ISSN 2385-1376
Testo massima
Nessun rilievo può essere mosso al curatore che presenti correttamente e nei termini di legge il modello IVA previsto dall’art. 74 bis del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633 contenente tutti i dati non risultanti dalla dichiarazione annuale IVA relativi al dettaglio delle operazioni effettuate nel periodo anteriore alla dichiarazione di fallimento.
Con il regolare deposito del modello IVA 74 bis, il curatore adempie infatti all’onere di presentare la dichiarazione IVA in relazione al periodo pre fallimentare con conseguente diritto alla detrazione del credito d’imposta.
Sono questi i principi sanciti dalla Suprema Corte di Cassazione, sezione V, nella sentenza n. 28283 del 18 dicembre 2013.
La vertenza nasceva dal fatto che l’Agenzia delle Entrate aveva emesso una cartella di pagamento nei confronti del fallimento di una società per azioni per omessa presentazione della dichiarazione annuale IVA relativa all’anno di imposta 2000. La curatela fallimentare presentava a questo punto ricorso avanti alla Commissione Tributaria Provinciale di Milano che accoglieva l’impugnazione, ma la sentenza favorevole al contribuente fu successivamente riformata dalla Commissione Tributaria Regionale della Lombardia che accolse i motivi di doglianza sollevati dall’Agenzia delle Entrate.
Il fallimento proponeva pertanto ricorso per cassazione, lamentando la violazione e la falsa applicazione dell’art. 8 del D.P.R. 22 luglio 1998, n. 322, con particolare riferimento agli effetti giuridici del modello IVA 74 bis. La curatela fallimentare contestava il fatto che la Commissione Tributaria Regionale della Lombardia aveva attribuito un valore decisivo ad un mero errore formale e conseguentemente negato l’efficacia della dichiarazione contenuta nel modello IVA 74 bis.
Nell’esaminare la questione, la Corte di Cassazione si è inizialmente soffermata su quanto disposto dall’art. 8, comma 4, del D.P.R. 22 luglio 1998, n. 322.
L’art. 8, comma 4, del D.P.R. 22 luglio 1998, n. 322 prevede che le dichiarazioni annuali in materia di imposta sul valore aggiunto, sempre che i relativi termini di presentazione non siano ancora scaduti, deve essere presentata dai curatori o dai commissari liquidatori. Per quanto concerne le operazioni registrate nella parte dell’anno solare anteriore alla dichiarazione di fallimento o alla dichiarazione di liquidazione coatta amministrativa, i curatori o i commissari liquidatori, entro 4 mesi dalla nomina, debbono presentare anche l’apposita dichiarazione al competente ufficio IVA o delle entrate, ove istituito, ai fini dell’eventuale insinuazione al passivo della procedura concorsuale.
Entrando nel merito della questione, la Corte di Cassazione rilevava, con riferimento all’anno di imposta 1998, il fatto che fosse stata regolarmente presentata la dichiarazione annuale IVA, mentre il curatore fallimentare aveva presentato, entro 4 mesi dalla nomina, il modello IVA 74 bis relativo al periodo prefallimentare.
La Corte di Cassazione accertava inoltre che il curatore fallimentare aveva riportato nel modello IVA 74 bis sia il credito IVA maturato nel periodo anteriore alla dichiarazione di fallimento sia il credito IVA per il periodo di imposta dell’anno 1998. Per il periodo successivo alla dichiarazione di fallimento, la Corte di Cassazione evidenziava che il curatore fallimentare aveva presentato la dichiarazione nell’anno 2000, ma quest’ultima risultava inesatta perché il credito IVA era stato rappresentato come un credito IVA inerente alla frazione di periodo postfallimentare e non anche quella pre fallimentare contenuta nel modello IVA 74 bis.
Era pertanto emerso che il curatore fallimentare aveva omesso di compilare il quadro relativo al dettaglio delle operazioni rilevanti ai fini IVA relative alla frazione del periodo pre fallimentare avendo riportato solo quelle del periodo post fallimento, sebbene ne avesse indicato l’ammontare nel saldo a credito.
La Corte di Cassazione ha tuttavia ritenuto che il curatore fallimentare avesse comunque adempiuto all’onere di presentare la dichiarazione IVA per il periodo anteriore al fallimento. Ciò in ragione del fatto che aveva correttamente presentato nei termini di legge il modello IVA 74 bis contenente tutti i dati non risultanti dalla dichiarazione annuale, relativi al dettaglio delle operazioni effettuate nel corso del periodo anteriore al fallimento.
