ISSN 2385-1376
Testo massima
In tema di concordato preventivo, nel caso in cui la stessa persona abbia svolto il duplice ruolo, prima di commissario giudiziale e poi quella di liquidatore, si deve assicurare la doppia liquidazione in ragione del duplice incarico svolto, e dei parametri normativi di riferimento per la liquidazione dei conseguenti compensi professionali.
E’ questa la decisione adottata dalla prima sezione della Corte di Cassazione con sentenza n.2956 del 10/02/2014, a seguito di un ricorso presentato da un professionista che nel corso di una procedura di concordato preventivo aveva ricoperto prima la carica di commissario giudiziale e successivamente quella di liquidatore.
Era accaduto che il Tribunale aveva liquidato un unico compenso per l’opera prestata.
Il ricorrente ha impugnato il decreto del Tribunale contestandogli: 1) la mancata distinzione tra le due funzioni giurisdizionali svolte dall’unico professionista nominato come commissario giudiziale e come liquidatore dello stesso concordato preventivo, successivamente risolto con la dichiarazione di fallimento della società di capitali a tale procedura sottoposta; 2) il mancato richiamo ai diversi criteri di liquidazione dei due compensi spettanti al medesimo professionista, in ragione della duplice diversità di funzioni assegnategli; 3) il mancato rispetto dei parametri minimi imposti dal D.M. 28 luglio 1992, n.570, art. 1, anche in relazione al volume del passivo (valevole per il commissario) ed all’attivo realizzato (valevole per il liquidatore); 4) la mancata motivazione della liquidazione concretamente adottata.
La Corte ha ritenuto fondato il ricorso, affermando che benché con la pronuncia n. 1237/2013 sia stato affermato il principio di incompatibilità delle due funzioni, per tutti i casi in cui – anteriormente a quest’ultima pronuncia – vi sia stata una duplicità di ruoli affidati e svolti dalla stessa persona, vi è la conseguente necessità di assicurare la doppia liquidazione in ragione del duplice incarico svolto e dei parametri normativi di riferimento per la liquidazione dei conseguenti compensi professionali.
Testo del provvedimento
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
ha pronunciato la seguente:
Sentenza
sul ricorso 8931/2008 proposto da:
M.A. (OMISSIS)
– ricorrente –
contro
FALLIMENTO N. (OMISSIS) CO.M.A.T. S.R.L. IN LIQUIDAZIONE;
– intimato –
avverso il provvedimento del TRIBUNALE di TARANTO, depositato il 18/01/2008;
Svolgimento del processo – Motivi della decisione
Rilevato che il Tribunale di Taranto – sez. Fallimentare, con provvedimento in data 4/1/2008, ha liquidato (nella misura di Euro 27.000,00 oltre accessori) il compenso in favore dell’avv. M. A., qualificato “già commissario giudiziale e liquidatore del concordato preventivo C.O.MA.T. srl”, risolto con sentenza dello stesso Tribunale, n. 47/06, che ne ha dichiarato il fallimento nominando altro professionista come curatore;
che, con successivo decreto, in data 18.1.2008, lo stesso giudice, “vista la nota del curatore”, ha rettificato la precedente liquidazione in favore del menzionato avv. M., “commissario giudiziale e liquidatore” del citato concordato preventivo, portando l’importo liquidato a Euro 47.000,00, per l’opera prestata “quale commissario liquidatore”;
che l’avv. M. ha impugnato tale decreto di liquidazione con ricorso per cassazione affidato a due motivi, illustrati anche con memoria, mentre la curatela fallimentare intimata non ha svolto attività difensiva;
Considerato che con il primo mezzo (con il quale si duole della violazione dell’art. 360 c.p.c., n. 5 e della falsa applicazione della L. Fall., art. 39 e del D.M. 28 luglio 1992, art. 1, commi 1 e 2) il ricorrente pone il seguente quesito di diritto: se possa il Tribunale (fallimentare) provvedere con un’unica liquidazione in presenza di due funzioni distinte svolte dal richiedente, al contempo commissario giudiziale e liquidatore;
che, osserva il ricorso, le funzioni attribuite al professionista erano duplici e tra loro ontologicamente diverse: l’una (quelle di commissario giudiziale), di vigilanza, sotto la direzione del GD, di controllo del debitore nell’amministrazione dei beni e nell’esercizio dell’impresa e di sorveglianza sull’adempimento del concordato, secondo le modalità contenute nella sentenza di omologazione, con il conseguente potere-dovere di riferire al GD e chiedere la risoluzione dello stesso concordato; l’altra (quella del liquidatore), di realizzazione dell’attivo e di ripartizione del ricavato, al pari di quanto compete al curatore fallimentare;
che, da tale diversità di funzioni, conseguirebbe anche un diverso criterio di liquidazione delle relative spettanze: ai sensi della Fall., art. 39 e del D.M. n. 570 del 1992, artt. 1 e 5, per il commissario giudiziale, considerando l’opera prestata, i risultati ottenuti, l’importanza del concordato e la sollecitudine mostrata nello svolgimento della propria opera, sulla base dei valori d’inventario; ai sensi del D.M. n. 570 del 1992, art. 1, per il liquidatore, considerando l’attivo effettivamente realizzato;
che, in ogni caso, non sussisterebbe alcuna motivazione in ordine alla mancata distinzione dei compensi, con violazione del principio costituzionale fissato dall’art. 111 Cost., comma 1;
che con il secondo motivo (con il quale si duole della violazione dell’art. 360 c.p.c., nn. 4 e 5, in relazione alla L. Fall., art. 39 e del D.M. 28 luglio 1992, n. 570, art. 1, commi 1 e 2) il ricorrente pone il seguente quesito di diritto: se il Tribunale (fallimentare) possa, senza alcun ragionamento, unificare le due funzioni e liquidare un unico compenso, e liquidare al di sotto dei minimi previsti, non considerando l’ammontare del passivo, l’attività di commissario giudiziale, di contro alla previsione della L. Fall., art. 39, che equipara, ai fini della liquidazione, le funzioni di commissario a quelle del curatore fallimentare;
che, osserva il ricorso, i provvedimenti censurati confonderebbero le due diverse qualità cumulate dal professionista, non tenendo conto dei parametri richiesti dalla normativa applicabile (nonchè dei valori minimi tariffari inderogabili) e unificando indebitamente le due diverse attività svolte, omettendo il riferimento all’attivo ed al passivo per il commissario ed all’attivo realizzato per il liquidatore; che la curatela fallimentare intimata non ha svolto difese; che, in prossimità dell’udienza, il ricorrente ha depositato, ai sensi dell’art. 378 c.p.c., memoria contenente note illustrative.
