ISSN 2385-1376
Testo massima
Il giudice dell’opposizione all’esecuzione è tenuto a compiere d’ufficio, in ogni stato e grado del giudizio, ed anche per la prima volta nel giudizio di cassazione, la verifica sulla esistenza del titolo esecutivo posto alla base dell’azione esecutiva, potendo rilevare sia l’inesistenza originaria del titolo esecutivo sia la sua sopravvenuta caducazione, che – entrambe – determinano l’illegittimità dell’esecuzione forzata con effetto “ex tunc”, in quanto l’esistenza di un valido titolo esecutivo costituisce presupposto dell’azione esecutiva stessa.
E’ questo il principio di diritto che emerge dalla sentenza n.15363 pronunziata dalla Cassazione civile, sezione terza, in data 13/07/2011 in materia di opposizione all’esecuzione e agli atti esecutivi.
Nel caso di specie, un soggetto aveva proposto ricorso avverso la sentenza del Tribunale di Nicosia che aveva rigettato la sua opposizione agli atti esecutivi e all’esecuzione.
In particolare, il ricorrente dopo aver eccepito la nullità/inesistenza della notifica del precetto con il quale gli era stato intimato il pagamento di una somma di denaro in favore di un condominio, per essere avvenuta la stessa a mezzo di ufficiale giudiziario incompetente, rilevava, altresì, che il decreto ingiuntivo era stato dichiarato esecutivo ex art.647 cpc sull’erroneo presupposto della mancata opposizione dello stesso.
Ebbene, il Tribunale di Nicosia, pronunziandosi nel merito, ha rigettato le eccezioni sollevate dall’opponente
Nella specie, il giudice del merito, adito in sede di opposizione all’esecuzione ed agli atti esecutivi, aveva escluso di poter sindacare d’ufficio l’esistenza del titolo esecutivo – costituito da decreto ingiuntivo cui era stata revocata l’esecutorietà ex art. 647 cod. proc. civ. – per non essere stata la relativa questione ritualmente sollevata; la S.C., in applicazione del principio sopra riportato, ha cassato la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, ha dichiarato l’insussistenza sopravvenuta del titolo posto a base dell’esecuzione forzata. (Cassa e decide nel merito, Trib. Nicosia, 24/07/2008)
È noto , infatti, che ai fini dell’esecuzione forzata non è sufficiente che il titolo esecutivo sussista nel momento in cui l’azione esecutiva viene intrapresa dal creditore , ma è necessario , invece, che la sua validità ed efficacia permanga nel tempo e per tutto il corso della fase esecutiva.
Il sopravvenuto annullamento del provvedimento costituente titolo esecutivo, comporta , dunque, l’automatico arresto dell’esecuzione stessa e la sua illegittimità con effetto “ex tunc”.
Tale caducazione può essere dedotta in ogni stato e grado del giudizio di esecuzione.
Testo del provvedimento
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso proposto da:
I.S.G.
– ricorrente –
contro
CONDOMINIO (OMISSIS) sito in (OMISSIS));
– intimato –
avverso la sentenza n. 162/2008 del TRIBUNALE di NICOSIA,emessa e depositata il 24/07/2008 (R.G. 323/06);
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 18/02/2011 dal Consigliere Dott. MARIA MARGHERITA CHIARINI;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. GOLIA Aurelio che ha concluso per il rigetto del ricorso.
