ISSN 2385-1376
Testo massima
“Allorchè il ricorso contenga (come consentito dal novellato art. 161 co. VI L.F.) solo una domanda di concordato cd. “in bianco”, riservandosi l’imprenditore di presentare la proposta, il piano e gli altri documenti prescritti, è sufficiente che il ricorso sia sottoscritto dal difensore munito di procura alle liti, posto che l’atto contiene evidentemente solo una domanda giudiziale, ma non certamente il piano per la soluzione negoziata della crisi”.
Con la sentenza in esame, la Corte di Appello di Napoli, in accoglimento del reclamo proposto dalla società fallita, ha revocato la sentenza che ne aveva dichiarato il fallimento, motivando la propria decisione sulla base di un’interpretazione sistematica delle norme che regolano l’accesso alle nuove procedure di gestione della crisi da sovraindebitamento dell’impresa.
Nel caso di specie, il Tribunale aveva ritenuto inammissibile il ricorso ex art. 161 co. VI L.F., presentato da una società in liquidazione per ottenere l’accesso alla procedura di cd. “concordato in bianco“, per non aver il legale rappresentante della proponente apposto la propria firma in calce all’istanza in parola (sottoscritta esclusivamente dal difensore della società, munito di procura alle liti). Essendo già pendente la fase d’istruttoria prefallimentare, il Giudice di primo grado, riscontrata l’insussistenza delle esimenti di cui all’art.1 L.F., ne aveva conseguentemente dichiarato il fallimento.
Nell’accogliere il reclamo, il Collegio muove dall’assunto secondo cui, sulla base del comb. disp. degli artt. 6 e 161 L.F., 82, 83 e 125 c.p.c., sia il ricorso ai sensi dell’art. 161 co. I L.F., che l’istanza per ottenere l’ammissione alla fase del cd. “concordato con riserva”, debbano essere proposti con il patrocinio di un difensore.
Ciò posto, la Corte partenopea ha proseguito nel proprio iter motivazionale rilevando che, con le modifiche introdotte dal D.L. 22 giugno 2012 n. 83, convertito nella Legge n. 134 del 7 agosto 2012 (e le ulteriori novità normative disposte con il cd. “decreto del fare”), il Legislatore ha inequivocabilmente inteso scindere in due diversi momenti formativi l’atto complesso che consente all’imprenditore di accedere alla procedura di concordato, così distinguendo la “domanda” contenuta nel ricorsoredatto ai sensi dell’art. 161 co. VI L.F. (da intendersi come la mera richiesta di ammissione alla fase cd. di “preconcordato“); dalla “proposta” (da depositare alla scadenza del termine a tal fine concesso dal Tribunale), nella quale l’effettivo intento negoziale del debitore viene esplicitato mediante l’indicazione delle modalità quantitative, qualitative e temporali di soddisfacimento dei creditori, in uno con il piano delle attività tese alla soluzione della crisi d’impresa.
Ritiene dunque la Corte che, se a mente dell’art. 161 co. VI L.F., “l’imprenditore può depositare il ricorso contenente la domanda di concordato
.riservandosi di presentare la proposta, il piano e la documentazione
entro un termine fissato dal giudice“, non v’è dubbio che l’obbligo di sottoscrizione imposto al legale rappresentante della società (secondo il comb. disp. degli artt. 152 e 161 co. I L.F.) debba riferirsi alla suddetta proposta contenente le condizioni del concordato ed il piano per la soluzione negoziata della crisi; e non già al ricorso (privo di ogni contenuto negoziale) con cui si chiede esclusivamente l’accesso alla fase preconcordataria, essendo sufficiente che quest’ultimo venga sottoscritto dal difensore munito di valida procura alle liti.
Si segnala che la sentenza oggetto di impugnazione è già stata oggetto di esame da questa rivista, si veda :
Dichiarata inammissibile una proposta di concordato sottoscritta dal solo avvocato e non dal debitore.
Sentenza | Tribunale di Napoli, Giudice relatore dott. Nicola Graziano | 12-09-2013 | n.274
Testo del provvedimento
In allegato il testo integrale del provvedimento
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