Considerato che i due motivi di ricorso, tra loro strettamente connessi, devono essere trattati congiuntamente; che, infatti, i due mezzi censurano il decreto del Tribunale del 18 gennaio 2008 imputandogli: 1) la mancata distinzione tra le funzioni giurisdizionali svolte dall’unico professionista nominato come commissario giudiziale e liquidatore dello stesso concordato preventivo, successivamente risolto con la dichiarazione di fallimento della società di capitali a tale procedura sottoposta; 2) il mancato richiamo ai diversi criteri di liquidazione dei due compensi spettanti al medesimo professionista, in ragione della duplice diversità di funzioni assegnategli; 3) il mancato rispetto dei parametri minimi imposti dal D.M. 28 luglio 1992, n. 570, art. 1, anche in relazione al volume del passivo (valevole per il commissario) ed all’attivo realizzato (valevole per il liquidatore); 4) la mancata motivazione della liquidazione concretamente adottata; che il ricorso, nel suo complesso, è fondato e deve essere accolto; che, infatti, il decreto del Tribunale del 18 gennaio 2008, in quanto modificativo e sostitutivo del provvedimento del 4 gennaio 2008, costituisce la fonte regolativa delle spettanze del professionista ricorrente in relazione alla sua legittima richiesta di liquidazione per la duplice attività (di commissario giudiziale e di liquidatore del concordato preventivo) svolta fino al momento della risoluzione della procedura;
che in relazione ad esso, pertanto, è pienamente giustificato ed attuale l’interesse a ricorrere dell’odierno istante; che, con riferimento alle doglianze espresse con i due mezzi d’impugnazione, risulta preliminarmente fondata quella con la quale l’interessato si duole della mancata motivazione del decreto del Tribunale, sia in ordine ai parametri di liquidazione (rispetto ai quali si censura la violazione dei minimi tariffari stabiliti dal D.M. n. 570 cit., in relazione ai valori dell’attivo realizzato e del passivo stimato), sia in ordine alla duplicità di funzioni svolte (seppure in parte – e solo nominalisticamente – riconosciute nella premessa del provvedimento impugnato, ma non anche nella sua parte motiva e dispositiva);
che tale ultimo profilo costituisce una violazione del complesso normativo disciplinante il concordato preventivo il quale, sebbene (e da ultimo) abbia portato questa Corte ad affermare il principio di incompatibilità delle due funzioni in vista e per l’espletamento della sua fase esecutiva (Cass. Sez. 1, Sentenza n. 1237 del 2013), non consente di obliterarne, per tutti i casi in cui – anteriormente a quest’ultima pronuncia – vi sia stata una duplicità di ruoli affidati e svolti dalla stessa persona, con la conseguente necessità di assicurare la doppia liquidazione in ragione del duplice incarico svolto e dei parametri normativi di riferimento per la liquidazione dei conseguenti compensi professionali: cfr. Cass. Sez. 1, Sentenza n. 27085 del 2011 che ha stabilito il principio (valido ogniqualvolta lo stesso professionista sia stato munito di tale duplicità di attribuzioni, con stabile provvedimento giurisdizionale) secondo cui, in tema di concordato preventivo con cessione di beni, nel caso in cui il medesimo soggetto ricopra il doppio incarico, prima di commissario giudiziale del concordato e poi anche di liquidatore, il relativo compenso non può prescindere dal distinto ruolo assunto e dal conseguente espletamento dell’ulteriore e diversa attività, che merita, quindi, separata ed autonoma remunerazione;
che tale principio, unitamente a quello della mancata motivazione del provvedimento di liquidazione nel caso concreto, è stato violato nella specie onde s’impone il suo annullamento e il rinvio della causa (anche per la liquidazione delle spese di questa fase) ad altra sezione dello stesso Tribunale perchè, in ossequio al principio enunciato ed a quello della necessaria motivazione dei provvedimenti giurisdizionali, venga riesaminata l’istanza del professionista tesa alla duplice liquidazione del compenso richiesto per ciascuna delle due diverse funzioni svolte nel corso delle varie fasi del concordato in questione ed osservato il principio del rispetto delle previsioni tariffarie.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso, cassa il decreto impugnato e rinvia, anche per le spese di questa fase, al Tribunale di Taranto in diversa composizione.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Prima Civile della Corte di Cassazione, dai magistrati sopra indicati, il 11 dicembre 2013.
Depositato in Cancelleria il 10 febbraio 2014.
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Numero Protocolo Interno : 104/2014