Testo massima
In sede di giudizio di
omologazione del concordato preventivo, il sindacato del giudice è limitato
alla verifica della sussistenza o meno di un’assoluta e manifesta non
attitudine del piano di concordato a raggiungere gli obiettivi prefissati.
Pertanto il sindacato del giudice non si estende alla fattibilità economica
quando la sua analisi comporti rilievi di carattere prognostico, per loro
natura opinabili e suscettibili di errore. È dunque di esclusiva competenza dei
creditori la valutazione circa la probabilità che si realizzino o meno eventi
determinanti per il successo del piano di soluzione della crisi.
E’ questo quanto ha stabilito la
Suprema Corte con la sentenza n. 24970 depositata il 6 novembre 2013.
Gli Ermellini hanno nuovamente
affrontato il tema del potere di valutazione del Tribunale sulla fattibilità
del concordato preventivo.
La sentenza in esame, pur
inserendosi nel solco della pronuncia della Corte di Cassazione a Sezioni Unite
n. 1521 del 2013 sulla questione della rilevabilità d’ufficio del difetto di fattibilità del piano
concordatario, ne chiarisce tuttavia alcuni importanti profili applicativi.
Secondo le Sezioni Unite la fattibilità,
intesa come prognosi di concreta realizzabilità del piano concordatario, è
presupposto di ammissibilità del concordato, sul quale il giudice deve
pronunciarsi esercitando un sindacato che non è “di secondo grado“, non si
esercita, cioè, sulla sola completezza e congruità logica dell’attestazione del
professionista di cui alla L.F., art. 161, comma 3, ma consiste nella verifica
diretta del presupposto stesso. Le Sezioni Unite distinguono inoltre, tra
fattibilità giuridica, intesa come non incompatibilità del piano con norme
inderogabili, e fattibilità economica, intesa come realizzabilità nei fatti del
medesimo.
Ora,secondo gli Ermellini, mentre
la fattibilità giuridica è sottoposta al pieno sindacato del Tribunale, quella
economica, “è intrisa di valutazioni
prognostiche fisiologicamente opinabili e comportanti un margine di errore,
nel che è insito anche un margine di
rischio, del quale è ragionevole siano arbitri i soli creditori”.
Il Tribunale, pertanto, con
riferimento alla fattibilità economica, secondo la Suprema Corte potrà
esercitare il suo sindacato officioso verificando
solo la sussistenza o meno di una assoluta, manifesta non attitudine del piano
presentato dal debitore a raggiungere gli obiettivi prefissati, ossia a realizzare
la causa concreta del concordato, individuabile caso per caso in riferimento
alle specifiche modalità indicate dal proponente per superare la crisi mediante
una sia pur minimale soddisfazione dei creditori chirografari in un tempo
ragionevole.
Nel caso in esame il carattere manifesto della non fattibilità
economica del piano proposto dalla ricorrente era sorto in seguito alle
osservazioni del commissario giudiziale sulla mancanza di un obbligo delle
banche di apportare nuova finanza dopo l’omologazione, sulle garanzie previste
per la dismissione di due immobili e sulla
mancanza di copertura del fabbisogno concordatario nel quinquennio 2011-2015,
condizioni tutte, secondo gli Ermellini, che ben si sarebbero potute avverare
in futuro.
La Suprema Corte ha, quindi, sottolineato
che i rilievi mossi alla fattibilità del piano non erano sindacabili da parte
del Tribunale poiché le criticità rilevate non comportavano una manifesta non realizzabilità
economica dello stesso.
La Cassazione ha quindi rigettato
il ricorso principale proposto dalla curatela fallimentare.
Testo del provvedimento
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