Svolgimento del processo
Con sentenza del 24 luglio 2008 il Tribunale di Nicosia rigettava le opposizioni agli atti esecutivi e all’esecuzione di I.S. G. in quanto:
1) l’eccezione di nullità/inesistenza della notifica del precetto del 12 giugno 2006, con cui il condominio (omissis) di (OMISSIS) aveva intimato a G. I.S. il pagamento di Euro 3.503,00, per esser avvenuta a mezzo di ufficiale giudiziario ( S.A.) incompetente a norma del D.P.R. n. 1229 del 1959, art. 107, comma 2, poichè appartenente all’ufficio unico presso la Corte di Appello di Palermo, era infondata poichè qualsiasi vizio era stato sanato dal raggiungimento dello scopo l’opposizione dell’intimato – ed inoltre detta eccezione era infondata ai sensi del D.P.R. n. 1229 del 1959, artt. 106 e 107, essendo Palermo l’ufficio giudiziario dinanzi al quale potenzialmente doveva svolgersi l’esecuzione forzata, in quanto se questa è presso terzi e se il terzo è un istituto di credito, il pignoramento può esser effettuato sia presso la sede centrale che periferica, e perciò il creditore istante aveva eletto domicilio a Palermo;
2) l’opposizione all’esecuzione per nullità/inesistenza del decreto emesso l’8 giugno 2006 dal giudice di pace Stefano di Camastra poichè dichiarato esecutivo a norma dell’art. 647 c.p.c., sull’erroneo presupposto della mancata opposizione di esso – mentre invece con atto del 30 maggio 2006 era stata proposta opposizione – era inammissibile poichè la questione era sindacabile nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo e non di opposizione all’esecuzione;
3) la questione della revoca di detta esecutorietà, non essendo stata sollevata con l’opposizione, era inammissibile perchè esulava dal giudizio da essa introdotto e comunque inidonea ad inficiare la validità del titolo esecutivo ed inoltre superata dal rigetto dell’opposizione a decreto ingiuntivo con sentenza del marzo 2007 con “conferma del decreto opposto”;
4) la dedotta – dal condominio – inesistenza della notifica della opposizione dell’intimato poichè avvenuta nella cancelleria del Tribunale di Nicosia, giudice del luogo ove gli era stato notificato il precetto, anzichè nel domicilio eletto in questo atto, nell’ambito del circondario del giudice dell’esecuzione – Tribunale di Palermo – era da rigettare poichè sanata dalla costituzione dell’opposto – precettante.
Nel merito la validità del precetto e la inidoneità del provvedimento di successiva revoca della esecutorietà del titolo erano inidonee ad inficiarne la validità; in ogni caso eccepiva la cessazione della materia del contendere per la sopravvenuta inefficacia del precetto e la mancata attivazione di qualsiasi procedura esecutiva fondata su di esso.
Il Tribunale rigettava le rispettive eccezioni di invalidità della notifica dell’opposizione poichè sanata dalla costituzione dell’opposto e di cessazione della materia del contendere per perenzione del precetto perchè, a norma dell’art. 481 c.p.c., comma 2, il termine di efficacia è sospeso se è proposta opposizione agli atti esecutivi, e il creditore si era costituito. Rigettava poi la domanda di condanna al risarcimento dei danni nei confronti dell’avv. M.A. in proprio, chiesta nell’atto introduttivo, poichè egli è il rappresentante e difensore del Condominio e non ha agito in proprio, nonchè la domanda di responsabilità aggravata nei confronti del Condominio.
Ricorre per cassazione I.G., con ricorso affidato a 5 motivi e illustrato da memoria. L’intimato non svolto attività difensiva, in questa sede.
Motivi della decisione
1. Deduce il ricorrente, con il primo motivo: “falsa ed erronea applicazione dell’art. 480 c.p.c., comma 3. Erronea valutazione del contenuto della sentenza n. 480 del 29 dicembre 2005 pronunziata dalla Corte Costituzionale ed assoluta mancanza di motivazione su un punto decisivo della controversia. Nullità della sentenza ex art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5 “.
Ai sensi dell’art. 366 bis c.p.c. il ricorrente, in margine a tale motivo formula il seguente quesito di diritto “dica la Corte se l’opponente ad atto di precetto può ritenersi giuridicamente obbligato a notificare l’atto di opposizione al difensore del creditore procedente – che non ha eletto domicilio nell’ambito del circondario del Tribunale ove avviene la notifica – e dunque a notificare l’atto di opposizione in qualunque parte dr Italia si trovi lo studio del difensore del precettante”.
Il motivo è inammissibile per carenza di interesse. Ed infatti, come emerge dalla narrativa, il Tribunale ha respinto l’eccezione del condominio di invalidità della notifica dell’opposizione all’esecuzione e agli atti esecutivi per raggiungimento dello scopo essendosi costituito il condominio e perciò è irrilevante l’esattezza dell’interpretazione dell’art. 480 c.p.c., comma 3. 2. Con il secondo motivo il ricorrente deduce: “falsa ed erronea applicazione del D.P.R. n. 1229 del 1959, artt. 106 e 107. Erronea motivazione su un punto decisivo della controversia. Nullità della sentenza ai sensi dell’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5”.