Per tali ragioni, il Supremo Collegio ha ritenuto che nessun motivo di contestazione potesse essere essere rivolto alla condotta tenuta dal curatore, accogliendo il ricorso da quest’ultimo presentato e pronunziandosi anche nel merito ex art. 384 c.p.c., con conseguente soccombenza dell’Agenzia delle Entrate.
Testo del provvedimento
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso 5759-2009 proposto da:
FALLIMENTO ALFA SPA in persona del Curatore pro tempore, elettivamente domiciliato in (OMISSIS);
– ricorrente –
contro
AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;
– controricorrente –
e contro
AGENZIA DELLE ENTRATE UFFICIO DI MILANO (OMISSIS);
– intimato –
avverso la sentenza n. 64/2008 della COMM.TRIB.REG. di MILANO, depositata il 01/07/2008;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 05/11/2013 dal Consigliere Dott. MARINA MELONI;
Svolgimento del processo
All’esito di controllo automatizzato effettuato ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 36 bis e del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54, l’Agenzia delle Entrate emetteva cartella di pagamento nei confronti di Fallimento ALFA spa, per un importo di Euro 83.573,05 relativo all’anno d’imposta 2000 oltre sanzioni ed interessi, per omessa presentazione della dichiarazione annuale IVA, non sanabile secondo l’Ufficio dalla dichiarazione resa dal curatore fallimentare della società sul modello IVA 74 bis.
Avverso la cartella di pagamento il Fallimento della società contribuente presentava ricorso davanti alla Commissione Tributaria Provinciale di Milano la quale accoglieva l’impugnazione con sentenza successivamente appellata dall’Agenzia delle Entrate e riformata dalla Commissione Tributaria Regionale della Lombardia con sentenza nr. 64/24/2008.
Avverso la sentenza della Commissione Tributaria regionale della Lombardia ha proposto ricorso per cassazione il Fallimento ALFA spa con cinque motivi, la Agenzia delle Entrate ha resistito con controricorso. La ricorrente ha depositato memoria.
Motivi della decisione
Con il primo motivo di ricorso, il ricorrente Fallimento ALFA spa lamenta insufficiente motivazione su un fatto controverso e decisivo per il giudizio in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, perchè i giudici di appello hanno ritenuto che il curatore aveva presentato solo il modello IVA 74-bis mentre, al contrario, il suddetto aveva presentato altresì la dichiarazione IVA annuale relativa alle operazioni registrate nell’anno di dichiarazione, pur commettendo l’errore di indicare solamente le operazioni relative alla frazione di periodo post-fallimentare.
Con il secondo motivo di ricorso, il ricorrente Fallimento ALFA spa lamenta violazione e falsa applicazione del D.P.R. 22 luglio 1998, n. 322, art. 8 in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, sugli effetti giuridici del modello IVA 74-bis contenente un credito IVA, perchè la CTR ha attribuito valore decisivo ad un errore formale e disconosciuto l’efficacia della dichiarazione Modello IVA 74-bis.
Con il terzo motivo di ricorso il ricorrente Fallimento ALFA spa lamenta violazione e falsa applicazione del D.P.R. 22 luglio 1998, n. 322, art. 8 in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, sugli effetti giuridici del modello IVA 74-bis contenente un credito IVA,e sulle conseguenze, in tema di credito IVA, della mancata presentazione della dichiarazione IVA annuale.
Con il quarto motivo di ricorso, il ricorrente Fallimento ALFA spa lamenta violazione e falsa applicazione delle norme IVA in materia di detrazione e cioè D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 19 in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, in quanto in tema di diritto alla detrazione, l’omissione meramente formale della mancata dichiarazione IVA non può comportare il mancato riconoscimento del diritto alla detrazione con pregiudizio della neutralità dell’imposta.
Con il quinto motivo di ricorso, il ricorrente Fallimento ALFA spa lamenta violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4, in quanto i giudici di appello hanno dichiarato inadeguata la documentazione prodotta senza che tale motivo fosse mai stato formulato dall’appellante.
Il secondo motivo di ricorso è fondato e deve essere accolto, assorbiti gli altri motivi, mentre il controricorso deve essere dichiarato inammissibile perchè notificato al difensore di altra società in causa diversa, come da eccezione in memoria.
