL SUO PRESIDENTE,
– CONTRORICORRENTE –
NONCHÈ CONTRO
COREDI COMMISSIONE AMMINISTRATIVA REGIONALE DISCIPLINA LAZIO, IN PERSONA DELL’AMM.RE P.T., PROCURATORE GENERALE PRESSO CORTE APPELLO ROMA, PROCURA REPUBBLICA PRESSO TRIBUNALE ROMA, CONSIGLIO NAZIONALE NOTARIATO IN PERSONA DEL SUO LEGALE RAPP.TE P.T., MINISTERO DELLA GIUSTIZIA DIPARTIMENTO AFFARI GIUSTIZIA DIREZIONE GIUSTIZIA CIVILE
– INTIMATI
avverso l’ordinanza della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 29/01/2013/ ;
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Il NOTAIO A F, sottoposto alla misura cautelare degli arresti domiciliari, emessa a suo carico dal GIP presso il Tribunale di Roma nell’ambito di un procedimento penale pendente nei suoi confronti per associazione a delinquere e bancarotta fraudolenta, con provvedimento del 05/07/2011 della COREDI del Lazio veniva sospeso dalle funzioni ex art. 158 sexies L. N., mentre il procedimento a suo carico, nelle more avviato, era stato sospeso il 6-9-2011 ai sensi dell’art. 158 quinquies secondo comma L. N.
Dopo che in data 22-9-2011 era stata revocata la misura degli arresti domiciliari a carico del suddetto professionista, la COREDI del Lazio il 24-11-2011 riteneva insussistenti i presupposti per revocare d’ufficio la misura della sospensione cautelare, ed in data 19-4-2012 disattendeva la richiesta del NOTAIO di revoca del provvedimento di sospensione cautelare.
Proposta impugnazione da parte del NOTAIO cui resisteva il Consiglio Notarile dei Distretti Riuniti di la Corte di Appello di Roma con ordinanza del 29-1-2013 ha rigettato il reclamo.
Per la cassazione di tale ordinanza il NOTAIO ha proposto un ricorso per cassazione affidato a quattro motivi cui il Consiglio Notarile dei Distretti di (.) ha resistito con controricorso.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Preliminarmente deve essere esaminata l’eccezione del controricorrente di intempestività del ricorso; invero l’art. 34 comma 30 lettera e) del D. LGS. n. 150/2011 ha sostituito il previgente testo dell’art. 158 novies L. N. con il seguente: “I provvedimenti cautelari pronunciati dalla Commissione e dalla Corte di Appello sono reclamabili nei modi previsti dall’art. 26 del decreto legislativo 1 settembre 2011, n. 150”; detto art. 26 prevede che “il ricorso avverso la misura cautelare va proposto, a pena di inammissibilità, entro dieci giorni dalla notificazione del provvedimento impugnato”; orbene nella fattispecie, assume il controricorrente, a fronte di una notifica al A F dell’ordinanza della Corte territoriale in data 12-3-2013, il termine di dieci giorni per proporre impugnazione è scaduto il 22-3-2013, mentre il ricorso per cassazione è stato presentato all’UNEP per la notifica soltanto il 29-3-2013.
L’eccezione deve essere disattesa, posto che dall’esame degli atti non risulta la notifica al NOTAIO dell’ordinanza impugnata in data 12/03/2013.
Inoltre il controricorrente deduce quale ulteriore motivo di inammissibilità del ricorso il fatto che nell’epigrafe di esso è indicata quale controparte del ricorrente soltanto la COREDI del Lazio, alla quale non può essere attribuita la qualità di parte dei procedimento, atteso che essa si configura
L’eccezione è infondata, atteso che l’erronea indicazione nell’intestazione del ricorso della COREDI del Lazio non comporta l’impossibilità di individuare in esso l’indicazione delle parti del presente
Venendo quindi all’esame del ricorso, si rileva che con il PRIMO MOTIVO il ricorrente, deducendo violazione dell’art. 3 della L. n. 241/1990, censura l’ordinanza impugnata per aver ritenuto che la motivazione del diniego di revoca della sospensione cautelare facoltativa può essere ritenuta implicita nella gravità dell’illecito contestato; invero non può dubitarsi della essenzialità e della indefettibilità della motivazione ai fini del rispetto del principio di trasparenza; neppure è legittima la presunzione, esternata in entrambi i provvedimenti della COREDI del Lazio, di reiterazione degli illeciti, atteso che il ricorso alla presunzione è strumento sussidiario dell’attività di acquisizione delle prove non consentito alla P.A.