Il motivo si conclude con il seguente quesito di diritto: “dica la Corte se il Tribunale di Nicosia legittimamente ed in conformità al disposto del D.P.R. n. 1229 del 1959, artt. 106 e 107, ha ritenuto che competente a notificare l’atto di precetto 16 giugno 2006 all’odierno ricorrente residente in (OMISSIS) poteva ritenersi l’aiutante ufficiale giudiziario della Corte di Appello di Palermo”.
Il motivo è inammissibile vuoi per carenza di correlazione con la seconda ratio decidendi della sentenza impugnata, secondo la quale l’eventuale vizio della notifica del precetto era sanato dalla proposizione delle opposizioni da parte dell’intimato, vuoi tenuto presente che il giudice a quo ha sorretto la ora contestata conclusione quanto alla validità della notifica sulla base di due concorrenti rationes decidendi che non paiono in alcun modo censurate.
3. Con il terzo motivo il ricorrente deduce: “falsa e contraddittoria applicazione dell’art. 615 c.p.c., comma 1. Mancanza assoluta e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia concernente la esecutorietà ex art. 647 c.p.c., comma 1, autorizzata l’8 giugno 2006 e la revoca della stessa pronunziata il 13 giugno 2006. Nullità della sentenza ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 3 e 5”.
Il motivo è concluso con il seguente quesito di diritto: “dica la Corte se il Tribunale legittimamente poteva ritenere, dopo la revoca della dichiarata esecutorietà pronunziata ex officio il 13 giugno 2006 dal giudice di pace di Santo Stefano di Camastra, ancora la validità ed, efficacia della esecutorietà del decreto ingiuntivo n. 16/06 dichiarato erroneamente ed ingiustamente esecutivo ai sensi dell’art. 647 c.p.c., primo 1, l’8 giugno 2006 sul presupposto inesistente che non fosse stata proposta l’opposizione ai sensi dell’art. 645 c.p.c.”.
Il motivo è inammissibile perchè non correlato con la seconda ratio decidendi secondo la quale con la sentenza di rigetto dell’opposizione a decreto ingiuntivo il giudice di Pace di Santo Stefano di Camastra aveva confermato il decreto opposto.
4. Con il quarto motivo il ricorrente deduce: “falsa ed erronea applicazione dell’art. 189 in relazione all’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 3. Mancanza assoluta e contraddittoria motivazione su punto decisivo della controversia. Nullità della sentenza n. 3 e 5 c.p.c”.
Il motivo si conclude con il seguente quesito di diritto: “dica la Corte se la sentenza che si richiama a conclusioni diverse da quelle specifiche rassegnate dalle parti nell’udienza a tale scopo va cassata, soprattutto, se dalla mancata trascrizione delle conclusioni risulta che il giudice ha deciso in maniera del tutto difforme”.
La censura è inammissibile per carenza di interesse non avendo il ricorrente indicato quale diritto è stato leso nella decisione da tale omissione.
5. Con il quinto motivo il ricorrente deduce: “carenza sopravvenuta del titolo esecutivo costituito dal decreto : ingiuntivo n. 16/06 in dipendenza della sentenza n. 187/06 resa dal Tribunale di Mistretta. Nullità della sentenza n. 3 e 5 c.p.c”.
Conclude il motivo il seguente quesito di diritto: “dica la Corte se il ricorrente ha il diritto di chiedere la nullità della sentenza n. 162/07 gravata di ricorso in relazione al fatto che il Tribunale di Mistretta con la sentenza n. 187/08 ha revocato il decreto ingiuntivo n. 16/06 emesso dal giudice di pace di Santo Stefano di Camastra in forza del quale è stato intimato l’atto di precetto 16 giugno 2006 ritenuto erroneamente ancora valido dal Tribunale di Nicosia”.
Il motivo è fondato.