A tale proposito occorre premettere che il D.P.R. 22 luglio 1998, n. 322, art. 8 comma 4 nella versione vigente dal 22 settembre 1998, prevede: “Le dichiarazioni di cui al D.P.R. n. 633 del 1972, art. 74- bis cit., sempre che i relativi termini di presentazione non siano ancora scaduti, sono presentate dai curatori o dai commissari liquidatori con le modalità e i termini di cui ai commi precedenti.
Per le operazioni registrate nella parte dell’anno solare anteriore alla dichiarazione di fallimento o alla dichiarazione di liquidazione coatta amministrativa, i curatori o i commissari liquidatori, entro quattro mesi dalla nomina, presentano anche l’apposita dichiarazione al competente ufficio IVA o delle entrate, ove istituito, ai fini dell’eventuale insinuazione al passivo della procedura concorsuale.
Per la sottoscrizione e la presentazione della dichiarazione relativa all’imposta sul valore aggiunto si applicano le disposizioni di cui all’art. 1, commi 3 e 4, art. 2, commi 7, 8 e 9 e all’art. 3“.
Nella fattispecie risulta regolarmente presentata la dichiarazione annuale per il 1998 i cui termini erano scaduti prima del fallimento e la curatela aveva presentato entro quattro mesi dalla nomina il modello IVA 74 bis, relativo alle operazioni compiute dal 1/1/1999 al 18/11/1999, riportando sia il credito IVA maturato in tale periodo, che il credito IVA del periodo d’imposta 1998 mentre per il periodo successivo al fallimento 18/11/1999-31/12/1999 il curatore presentava apposita dichiarazione nell’anno 2000, ma tale dichiarazione era formalmente inesatta in quanto il credito IVA di lire 231.175.000 era stato rappresentato come un credito IVA inerente alla frazione di periodo post-fallimentare (dalla quale non emergevano operazioni imponibili) e non anche a quella pre-fallimentare già rappresentata nel modello IVA 74-bis.
In sostanza il curatore aveva omesso la compilazione del quadro relativo al dettaglio delle operazioni rilevanti ai fini IVA relative alla frazione di periodo prefallimentare dal 1/1/1999 al 18/11/1999, ma solo quelle del periodo post-fallimentare, pur riportandone l’ammontare nel saldo a credito pari a lire 161.626.000.
I giudici di appello hanno affermato che il curatore non aveva presentato una dichiarazione annuale IVA completa comprensiva anche del periodo prefallimentare e che la dichiarazione presentata ex art. 74 bis non poteva in alcun modo considerarsi sostitutiva di quella annuale, in quanto avente esclusivamente lo scopo di individuare le operazioni poste in essere dalla società nel periodo immediatamente precedente alla dichiarazione di fallimento al fine di evidenziare il cumulo delle attività e passività.
In realtà il curatore aveva adempiuto all’onere di presentare la dichiarazione IVA per il periodo prefallimentare in quanto aveva presentato correttamente e nei termini di legge il modello IVA 74-bis contenente tutti ì dati non risultanti dalla dichiarazione annuale, relativi cioè al dettaglio delle operazioni effettuate dal 1/1/1999 al 19/11/1999, presenti nel modello 74 bis regolarmente presentato.
Per quanto sopra il ricorso deve essere accolto in relazione al secondo motivo proposto, assorbiti gli altri.
La sentenza deve essere cassata senza rinvio e la causa può essere decisa nel merito ex art. 384 c.p.c. non richiedendo ulteriori accertamenti in punto di fatto, con accoglimento del ricorso introduttivo, secondo un consolidato indirizzo di questa Corte (cfr.Cass. 4104/02, 19072/03, 478/04, 1272/04; v. anche sulla (Ndr: testo originale non comprensibile) Cass. 15229/12 e 22250/11, nonchè più in generale Cass. 24017/13).
Ricorrono giusti motivi per compensare fra le parti le spese dei gradi del giudizio di merito, stante l’evolversi della vicenda processuale, mentre le spese del giudizio di legittimità vanno poste a carico dell’Agenzia delle Entrate in quanto soccombente.
PQM
Accoglie il secondo motivo del ricorso assorbiti gli altri, decidendo nel merito accoglie il ricorso introduttivo e condanna l’Agenzia delle Entrate al pagamento delle spese di giudizio che si liquidano in Euro 7.000,00 di cui Euro 200 per esborsi, oltre agli onorari di legge.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della 5^
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Numero Protocolo Interno : 39/2013