Il motivo è infondato.
L’ordinanza impugnata ha rilevato che la COREDI del Lazio, dopo aver applicato al NOTAIO la misura cautelare della sospensione dalle funzioni notarili in data 5-7-2011 ai sensi dell’art. 158 sexies primo comma L N. in ragione della “natura dei fatti addebitati che per la loro gravità sono incompatibili con l’esercizio dell’attività notarile” – a prescindere dall’applicazione della stessa misura cautelare ai sensi del quarto comma dello stesso articolo, essendo risultato il NOTAIO sottoposto alla misura cautelare degli arresti domiciliari adottata in sede penale – una volta cessata tale ultima misura cautelare, ha rivalutato d’ufficio la sussistenza dei presupposti di cui al primo comma dell’art. 158 “sexies” ribadendo il giudizio di gravità sugli addebiti contestati al notaio.
La Corte territoriale, poi, premesso che in materia di sospensione cautelare facoltativa è legittima l’adozione di tale misura anche senza esporre le ragioni per le quali i fatti contestati all’incolpato sono considerati particolarmente gravi, potendo tale valutazione essere implicita nella stessa gravità dell’addebito, ha affermato che la condotta ascritta al NOTAIO, ossia la partecipazione ad un sodalizio criminoso e l’apporto funzionale nell’ambito della organizzazione criminosa, consistito nell’essersi reso sistematicamente disponibile alla rogitazione di atti che consentivano la commissione dei reati fine (secondo la contestazione elevata nei confronti del NOTAIO dal GIP del Tribunale di Roma), era rilevante ai sensi dell’art. 147 L. N., realizzando certamente una compromissione della dignità e della reputazione del notaio e del prestigio della classe notarile.
Orbene, premesso che tale articolata e logica argomentazione non è oggetto di censure specifiche da parte del ricorrente, è evidente che, in presenza di una contestazione dei suddetti fatti, la cui gravità oggettiva è indiscutibile, e dei suoi conseguenti riflessi negativi sul decoro del NOTAIO e del prestigio dell’ordine di appartenenza, correttamente il giudice di appello ha ritenuto che la COREDI del Lazio, nel ribadire la gravità dei predetti addebiti a carico del NOTAIO , aveva legittimamente confermato la misura cautelare della sospensione dell’incolpato dalle funzioni notarili in conformità alla previsione di cui all’art. 158 sexies primo comma L. N.
Con il SECONDO MOTIVO il NOTAIO, denunciando violazione dell’art. 1 primo comma della L. n. 241/1990 e contraddittorietà della motivazione, sostiene che erroneamente la Corte territoriale ha ritenuto irrilevante, ai fini della legittimità della sospensione in via cautelare dell’esponente dall’esercizio della professione, la mancanza di un termine di durata della sospensione medesima; invero l’art. 158 sexies nono comma della L. N., ponendo un termine di durata massima della misura cautelare facoltativa, ovvero 5 anni, vieta l’indeterminatezza del suddetto termine; inoltre l’ordinanza impugnata non ha considerato che la sospensione cautelare “sine die” perde il carattere di strumentalità, viola l’esigenza di certezza giuridica del destinatario ed infine viola il principio di tipicità degli atti amministrativi.
Il motivo è in parte inammissibile ed in parte infondato.
Anzitutto deve rilevarsi che la nuova formulazione dell’art. 360 n. 5 c.p.c. (introdotta dall’art. 54 primo comma lett. b) del D. L. 22-6-2012 n. 83 convertito con modificazioni nella L. 7-8-2012 n. 134, applicabile “ratione temporis” alla fattispecie) prevede la ricorribilità in cassazione delle sentenze pronunciate in grado d’appello “per omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti”, e che tale censura non è rinvenibile con il motivo in esame, laddove si fa riferimento ad una contraddittorietà della motivazione ormai inammissibile alla luce della nuova disposizione ora richiamata.
Deve poi rilevarsi che correttamente la Corte territoriale ha escluso che la mancata determinazione del termine di durata della misura cautelare di sospensione dall’esercizio delle funzioni notarili comportasse l’illegittimità del provvedimento adottato dalla COREDI del Lazio, atteso che l’art. 158 sexies L. N. ultimo comma prevede un termine di durata massima della sospensione cautelare di cinque anni; ed infatti, considerato che il decorso del suddetto termine comporta automaticamente la revoca della misura cautelare in oggetto (ed anzi è anche possibile una revoca antecedente della misura cautelare per il ritenuto venir meno dei relativi presupposti ai sensi dell’art. 158 sexies L. N. terzo comma), non è comprensibile quale pregiudizio il A F abbia subito da tale mancata preventiva fissazione del termine di durata della suddetta misura cautelare, né d’altra parte il motivo proposto presenta al riguardo alcuna specifica deduzione.