Il giudice a quo pur dando atto che il giudice di pace di S. Stefano di Calastra aveva revocato l’esecutorietà del decreto ingiuntivo in forza del quale è stato instaurata la procedura esecutiva per cui è causa ha affermato che la questione relativa alla attuale esistenza del titolo esecutivo nonostante la revoca dell’esecutorietà ex art. 647 c.p.c. non essendo stata sollevata con l’opposizione esula dall’oggetto del giudizio e non può, quindi, essere esaminata.
E’ noto, infatti ha osservato quel giudice – che il potere dovere del giudice di verificare d’ufficio l’esistenza del titolo esecutivo va coordinato, in sede di opposizione all’esecuzione, con il principio della domanda e con quello della corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato, fissati dagli artt. 99 e 112 c.p.c..
Come anticipato, un tale rilievo non può essere condiviso.
Osserva, infatti – in termini opposti – la Corte che il giudice dell’opposizione all’esecuzione è tenuto a compiere d’ufficio, in ogni stato e grado del giudizio, ed anche per la prima volta nel giudizio di cassazione, la verifica sulla esistenza del titolo esecutivo posto alla base dell’azione esecutiva, potendo rilevare sia l’inesistenza originaria del titolo esecutivo sia la sua sopravvenuta caducazione, che – entrambe – determinano l’illegittimità dell’esecuzione forzata con effetto ex tunc, in quanto l’esistenza di un valido titolo esecutivo costituisce presupposto dell’azione esecutiva stessa(In termini, ad esempio, Cass. 29 novembre 2004, n. 22430, nonchè Cass. 9 luglio 2001, n. 9293 e, sempre nel senso che la sopravvenuta caducazione del titolo esecutivo è rilevabile in ogni stato e grado del giudizio e, quindi, anche per la prima volta in Cassazione ove può essere documentata dalla parte che l’afferma, Cass. 29 marzo 2000, n. 3728).
Irrilevante e non pertinente, al fine di pervenire a una diversa soluzione, infine, è quanto si precisa in sentenza allorchè si evidenzia che dopo avere revocato la provvisoria esecuzione al decreto opposto il giudice di pace di S. Stefano di Calastra, con sentenza 29 marzo 2007, n. 44 ha rigettato l’opposizione a decreto ingiuntivo.
Non solo, infatti, al riguardo deve ribadirsi che ai fini della legittimità dell’esecuzione forzata, non è sufficiente che il titolo esecutivo sussista quando l’azione esecutiva è minacciata o iniziata, ma è necessario che la sua validità ed efficacia permangano durante tutto il corso della fase esecutiva, pertanto, se il provvedimento giudiziale costituente il titolo alla base dell’esecuzione forzata è annullato, l’esecuzione deve arrestarsi e non può più proseguire, e tale sopravvenuta caducazione è deducibile in ogni stato e grado del giudizio di opposizione (Cass. 9 gennaio 2002, n. 210, nonchè Cass. 5 settembre 2003, n. 12944) ma è – altresì – pacifico, in causa, che detta sentenza 29 marzo 2007 del giudice di pace di S. Stefano di Camastra è stata totalmente riformata dalla sentenza n. 187 del 2008 del tribunale di Mistretta che, in totale riforma della sentenza del primo giudice, ha revocato il decreto ingiunto 16/06. 6. Rigettati i primi quattro motivi, in conclusione deve accogliersi il quinto e, cassata la sentenza impugnata la causa può essere decisa nel merito, ai sensi dell’art. 384 c.p.c. non essendo necessari ulteriori accertamenti al riguardo, con accoglimento della opposizione e declaratoria della inesistenza sopravvenuta del titolo esecutivo posto a base dell’esecuzione.
La peculiarità della controversia giustifica la compensazione, tra le parti, delle spese sia del giudizio di primo grado che di quello di cassazione.
PQM
LA CORTE Accoglie il quinto motivo ricorso, rigettati gli altri;
cassa la sentenza impugnata e decidendo nel merito accoglie l’opposizione proposta dichiarando la insussistenza sopravvenuta del titolo posto a base dell’esecuzione;
compensa, tra le parti, le spese del giudizio di merito e di questa fase di legittimità
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Numero Protocolo Interno : 36/2011