Con il TERZO MOTIVO il ricorrente, deducendo violazione degli artt. 27 secondo comma Cost., 48 della Carta di Nizza e 6 del Trattato di Lisbona, assume che la decisione impugnata, ribaltando la presunzione di innocenza in presunzione di colpevolezza, ha violato i principi fondamentali richiamati dalle suddette norme, ovvero la presunzione di non colpevolezza fino a sentenza definitiva, e la presunzione di innocenza per effetto della norma comunitaria, che richiede per il ti, suo dissolvimento che la colpevolezza sia stata legalmente provata.
Richiamata l’affermazione dell’ordinanza impugnata in ordine alla legittimità della misura cautelare adottata nei confronti del notaio in relazione alla gravità dei fatti ascrittigli senza che in proposito debba esprimersi un giudizio di fondatezza degli stessi, occorre rilevare che la previsione di una misura cautelare, non avente natura sanzionatoria, essendo intesa a salvaguardare interessi meritevoli di tutela suscettibili di essere pregiudicati nelle more dell’accertamento dell’illecito, non contrasta, nemmeno indirettamente, con il principio di presunzione di non colpevolezza di cui all’art. 27 secondo comma della Costituzione, come espressamente ritenuto dalla Corte Costituzionale con la sentenza 2-11-2000 n. 454.
Con il QUARTO MOTIVO il NOTAIO, denunciando violazione degli artt. 11 della L. 24-11-1981 n. 689 – 1 primo comma della L. n. 241/1990 – 117 primo comma Cost. – 112 c.p.c. – 27 secondo comma Cost. – 48 Carta di Nizza e 6 del Trattato di Lisbona nonché difetto di motivazione, rileva che la Corte territoriale ha disatteso il principio di proporzionalità della misura cautelare applicata rispetto ai fatti in relazione ai quali è stata adottata, avendo ricavato da meri indizi di colpevolezza elementi certi da addurre per escludere misure cautelari alternative.
Il motivo è in parte inammissibile ed in parte infondato.
L’ordinanza impugnata ha ritenuto che il rilievo della gravità delle imputazioni ascritte al NOTAIO, che avevano avuto tra l’altro grande risonanza nella stampa nazionale, e quindi della conseguente gravità della compromissione del prestigio, dell’imparzialità e dell’immagine interna ed esterna della categoria professionale di appartenenza, escludevano di considerare idonee allo scopo cautelare misure alternative quali la sospensione delle funzioni limitata ad un determinato territorio o a determinati atti, o la sospensione a termine.
Orbene, premesso che la nuova formulazione dell’art. 360 n. 5 c.p.c. (introdotta dall’art. 54 primo comma lett. b) del D. L. 22-6-2012 n. 83 convertito con modificazioni nella L. 7-8-2012 n. 134, applicabile “ratione temporis” alla fattispecie) prevede la ricorribilità in cassazione delle sentenze pronunciate in grado d’appello “per omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti”, e che tale censura non è rinvenibile con il motivo in esame, laddove si fa riferimento ad un difetto di motivazione ormai inammissibile alla luce della nuova disposizione ora richiamata, con riferimento ai residui profili di censura è agevole osservare che la Corte territoriale ha correttamente ritenuto che la misura cautelare della sospensione dalle funzioni rispettava il principio di proporzionalità tra misura cautelare e fatti addebitati all’incolpato proprio in relazione alla evidenziata e non censurata gravità di essi ed alla ripercussione che avevano avuto sulla stampa e quindi sull’opinione pubblica, prescindendo da qualsiasi valutazione sulla fondatezza degli addebiti.
In definitiva il ricorso deve essere rigettato; le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.
Infine ai sensi dell’art. 13 comma 1- “quater” del D.P.R. 30-5-2002 n. 115 come inserito dall’art. 1 comma 17 della L. 24-12-2012 n. 228 (applicabile nella fattispecie “ratione temporis”) si deve dare atto della sussistenza dei presupposti di legge relativamente all’obbligo del ricorrente, all’esito del rigetto del ricorso, di versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione proposta.
PMQ
La Corte
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento di euro 200,00 per esborsi e di euro
3.000,00 per compensi.
Così deciso in Roma il 4-2-2014
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Numero Protocolo Interno : 257/2014